Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9062 del 20/04/2011

Cassazione civile sez. II, 20/04/2011, (ud. 10/03/2011, dep. 20/04/2011), n.9062

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – rel. Presidente –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –

Dott. MATERA Lina – Consigliere –

Dott. BIANCHI Luisa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

F.V. C.F. (OMISSIS), C.N.

C.F. (OMISSIS), A.P. C.F.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA T

MONTICELLI 12, presso lo studio dell’avvocato SESTITO SALVATORE,

rappresentati e difesi dall’avvocato ALIPERTI VINCENZO FIORAVANTE;

– ricorrenti –

contro

SOFICOOP SPA IN LIQUIDAZIONE, IN PERSONA DEL LIQUIDATORE E LEGALE

RAPPRESENTANTE PRO-TEMPORE SIG. C.A. p.i.

(OMISSIS), e CITTA’ DEL MARE SRL ((OMISSIS)) elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA BARBERINI, 3, presso lo studio dell’avvocato

PARLATO GUIDO, che li rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 588/2007 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositati il 11/03/2001;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/03/2011 dal Presidente Dott. ROBERTO MICHELE TRIOLA;

udito l’Avvocato Aliperti Vincenzo Fioravante difensore dei

ricorrenti che si riporta agli atti;

udito l’Avv. Parlato Guido difensore della resistente che si riporta

agli atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con tre distinti atti di citazione notificati il 31 ottobre 1994 C.N., A.P. e F.V. convenivano davanti al Tribunale di Napoli la SO.FI.COOP. s.p.a., chiedendo che venisse emessa in loro favore la sentenza di cui all’art. 2932 cod. civ., in relazione a tre distinti contratti preliminari con i quali la convenuta aveva loro promesso in vendita altrettanti appartamenti in Somma Vesuviana, realizzati in base alla normativa in tema di edilizia economica e popolare.

La società convenuta, costituitasi, chiedeva in via riconvenzionale la pronuncia di risoluzione dei contratti per inadempimento dei convenuti.

Riuniti i giudizi, il Tribunale di Napoli, con sentenza in data 22 ottobre 2002, rigettava sia la domanda principale che quella riconvenzionale.

La SO.FI.COOP. s.r.l. (nella quale si era trasformata la SO.FI.COOP. s.p.a.) proponeva appello incidentale.

C.N., A.P. e F.V. proponevano appello incidentale.

Con sentenza in data 1 marzo 2007 la Corte di appello di Napoli accoglieva 1″ appello principale e rigettava quello incidentale.

I giudici di secondo grado, premesso che la richiesta degli appellanti incidentali di rideterminazione del prezzo, sulla base della disciplina imperativa in materia di edilizia economica e popolare era nuova e quindi inammissibile ai sensi dell’art. 345 cod. proc. civ., ritenevano infondata l’eccezione di nullità o di ineseguibilità del preliminare, per non essere la So.fi.coop proprietaria del fondo ove insistevano gli appartamenti promessi in vendita in base alla seguente motivazione:

A parte ogni considerazione sulla circostanza che in via principale la prominente alienante ha chiesto la risoluzione del preliminare, e non già la sua esecuzione, torna opportuno precisare che il titolo che abilita la SO.FI.COOP. al trasferimento dell’appartamento de quo è la Convenzione trascritta, stipulata tra la stessa ed il Comune di Somma Vesuviana, dalla quale si evince che il Piano di Zona per l’Edilizia Economica e Popolare, relativo all’immobile per cui è causa, fu approvato con delibera del Consiglio Comunale n. 58 del 28.10.1975. Invero tale convenzione, concernente le aree per l’edificazione, prevista e disciplinata dalla L. n. 865 del 1971, art. 35, commi 11 e segg., (nella formulazione vigente all’epoca della sottoscrizione della Convenzione stessa), prevede espressamente all’art. 2 la cessione dal Comune indicato alla So.fi.coop della proprietà ad edificandum, cioè della proprietà superficiaria del fondo o diritto di superficie distinto dalla proprietà del suolo e previsto dall’art. 952 c.c., con la conseguenza che, nel caso in esame, deve ritenersi certamente sussistente in capo alla SO.FI. COOP. la facoltà di promettere in vendita il diritto di “proprietà superficiaria” ad essa trasferito in virtù della richiamata convenzione con l’ente territoriale.

Deve aggiungersi che, secondo la previsione pattizia di cui all’art. 3 dei contratti preliminari in oggetto, gli appartamenti promessi in vendita avrebbero dovuto essere trasferiti “con l’esclusione del sottosuolo, del piano interrato, del piano terra e dell’area sovrastante gli edifici di cui l’impresa di costruzioni SO.FI. COOP s.p.a. se ne riserva la proprietà esclusiva il diritto per sè e per i successivi acquirenti …”.

