Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9064 del 02/04/2019

Cassazione civile sez. VI, 02/04/2019, (ud. 17/07/2018, dep. 02/04/2019), n.9064

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21681-2017 proposto da:

T.V., quale socio accomandatario e successore di

T. CENTER SAS DI T.V. & C., elettivamente

domiciliato in ROMA, PIAZZA DON MINZONI 9, presso lo studio

dell’avvocato ENNIO LUPONIO, rappresentato e difeso dall’avvocato

BRUNO CAMILLERI;

– ricorrente –

contro

ENEL ENERGIA SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LAZIO 14, presso lo studio

dell’avvocato ORAZIO GIUSEPPE LAGOTETA, che la rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 348/2017 del TRIBUNALE di BENEVENTO,

depositata il 27/02/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 17/07/2018 dal Consigliere Dott. SCARANO LUIGI

ALESSANDRO.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 27/2/2017 il Tribunale di Benevento, in accoglimento del gravame interposto dalla società Enel Energia s.p.a. e in conseguente integrale riforma della pronunzia G. di P. Colle Sannita n. 560 del 2012, ha rigettato la domanda nei confronti della medesima proposta dal sig. T.V., quale socio accomandatario e successore della società T. Center di T.V. & C. s.a.s., di restituzione della somma corrisposta alla società Enel Energia s.p.a. per l’installazione del contatore e “di ogni onere successivo sostenuto e non dovuto, oltre il risarcimento del danno”.

Avverso la suindicata pronunzia del giudice dell’appello il T., nella qualità, propone ora ricorso per cassazione, affidato ad unico motivo, illustrato da memoria.

Resiste con controricorso la società Enel Energia s.p.a..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con unico motivo il ricorrente denunzia “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Il ricorso è inammissibile.

Va anzitutto osservato che i motivi risultano formulati in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, atteso che il ricorrente fa riferimento ad atti e documenti del giudizio di merito (es., al “contratto di fornitura di energia elettrica con Enel Energia s.p.a…. in data 7.03.2008”, al “bonifico bancario del 2.05.2008”, ai “ripetuti solleciti dell’11.04.2008, 15.12.2008 e 5.05.2009 (doc. 2, 4 e 5), inoltrati a mezzo raccomandata e fax”, alla “nota del 19.01.2010″, all'”atto di citazione notificato in data 26.02.2010″, all'”espletata istruttoria”, alla sentenza del giudice di prime cure, all'”atto di citazione del 26.06.2012″, alla propria comparsa di costituzione e risposta nel giudizio di gravame, agli “atti del giudizio”, alla “prova testimoniale”, alle “note del 21.04.2010 e del 22.04.2010”) limitandosi a meramente richiamarli, senza invero debitamente (per la parte strettamente d’interesse in questa sede) riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame (v., da ultimo, Cass., 16/3/2012, n. 4220), con precisazione (anche) dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se essi siano stati rispettivamente acquisiti o prodotti (anche) in sede di giudizio di legittimità (v. Cass., 23/3/2010, n. 6937; Cass., 12/6/2008, n. 15808; Cass., 25/5/2007, n. 12239, e, da ultimo, Cass., 6/11/2012, n. 19157), la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr., da ultimo, Cass., Sez. Un., 19/4/2016, n. 7701).

A tale stregua non deduce le formulate censure in modo da renderle chiare ed intellegibili in base alla lettura del ricorso, non ponendo questa Corte nella condizione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il relativo fondamento (v. Cass., 18/4/2006, n. 8932; Cass., 20/1/2006, n. 1108; Cass., 8/11/2005, n. 21659; Cass., 2/81/2005, n. 16132; Cass., 25/2/2004, n. 3803; Cass., 28/10/2002, n. 15177; Cass., 12/5/1998 n. 4777) sulla base delle deduzioni contenute nel medesimo (v. Cass., 24/3/2003, n. 3158; Cass., 25/8/2003, n. 12444; Cass., 1/2/1995, n. 1161).

