Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9065 del 15/04/2010

Cassazione civile sez. III, 15/04/2010, (ud. 11/03/2010, dep. 15/04/2010), n.9065

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI NANNI Luigi Francesco – Presidente –

Dott. AMATUCCI Alfonso – rel. Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 9834-2006 proposto da:

B.C. (OMISSIS) B.G.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA G. PISANELLI 4, presso lo

studio dell’avvocato GIGLI GIUSEPPE, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato PAVAN VITTORINO giusta delega a margine del

ricorso;

– ricorrenti –

contro

M.E. (OMISSIS), G.E.

(OMISSIS), considerati domiciliati “ex lege”in ROMA, presso

la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi

dagli avvocati CARBONETTI FRANCESCO, SCANFERLATO FEDERICO giusta

delega in atti;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1502/2005 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, 4^

SEZIONE CIVILE, emessa il 25/5/2005, depositata il 05/09/2005, R.G.N.

768/2001;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/03/2010 dal Consigliere Dott. ALFONSO AMATUCCI;

udito l’Avvocato GIUSEPPE GIGLI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Libertino Alberto che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- C. e B.G., confinanti del fondo agricolo promesso in vendita il (OMISSIS) da P.E. ad G. E., esercitarono il 15.2.1985 il loro diritto di prelazione in ordine all’acquisto a seguito di comunicazione ricevuta lo stesso giorno.

Nel 1990 convennero in giudizio il promettente acquirente G. ed M.E. domandandone la condanna al risarcimento dei danni per avere il primo disposto ed il secondo materialmente eseguito un grave asporto di terreno fertile dal fondo per una profondità di 50 centimetri nei tre giorni precedenti il (OMISSIS).

I convenuti resistettero affermando di avere agito quali possessori del terreno, su autorizzazione della proprietaria, allo scopo di eseguire interventi di miglioramento fondiario.

L’adito tribunale di Treviso accolse la domanda con sentenza n. 79 del 2001, condannando i convenuti al pagamento di L. 7.200.000 (da rivalutarsi, oltre agli accessori), essendo emerso dalla disposta consulenza tecnica d’ufficio che l’asporto del terreno non era stato affatto utile ma dannoso.

2.- La decisione è stata riformata dalla corte d’appello di Venezia che, accogliendo con sentenza n. 1502 del 2005 l’appello dei soccombenti, ha rigettato la domanda dei B. sul sostanziale rilievo che gli stessi “all’epoca dei fatti non erano titolari di alcun potere nè di alcun interesse concreto ed attuale sul fondo, avendo solo tre giorni dopo esercitato il diritto di prelazione agraria”, sicchè difettava in capo agli stessi qualsiasi situazione tutelabile. Ha anche ritenuto che rimanevano così assorbite le censure sulla stessa configurabilità di un fatto illecito compiuto dai convenuti in primo grado ed osservato che il G. era stato del resto autorizzato alla coltivazione dalla promettente venditrice, nell’espressa qualità di legittimo possessore del fondo.

3.- Avverso la sentenza ricorrono per cassazione i B., affidandosi ad un unico articolato motivo cui resistono con controricorso il M. ed il G..

Entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Il ricorso è manifestamente fondato nella parte in cui i ricorrenti si dolgono – deducendo vizio della motivazione e violazione di legge – che la corte d’appello abbia omesso di apprezzare i fatti alla stregua del principio del neminem laedere laddove ha ritenuto che il promittente acquirente di un fondo agricolo, nella pendenza del termine per l’esercizio della prelazione da parte di chi ne abbia diritto (anche solo come confinante), possa usare il fondo in ogni modo per il solo fatto di averne ottenuto il possesso dal proprietario, anche danneggiandolo nella sua attitudine produttiva con pregiudizio di chi la prelazione possa esercitare.

Il ritenuto assorbimento, da parte della corte d’appello, della doglianza concernente la configurabilita di un illecito nella condotta dei convenuti in primo grado è l’erroneo risultato di una fuorviante complicazione della vicenda, connotata dal rilievo conferito dai litiganti alla ricorrenza di una situazione qualificabile come possesso in capo all’una o all’altra delle parti;

rilievo probabilmente indotto dall’atecnico uso del termine “spoglio” da parte degli attori in primo grado (poi proclamatisi anche affittuari), che tuttavia non avevano esercitato un’azione possessoria volta alla reintegrazione per il sofferto spoglio, ma avevano invece proposto una domanda inequivocamente risarcitoria, sostenendo di aver subito un danno a causa dei lavori di asportazione di terreno fertile dal fondo del quale erano per diventare proprietari; asportazione che sostenevano essere stata effettuata per propria utilità dai convenuti, addirittura dolosamente, nelle more dell’esercizio del diritto di prelazione da parte loro (degli attori).

Ora, che i B. fossero confinanti è pacifico e che fossero titolari del diritto di prelazione (poi in concreto esercitato) è certo.

V’era allora solo da scrutinare se i convenuti fossero consapevoli (o se potessero esserlo) di tale possibile esercizio da parte dei confinanti e, in caso positivo, se costituisca illecito aquiliano la consapevole attività (nei tempi e con le modalità accertate) di modificazione in peius di un fondo agricolo, da parte di chi abbia concluso un contratto preliminare di compravendita ed abbia altresì ottenuto la disponibilità dell’immobile da parte del proprietario venditore, nella pendenza del termine per l’esercizio della prelazione da parte di chi ne abbia diritto; non essendo, in particolare, revocabile in dubbio che anche quella situazione giuridica soggettiva, suscettibile di evolvere nell’acquisto della proprietà in tempi brevissimi, rappresenta un interesse tutelato dall’ordinamento. Sicchè, ai fini della configurabilità come “ingiusto” (per gli effetti di cui all’art. 2043 c.c.) del possibile danno prodotto, occorreva solo comparare fra loro l’interesse in concreto perseguito dal promittente acquirente a trarre un’utilità immediata dall’asporto dello strato di terreno fertile dal fondo e quello dei confinanti a ricevere un fondo non meno produttivo di quello promesso in vendita ad altri e poi definitivamente acquistato dai confinanti stessi a seguito dell’esercizio del diritto di prelazione loro riconosciuto dalla legge nei tempi dalla stessa legge stabiliti.

2.- E’ quanto, a seguito della cassazione della sentenza, dovrà fare il giudice del rinvio, che si designa nella stessa corte d’appello in diversa composizione e che provvederà anche a liquidare le spese del giudizio di legittimità.

PQM

LA CORTE DI CASSAZIONE accoglie il ricorso, cassa e rinvia, anche per le spese, alla corte d’appello di Venezia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 11 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 15 aprile 2010

 

 

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