Inoltre, l’indagine di questa Corte di Appello non può essere estesa alla avvenuta acquisizione o meno della proprietà dei suoli da parte del Comune, trattandosi di una vicenda sostanziale riguardante presupposti, che non attengono direttamente all’atto costitutivo del diritto di risoluzione contrattuale azionato dalla So.fi.coop e non essendo stata peraltro formulata, a riguardo, alcuna espressa domanda di parte. Ed invero, come è noto, mentre le questioni pregiudiziali, che sono tali soltanto in senso logico, possono essere decise incidenter tantum in quanto investono circostanze che rientrano comunque nel fatto costitutivo dedotto in causa, per contro le questioni pregiudiziali in senso tecnico, che concernono circostanze distinte ed indipendenti dal detto fatto costitutivo del quale rappresentano un presupposto giuridico e che possono dar luogo ad un giudizio autonomo, possono essere decise con efficacia di giudicato, solo in presenza di espressa domanda (Cass. ord. n. 14578/2005), domanda che non è stata invece proposta nel presente giudizio.

Infine, l’indagine circa l’avvenuta acquisizione o meno della proprietà dei suoli da parte del Comune ovvero circa il compimento dell’iter espropriativo, è preclusa a questa Corte investendo nei suoi effetti soggetti che sono estranei al processo in corso giacchè secondo il consolidatissimo orientamento giurisprudenziale, in tema di espropriazione di suoli per la realizzazione dei programmi di edilizia residenziale pubblica, ai sensi della L. n. 865 del 1971, beneficiario sostanziale dell’espropriazione e, quindi, esclusivo proprietario delle aree espropriate, è soltanto il Comune, anche quando gli atti espropriativi vengano delegati e l’occupazione delle aree sia attuata dagli istituti o dalle cooperative a norma degli artt. 35 e 60 Legge cit., in quanto tali enti agiscono sempre in nome e per conto del Comune (Cass. n. 9097/2003, n. 5632/94, n. 1234/95, n. 6880/99).

E ciò, a prescindere dal fatto che merita attenzione la tesi dell’appellante principale, secondo cui nella vicenda in esame, per effetto dell’irreversibile trasformazione dei luoghi operata dalla pubblica amministrazione, dovrebbe essersi verificato l’acquisto della proprietà dei suoli a favore dell’ente territoriale con conseguente trasferimento a beneficio della Soficoop, ben operando l’istituto dell’accessione invertita in relazione ad un’opera pubblica presidiata dalla dichiarazione di pubblica utilità, alla stregua del rilievo che “il piano per l’edilizia economica e popolare ha, secondo quanto dispone la L. 18 aprile 1962, n. 167, art. 9, valore di piano particolareggiato di esecuzione, e la sua approvazione equivale, ai sensi della L. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 16, a dichiarazione di pubblica utilità delle opere ivi previste per la durata di dieci anni, salvo proroghe” (Cass. n. 13493/2002, S.U. 7068/92).

Nè d’altra parte, è emersa alcuna circostanza certa da cui desumere l’annullamento del piano per l’edilizia economica e popolare oppure il successivo verificarsi di altra causa determinante la sopravvenuta illiceità delle opere realizzate, circostanze queste che avrebbero dovuto essere provate dalla parte eccipiente, secondo i principi in materia di ripartizione dell’onere probatorio, come sarà precisato in seguito.

La Corte di appello riteneva, poi, che sussistessero le condizioni per la pronuncia di risoluzione del contratto in danno degli appellanti principali in base alla seguente motivazione:

Ne deriva che il comportamento della So.fi.coop allo stato appare esente da censura.

Al contrario, esaminando gli addebiti mossi agli appellati, va osservato che gravi e numerose sono state le inadempienze compiute dai promettenti acquirenti, i quali, dopo aver ricevuto la consegna dell’appartamento oggetto del preliminare, hanno omesso di pagare il saldo del prezzo, di pagare le rate di mutuo, di pagare gli interessi di preammortamento, gli oneri di prefinanziamento e gli oneri di cui all’art. 7 del contratto preliminare ed ha trascurato altresì di esibire la certificazione regionale attestante il possesso dei requisiti per l’accollo del mutuo ai tassi agevolati. Nè è consentito dubitare della fondatezza degli addebiti mossi dalla So.fi.coop. in quanto gli stessi appellati si sono ben guardati dal provare l’estinzione delle pretese vantate dalla promettente venditrice ed in proposito torna utile sottolineare come, secondo le Sezioni Unite, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, adducendo l’inadempimento dell’altra parte, debba soltanto provare la fonte del suo diritto, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre è il debitore ad essere gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa.