Non sono infatti sufficienti affermazioni -come nel caso-apodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione (v. Cass., 21/8/1997, n. 7851).

A tale stregua, l’accertamento in fatto e le relative valutazioni operate dalla corte di merito nell’impugnata sentenza rimangono invero non idoneamente censurate dall’odierno ricorrente.

E’ al riguardo appena il caso di osservare che i requisiti di formazione del ricorso per cassazione ex art. 366 c.p.c. vanno indefettibilmente osservati, a pena di inammissibilità del medesimo.

Essi rilevano ai fini della giuridica esistenza e conseguente ammissibilità del ricorso, assumendo pregiudiziale e prodromica rilevanza ai fini del vaglio della relativa fondatezza nel merito, che in loro difetto rimane invero al giudice imprescindibilmente precluso (cfr. Cass., 6/7/2015, n. 13827; Cass., 18/3/2015, n. 5424; Cass., 12/11/2014, n. 24135; Cass., 18/10/2014, n. 21519; Cass., 30/9/2014, n. 20594; Cass., 5 19/6/2014, n. 13984; Cass., 20/1/2014, n. 987; Cass., 28/5/2013, n. 13190; Cass., 20/3/2013, n. 6990; Cass., 20/7/2012, n. 12664; Cass., 23/7/2009, n. 17253; Cass., 19/4/2006, n. 9076; Cass., 23/1/2006, n. 1221).

Non può per altro verso sottacersi che, al di là della formale intestazione del motivo, il ricorrente prospetta in realtà doglianze di vizio di motivazione al di là dei limiti consentiti dalla vigente formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (v. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053), nel caso ratione temporis applicabile, sostanziantesi nel mero omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, dovendo riguardare un fatto inteso nella sua accezione storico-fenomenica, e non anche come nella specie l’omesso e a fortiori l’erronea valutazione di determinate emergenze probatorie (cfr. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053, e, conformemente, Cass., 29/9/2016, n. 19312).

A tale stregua, risulta allora dal ricorrente inammissibilmente richiesta una rivalutazione delle emergenze probatorie, laddove solamente al giudice di merito spetta individuare le fonti del proprio convincimento e a tal fine valutare le prove, controllarne la attendibilità e la confluenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova.

Emerge evidente, a tale stregua, come lungi dal denunziare vizi della sentenza gravata rilevanti sotto i ricordati profili, le deduzioni dell’odierno ricorrente, oltre a risultare formulate secondo un modello difforme da quello delineato all’art. 366 c.p.c., n. 4, in realtà si risolvono nella mera doglianza circa la dedotta erronea attribuzione da parte del giudice del merito agli elementi valutati di un valore ed un significato difformi dalle sue aspettative (v. Cass., 20/10/2005, n. 20322), e nell’inammissibile pretesa di una lettura dell’asserto probatorio diversa da quella nel caso operata dai giudici di merito (cfr. Cass., 18/4/2006, n. 8932).

Per tale via, infatti, come sì è sopra osservato,, lungi dal censurare la sentenza per uno dei tassativi motivi indicati nell’art. 360 c.p.c., il ricorrente in realtà sollecita, contra ius e cercando di superare i limiti istituzionali del giudizio di legittimità, un nuovo giudizio di merito, in contrasto con il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi alla attenzione dei giudici della Corte di Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi (cfr. Cass., 14/3/2006, n. 5443).

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Il ricorrente va altresì condannato, ricorrendone i presupposti (cfr. Cass., Sez. Un., 13/9/2018, n. 22405), al pagamento della somma equitativamente liquidata in dispositivo ex art. 96 c.p.c., comma 3.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 1.000,00, di cui Euro 800,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge, in favore del contro ricorrente, nonchè al pagamento della somma di Euro 1.000,00 ex art. 96 c.p.c., comma 3.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 17 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 2 aprile 2019

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