Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9066 del 15/04/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 9066 Anno 2013
Presidente: DE RENZIS ALESSANDRO
Relatore: LA TERZA MAURA

SENTENZA

sul ricorso 28524-2008 proposto da:
I.FRE.MA S.R.L. IN LIQUIDAZIONE VOLONTARIA, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA E. Q. VISCONTI 20, presso lo
studio dell’avvocato MARIO ANTONINI, rappresentata e
difesa dagli avvocati ANDRONICO FRANCESCO, SPADA
2013

ANTONINO, giusta delega in atti;
– ricorrente –

164
contro

– I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE

80078750587,

in

persona

del

legale

Data pubblicazione: 15/04/2013

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura
Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli
avvocati SGROI ANTONINO, CALIULO LUIGI, MARITATO
LELIO, CORETTI ANTONIETTA, giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 684/2007 della CORTE D’APPELLO
di CATANIA, depositata il 22/11/2007 R.G.N. 920/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 18/01/2013 dal Consigliere Dott. MAURA LA
TERZA;
udito l’Avvocato SGROI ANTONINO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

a

Svolgimento del processo

Con ricorso al Tribunale di Siracusa del 19.5.1997 la Ifrema srl proponeva opposizione avverso il
decreto ingiuntivo con cui le era stato ordinato il pagamento all’Inps della somma di lire
897.400.244 per contributi e somme aggiuntive per il periodo 1.1.81/31.12.1991.
Nel contraddittorio con l’Inps il Tribunale rigettava l’opposizione e la statuizione veniva

La Corte rigettava l’eccezione di prescrizione, sul rilievo che questa era rimasta decennale
nonostante la riduzione del termine da decennale a quinquennale previsto dall’art. 3 comma 9 legge
335/95, giacché il termine più lungo viene mantenuto dalla medesima legge nel caso di atti
interruttivi compiuti e procedure iniziate nel rispetto della normativa preesistente e, nella specie, era
stato emesso il verbale di accertamento in data 29 febbraio 1992, con cui era stato disposto
l’annullamento della iscrizione nel settore industria e l’inserimento nel settore commerciale,
nonché il recupero degli importi conguagliati; la emanazione di detto verbale aveva quindi
determinato il mantenimento del termine di prescrizione decennale che era stato nuovamente
interrotto con la notifica del decreto ingiuntivo del 9 aprile 1997, di talché il credito vantato
dall’Inps non si era prescritto.
Nel merito la Corte territoriale escludeva la natura industriale della Ifrema, in quanto questa si
esplicava nell’acquisto di carni in quarti e mezzane, nella loro riduzione in tagli che collocava sotto
vuoto e che poi vendeva, di talché non vi era nessuna funzione di trasformazione di materie prime.
La Corte rigettava poi l’istanza di ammissione di consulenza tecnica, perché avrebbe avuto natura
meramente esplorativa.
Soggiungeva infine la Corte territoriale che, a fronte delle precise contestazioni dell’Inps, la società
non aveva in alcun modo provato il possesso dei requisiti per beneficiare del diritto agli sgravi di
cui alla legge 1098/68 ( recte 1089/68) per il cui riconoscimento aveva agito in giudizio.
Avverso detta sentenza la società soccombente ricorre con sette motivi, illustrati da memoria.
Resiste l’Inps con controricorso.

Motivi della decisione
s
Con il primo motivo la ricorrente, denunziando difetto di motivazione, si duole che nonrftittata in
sentenza la questione concernente l’ inesistenza della notifica del decreto ingiuntivo opposto.

1

confermata dalla sentenza impugnata emessa dalla Corte d’appello di Catania il 22 novembre 2007.