Peraltro, eguale criterio di riparto dell’onere della prova deve ritenersi applicabile al caso in cui il debitore convenuto per la risoluzione si avvalga dell’eccezione di inadempimento ex art. 1460, risultando, in tal caso, invertiti i ruoli delle parti in lite, poichè il debitore eccipiente si limiterà ad allegare l’altrui inadempimento, ed il creditore agente dovrà dimostrare il proprio adempimento. Altrettanto, nel caso in cui sia dedotto non l’inadempimento dell’obbligazione, ma il suo inesatto adempimento, essendo al creditore istante sufficiente la mera allegazione dell’inesattezza dell’adempimento e gravando ancora una volta sul debitore l’onere di dimostrare l’avvenuto, esatto adempimento. (Sez. Un. 13633/2001). A ciò aggiungasi che le inadempienze degli appellati riguardano la violazione di pattuizioni contrattuali cui le parti all’art. 9 del contratto avevano espressamente attribuito una notevole importanza, ricollegandovi la previsione di una penale e la risoluzione del contratto. Pertanto, procedendo ad una valutazione obbiettiva degli opposti interessi, messi in gioco dalle parti al momento dell’incontro delle volontà contrattuali, deve concludersi che il mancato pagamento del saldo del prezzo, delle rate di mutuo, degli interessi di preammortamento, degli oneri di prefinanziamento ed il mancato accollo del mutuo, dopo aver ottenuto la disponibilità dell’appartamento continuando a goderne per anni, sono state inadempienze di non poco conto nell’economia globale del rapporto tali da ritenere sussistente un’alterazione assai grave del sinallagma contrattuale e da giustificare la declaratoria di risoluzione per colpa dei promettenti acquirenti per grave inadempimento.

Contro tale decisione hanno proposto ricorso per cassazione, con un unico articolato motivo, C.N., A.P. e F.V..

Resiste con controricorso la SO.FI. Coop s.r.l..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Da un punto di vista logico va esaminata per prima la doglianza con la quale i ricorrenti deducono che i giudici di merito avrebbero errato nel non ritenere ineseguibile (e quindi giustificato il loro inadempimento) i contratti preliminari in conseguenza del fatto che la società resistente non era proprietaria delle aree sulle quali erano stati realizzati gli appartamenti promessi in vendita, in quanto, contrariamente a quanto affermato dalla sentenza impugnata, il Comune di Somma Vesuviana aveva deliberato la cessione della proprietà superficiaria delle aree in questione alla soc. SO.FI. Coop ove esso ne avesse acquistato la piena proprietà (“ora per quando ne acquisterà la proprietà cede alla Soficoop il diritto di proprietà ad aedificandum”).

La doglianza non è meritevole di accoglimento. Va, infatti, rilevato che, a prescindere dall’errore in cui è incorsa la Corte di appello di Napoli nel ritenere che la società resistente avesse acquistato la proprietà delle aree di cui sopra, soltanto per effetto della citata convenzione con il Comune di Somma Vesuviana e nel ritenere che non si potesse accertare in via incidentale la regolare conclusione della procedura di esproprio, la sentenza impugnata si basa su due autonome rationes decidendi, di cui la seconda (acquisto della proprietà delle aree da parte del Comune di Somma Vesuviana a seguito della irreversibile trasformazione delle stesse e conseguente trasferimento della proprietà superficiaria alla SO. FI. Coop in base alla convenzione con la stessa stipulata) non è oggetto di specifiche censure.

Sempre da un punto di vista logico va, poi, esaminata la doglianza con la quale i ricorrenti sostanzialmente deducono che il loro inadempimento, ai fini della pronunzia di risoluzione del contatto, era di minore gravità rispetto a quello della SO.FI. Coop in quanto “l’alloggio è stato consegnato affetto da vizi e difetti (tra le tante non sono stati posti in opera i pannelli delle ringhiere) , per non parlare poi delle sistemazioni esterne (inesistenti) come emerge dalla consulenza versata in atti, tant’è che gli appellati hanno dovuto sopportare l’ulteriore spesa per la sistemazione degli alloggi; la Soficoop ha accatastato gli immobili solo su insistenza dei promettenti acquirenti, ha impedito il frazionamento del mutuo nei tempi utili (frazionamento avvenuto solo due anni dopo la notifica dell’atto di citazione) per consentire ai promissari acquirenti di beneficiare del mutuo a tasso agevolato – posto che ai sensi della L. n. 457 del 1978, art. 18, comma 2, la Soficoop avrebbe dovuto alienare tutti gli appartamenti entro i due anni dall’ultimazione dei lavori, pena la decadenza del contributo agevolativo, ed infine non ha proceduto a completare l’iter espropriativo”.

La doglianza è infondata.

A prescindere dalla considerazione che non viene indicato da quali elementi i dedotti inadempimenti della SO.FI. Coop dovevano considerarsi accertati, la sentenza impugnata ha motivato in ordine alla maggiore gravità degli inadempimenti degli attuali ricorrenti.

Viene ad essere superata la doglianza dei ricorrenti relativi al mancato accoglimento della domanda di risarcimento dei danni in conseguenza dell’inadempimento della SO.FI. Coop. In definitiva, il ricorso va rigettato, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che liquida in complessivi Euro 3.700,00, di cui Euro 3.500,00 per onorari, oltre accessori di legge e spese generali.

Così deciso in Roma, il 10 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 20 aprile 2011

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA