Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9064 del 18/05/2020

Cassazione civile sez. VI, 18/05/2020, (ud. 12/12/2019, dep. 18/05/2020), n.9064

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 33031 del ruolo generale dell’anno 2018,

proposto da:

O.G. (C.F.: (OMISSIS)), avvocato difensore di sè stesso

– ricorrente –

nei confronti di:

I.N.P.S. – Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (C.F.:

(OMISSIS)), in persona del Dirigente generale S.L., legale

rappresentante pro tempore rappresentato e difeso dagli avvocati

Dario Bottura (C.F.: BTT DRA 55D15 F205C) e Daniela Anziano (C.F.:

NZN DNL 65T44 H703V);

– controricorrente –

nonchè:

BANCO DI NAPOLI S.p.A. (C.F.: 04485191219), in persona del legale

rappresentante pro tempore;

– intimata –

per la cassazione della sentenza del Tribunale di Napoli n.

4874/2018, pubblicata in data 17 maggio 2018;

udita la relazione sulla causa svolta nella camera di consiglio in

data 12 dicembre 2019 dal consigliere Augusto Tatangelo.

Fatto

RILEVATO

Che:

Il Banco di Napoli S.p.A. ha proposto opposizione, ai sensi dell’art. 615 c.p.c., avverso l’atto di precetto notificatogli (in data 5 febbraio 2014) da O.G. sulla base di una ordinanza di assegnazione di crediti pronunciata dal giudice dell’esecuzione (in data 28 ottobre 2002), all’esito di un procedimento esecutivo promosso nei confronti dell’INPS.

L’opposizione è stata accolta dal Giudice di Pace di Napoli.

Il Tribunale di Napoli ha confermato la decisione di primo grado.

Ricorre l’ O., sulla base di due motivi.

Resiste l’INPS con controricorso.

Non ha svolto attività difensiva in questa sede l’altra società intimata.

E’ stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, 376 e 380 bis c.p.c., in quanto il relatore ha ritenuto che il ricorso fosse destinato ad essere dichiarato manifestamente infondato.

E’ stata quindi fissata con decreto l’adunanza della Corte, e il decreto è stato notificato alle parti con l’indicazione della proposta.

Il collegio ha disposto che sia redatta motivazione in forma semplificata.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia “Violazione e/o falsa applicazione del D.L. n. 669 del 1996, art. 14, così come modificato dal D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 44, comma 3, convertito in L. 24 novembre 2003, n. 326, dell’art. 252 disp. att. c.c., dell’art. 11 delle disp. gen., degli artt. 1219,2943, 2966 c.c. degli artt. 3,24,25, 111 e 117 Cost., dell’art. 6 CEDU, dell’art. 1 del Protocollo 1 CEDU in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”.

Con il secondo motivo si denunzia “Violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., nonchè degli artt. 1219,2943, 2966 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere il giudice di secondo grado omesso immotivatamente di considerare la diffida e messa in mora quale atto impeditivo della decadenza ed interruttivo della prescrizione, prova documentale ritualmente versata in atti”.

I due motivi del ricorso sono connessi e possono essere quindi esaminati congiuntamente.

Il giudice di secondo grado ha rilevato l’inefficacia dell’ordinanza di assegnazione posta a base del precetto opposto, ai sensi del D.L. 31 dicembre 1996, n. 669, art. 14, comma 1 bis, convertito in L. 28 febbraio 1997, n. 30, come modificato dal D.L. 30 settembre 2003, art. 44, comma 3, lett. b, convertito in L. 24 novembre 2003, n. 326, per essere trascorso ben più di un anno tra l’entrata in vigore della nuova disposizione (la quale ha introdotto un termine di efficacia di un anno per l’esazione dei crediti di cui alle ordinanze di assegnazione di crediti nei confronti di enti previdenziali) e la notificazione dell’atto di precetto.

Secondo il ricorrente, la predetta disposizione non sarebbe però applicabile nella fattispecie, in quanto essa è entrata in vigore solo in data successiva all’emissione dell’ordinanza di assegnazione e non potrebbe ritenersi retroattiva (primo motivo); comunque, ogni decadenza e/o prescrizione sarebbe stata interrotta in base ad un atto di diffida e messa in mora del 10 maggio 2004 con il quale era stato richiesto il pagamento (secondo motivo).

Le censure sono manifestamente infondate.

La decisione impugnata è infatti pienamente conforme all’indirizzo sancito da questa Corte, con pronunzia di espresso valore nomofilattico, emessa all’esito della pubblica udienza della Terza Sezione Civile, nell’ambito della particolare metodologia organizzativa adottata dalla suddetta sezione per la trattazione dei ricorsi su questioni di diritto di particolare rilevanza in materia di esecuzione forzata (cd. “progetto esecuzioni”, sul quale v. già Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 26049 del 26/10/2018, nonchè Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 4964 del 20/02/2019), secondo cui “il D.L. n. 1996, n. 669, art. 141, comma 1 bis, come modificato dal D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 44, comma 3, lett. a), convertito in L. n. 326 del 2003, in vigore dal 25 novembre 2003, introduce un termine di decadenza annuale per mettere in esecuzione l’ordinanza di assegnazione nei confronti delle pubbliche amministrazioni ed enti equiparati, applicabile dall’entrata in vigore della norma (25 novembre 2003); ne consegue che esso si applichi anche in relazione alle ordinanze di assegnazione emesse prima di tale data, in relazione alle quali la procedura esecutiva deve essere iniziata, o quanto meno deve essere effettuata l’intimazione di pagamento, a mezzo della notifica del precetto, a pena di decadenza, entro un anno dal 25 novembre 2003, cioè da quando il privato, conseguita la possibilità di avere contezza della introduzione di una nuova decadenza, avrebbe potuto e dovuto attivarsi per non perdere il proprio diritto” (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 15316 del 06/06/2019, che non risulta ad oggi massimata).

Il ricorso non contiene argomentazioni tali da indurre a rivedere tale indirizzo, in base al quale (come è appena il caso di rilevare) non ha alcun rilievo l’eventuale notificazione di un semplice atto di costituzione in mora, essendo necessaria la notificazione – entro il termine di decadenza previsto dalla legge – di un atto di precetto cui abbia fatto seguito il tempestivo inizio dell’esecuzione ai sensi dell’art. 481 c.p.c., ciò che pacificamente non è avvenuto nella specie.

Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., comma 1, n. 1.

2. Il ricorso è dichiarato inammissibile.

Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.

Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte:

– dichiara inammissibile il ricorso;

– condanna il ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore dell’istituto controricorrente, liquidandole in complessivi Euro 510,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali ed accessori di legge.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 12 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 maggio 2020

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