Il motivo è infondato. Poiché è pacifico che la Ifrema ebbe a proporre rituale opposizione
all’ingiunzione dell’Inps è d’obbligo ritenere che questa fosse stata notificata, altrimenti sarebbe
stato impossibile opporvisi.
Con il secondo motivo, denunziando violazione degli artt. 24 e 97 Costituzione e dell’art. 3 legge
335/95, la Società sostiene che il verbale ispettivo del 29.2.92 non era atto interruttivo, e quindi
non era idoneo al mantenimento del precedente termine decennale di prescrizione, perché non era

Neppure questo motivo merita accoglimento, giacché il verbale medesimo era a conoscenza della
società e quindi doveva essere stato comunicato, dal momento che lo stesso ricorrente riferisce a
pag. 2 del ricorso che, in sede di opposizione, aveva eccepito la illegittimità dello stesso verbale
ispettivo, segno quindi che ne era pienamente a conoscenza. E’ quindi corretta la statuizione della
sentenza impugnata sul mantenimento del termine decennale di prescrizione ai sensi dell’art. 3
commi 9 e 10 legge 335/95, in forza dell’atto interruttivo intervenuto prima della sua entrata in
vigore.
Con il terzo mezzo si eccepisce ancora la prescrizione perché il decreto ingiuntivo del 1997 non
sarebbe stato notificato.
Il motivo è infondato per le considerazioni già svolte in relazione al primo motivo.
Con il quarto motivo si censura la sentenza per difetto di motivazione perché, anche applicando la
prescrizione decennale si sarebbero prescritti i contributi dal 1.1.1981 al 31.12.1991.
Il motivo è parzialmente fondato.
Infatti, se il primo atto interruttivo della prescrizione è il verbale ispettivo del 29 febbraio 1992, si
sono prescritti i contributi anteriori al decennio decorrente da quella data, ossia i contributi richiesti
dal primo gennaio 1981 al 28 febbraio 1982. Né giova la sospensione del termine prescrizionale di
cui al comma 19 dell’art. 2 legge 638/83 perché questa vale per i contributi dal 1983 in poi.
Con il quinto e sesto motivo, denunciando violazione degli artt. 2195 cod. civ. e del d.lgs. 155/97, si
duole la ricorrente che non sia stata riconosciuta la natura industriale di essa società.
I motivi sono inammissibili per carenza di interesse.
La sentenza impugnata, dopo avere escluso la natura industriale della Società, ha aggiunto che, in
ogni caso, non era stata offerta la prova del diritto agli sgravi di cui alla legge n. 1089 del 1968, che
erano oggetto di causa.
Ed infatti, oltre alla natura industriale, per il diritto agli sgravi, la società che li reclama deve anche
dimostrare l’incremento occupazionale. E’ stato infatti affermato ( tra le tante Cass. n. 12095 del
18/05/2010) che << Lo sgravio contributivo, previsto dall'art. 18 della legge n. 1089 del 1968 (sgravio aggiuntivo pari al dieci per cento delle retribuzioni corrisposte al personale assunto 2 stato comunicato. • successivamente alla data del 30 settembre 1968), in quanto diretto a sostenere le imprese operanti nel Mezzogiorno e a favorire lo sviluppo di quelle zone, è riconosciuto alle aziende che, operando nei territori individuati dalla norma citata, abbiano portato ad un effettivo incremento occupazionale - la cui prova incombe sull'impresa - e alla creazione di nuovi posti di lavoro in eccedenza rispetto a quelli esistenti ad una certa data. >>fr
Quindi, anche ove fosse riconosciuta la natura industriale, il ricorso non potrebbe essere accolto per

fornita la prova del diritto agli sgravi di cui alla legge citata, ossia l’incremento occupazionale.
Parimenti inammissibile per carenza di interesse è il settimo ove si sostiene la irretroattività delle
variazioni di classificazione delle aziende, perché, come già detto, anche ad affermarne la natura
industriale, la Società non ha impugnato la parte relativa alla mancata prova sul diritto agli sgravi.
Le stesse considerazioni di inammissibilità valgono in relazione all’ ottavo, in cui si lamenta la
mancata ammissione di CTU.
Ne consegue che vanno rigettati tutti i motivi, tranne parzialmente il quarto, rimettendosi al giudice
del rinvio, che si designa nella Corte d’appello di Messina, di ricalcolare la contribuzione richiesta
dall’Inps con il DI, eliminando quella riferita al periodo dal primo gennaio 1981 al 28 febbraio
1982.
Il giudice del rinvio provvederà anche per le spese del presente processo.

P.Q.M.
La Corte accoglie il quarto motivo di ricorso nei sensi di cui in motivazione e rigetta gli altri, cassa
la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte
d’appello di Messina.
Così deciso in Roma il 18 gennaio 2013.

non avere la ricorrente impugnato la ulteriore affermazione della sentenza e cioè che non era stata

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