Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9066 del 01/04/2021

Cassazione civile sez. trib., 01/04/2021, (ud. 14/10/2020, dep. 01/04/2021), n.9066

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. GORI P. – rel. Consigliere –

Dott. FICHERA Giuseppe – Consigliere –

Dott. MELE Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 9668/2013 R.G. proposto da:

B.A., rappresentato e difeso dall’Avv. Roberto Cutigni,

con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. Cesare Cardoni, sito

in Roma, via Dei Gracchi n. 209;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio,

n. 195/02/2012 depositata il 10 ottobre 2012, non notificata.

Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 14 ottobre 2020

dal consigliere Pierpaolo Gori.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio veniva rigettato l’appello proposto da B.A. avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Viterbo n. 141/1/2010 la quale, a sua volta, aveva riunito e rigettato i ricorsi del contribuente aventi ad oggetto due avvisi di accertamento e una cartella di pagamento per II.DD. e IVA 2003 e 2004 emessi a seguito di indagini bancarie D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 32, in considerazione della sproporzione tra reddito dichiarato e capacità patrimoniale e contributiva manifestata.

– La CTR confermava così la decisione di primo grado alla radice delle riprese a carico del contribuente, esercente l’attività di servizi di odontoiatria, il quale non risultava aver giustificato i prelevamenti e versamenti contestati.

– Avverso la decisione propone ricorso il contribuente, affidato a quattro motivi, cui replica l’Agenzia delle Entrate con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– Con il primo motivo di ricorso – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il contribuente deduce la carenza di motivazione in ordine ad un punto fondamentale per la controversia nella parte in cui la CTR ha rinvenuto il legittimo presupposto dell’Agenzia ai fini delle condotte indagini finanziarie nella verificata sproporzione tra reddito dichiarato e capacità patrimoniale-contributiva, manifestata dal contribuente, e desunta dall’acquisto di beni mobili registrati e immobili (autoveicoli, residenze principali e secondarie).

– Con il secondo motivo di ricorso – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il contribuente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 7, in quanto l’autorizzazione a procedere alle indagini rilasciata dalla competente direzione regionale dell’Agenzia, non sarebbe stata nè indicata negli avvisi di accertamento nè allegata agli stessi, nè depositata nel corso del processo di primo grado, e la CTR non avrebbe tenuto conto di tali carenze.

– Con il terzo motivo di ricorso – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il contribuente censura la violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, artt. 1 e 3, in relazione alla L. n. 311 del 2004, art. 1, commi 402 e 403, per aver la CTR retroattivamente applicato le previsioni di legge richiamate anche agli anni di imposta per cui è causa, nonostante il fatto che la novella, la quale ha aggiunto alla parola “ricavi” il termine “compensi”, fosse entrata in vigore il 1 gennaio 2005.

– I motivi sono inammissibili. Va ribadito che “In tema di ricorso per cassazione, qualora la decisione impugnata si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome e singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, l’omessa impugnazione di tutte le “rationes decidendi” rende inammissibili le censure relative alle singole ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime, quand’anche fondate, non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre non impugnate, all’annullamento della decisione stessa” (Cass. 11 gennaio 2007 n. 389; successive conformi, Cass. Sez. Un. 29 marzo 2013 n. 7931; Cass. 4 marzo 2016 n. 4293).

– Orbene, come correttamente eccepito dall’Agenzia, la CTR ha espresso riguardo alla carenza di presupposto, alla mancanza di indicazione e allegazione dell’autorizzazione ad espletare le indagini bancarie, e alla nullità degli avvisi per violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, artt. 1 e 3, in relazione alla L. n. 311 del 2004, art. 1, commi 402 e 403, una specifica ratio decidendi dichiarando l’inammissibilità di tali ragioni di doglianza in quanto proposte dall’appellante tardivamente, e questa ratio non è stata specificamente censurata con i motivi di ricorso sopra riportati.

– Con il quarto motivo di ricorso – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il contribuente deduce la falsa applicazione del combinato disposto di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2, art. 38 e art. 39, comma 1, lett. c), per aver la CTR errato di applicare nella fattispecie il canone dell’onere della prova individuato dalla giurisprudenza di legittimità e ricorrente nella fattispecie tanto per i versamenti quanto per i prelevamenti, anche in quanto l’applicazione del citato art. 32, non pare attagliarsi agli esercenti di arti e professioni, quale è il contribuente, per i quali è difficile equiparare un prelievo ad una spesa in nero che determinerebbe, a sua volta, compensi non dichiarati.

– Il motivo è fondato, nei termini che seguono. Nelle more del giudizio è stata dichiarata parzialmente fondata la questione di incostituzionalità del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, comma 1, n. 2), secondo periodo, come modificato dalla L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 402, lett. a), n. 1); per effetto della pronuncia della Corte Costituzionale n. 228 del 2014 è stata così dichiarata l’incostituzionalità della norma richiamata limitatamente alle parole “o compensi” e di tale decisione deve farsi applicazione anche nella fattispecie.

– Questa Corte ha molte volte già fatto applicazione, anche d’ufficio, della sentenza Corte Cost. n. 228 del 2014, affermando che “In tema di accertamento, resta invariata la presunzione legale posta del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, con riferimento ai versamenti effettuati su un conto corrente dal professionista o lavoratore autonomo, sicchè questi è onerato di provare in modo analitico l’estraneità di tali movimenti ai fatti imponibili, essendo venuta meno, all’esito della sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2014, l’equiparazione logica tra attività imprenditoriale e professionale limitatamente ai prelevamenti sui conti correnti.” (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 16697 del 09/08/2016, Rv. 640983 01; conforme, Cass. Sez. 5 -, Ordinanza n. 22931 del 26/09/2018, Rv. 650334 – 01). A ciò consegue che, nei confronti degli esercenti arti e professioni, quale è il contribuente, opera la presunzione legale di cui al citato art. 32, con riguardo ai soli “versamenti” non giustificati anche per i due anni di imposta per cui è causa e la decisione della CTR, che non ha evidentemente potuto tener conto della sopravvenuta declaratoria di incostituzionalità parziale del citato art. 32, non essendo conforme alla legge quanto ai “prelevamenti”, dev’essere cassata con rinvio al giudice del merito per riesame del profilo. Nel fare applicazione del richiamato principio di diritto, la CTR terrà anche conto del fatto che, quanto alle II.DD., “al fine di superare la presunzione posta a carico del contribuente dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32 (in virtù della quale i prelevamenti ed i versamenti operati su conto corrente bancario vanno imputati a ricavi conseguiti nell’esercizio dell’attività d’impresa), non è sufficiente una prova generica circa ipotetiche distinte causali dell’affluire di somme sul proprio conto corrente, ma è necessario che il contribuente fornisca la prova analitica della riferibilità di ogni singola movimentazione alle operazioni già evidenziate nelle dichiarazioni, ovvero dell’estraneità delle stesse alla sua attività” (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 4829 del 11/03/2015, Rv. 635057 – 01). Quanto all’imposizione indiretta, terrà inoltre conto del fatto che “In tema di accertamento delle imposte sui redditi e dell’IVA, tutti i movimenti sui conti bancari del contribuente, siano essi accrediti che addebiti, si presumono, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, comma 2, n. 2, riferiti all’attività economica del contribuente, i primi quali ricavi e i secondi quali corrispettivi versati per l’acquisto di beni e servizi reimpiegati nella produzione, spettando all’interessato fornire la prova contraria che i singoli movimenti non si riferiscono ad operazioni imponibili.” (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 26111 del 30/12/2015, Rv. 638173 – 01; conforme Cass. Sez. 5, Sentenza n. 15857 del 29/07/2016, Rv. 640618 – 01).

– Per superare tale presunzione, il contribuente deve in particolare “dimostrare, con una prova non generica ma analitica per ogni versamento bancario, che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili” (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 15857 del 29/07/2016, conforme, Cass. Sez. 5, Sentenza n. 4829 del 11/03/2015).

– In conclusione, accolto il quarto motivo di ricorso, inammissibili i primi tre, la sentenza impugnata dev’essere cassata con rinvio alla CTR del Lazio, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione al profilo e per la liquidazione delle spese di lite.

PQM

La Corte accoglie il quarto motivo di ricorso, inammissibili i primi tre, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR del Lazio, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione al profilo e per la liquidazione delle spese di lite.

Così deciso in Roma, il 14 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 1 aprile 2021

 

 

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