Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9062 del 01/04/2021
Cassazione civile sez. trib., 01/04/2021, (ud. 26/10/2020, dep. 01/04/2021), n.9062
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –
Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –
Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –
Dott. TRISCARI Giancarlo – rel. Consigliere –
Dott. ARMONE Giovanni Maria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 21072 del ruolo generale dell’anno 2012
proposto da:
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,
rappresentata e difesa dall’Avvocatura dello Stato, presso i cui
uffici in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, è domiciliata;
– ricorrente –
contro
AMGAS s.p.a., Azienda Municipale Gas s.p.a., in persona del legale
rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Bruno
Taverniti per procura speciale a margine del controricorso, presso
il cui studio in Roma, via Sesto Rufo, n. 23, è elettivamente
domiciliata;
– controricorrente –
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria
regionale della Puglia, n. 22/9/2011, depositata in data 20 giugno
2011;
udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 26 ottobre 2020
dal Consigliere Giancarlo Triscari;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto procuratore
generale Dott. De Augustinis Umberto, che ha concluso chiedendo
l’accoglirnento del ricorso;
udito per l’Agenzia delle entrate l’Avvocato dello Stato Alfonso
Peluso e per la società l’Avv. Bruno Taverniti.
Fatto
FATTI DI CAUSA
Dalla esposizione in fatto della sentenza impugnata si evince che: l’Agenzia delle entrate aveva notificato a AMGAS s.p.a., Azienda Municipale Gas s.p.a., un avviso di accertamento con il quale aveva contestato, relativamente all’anno di imposta 2005, la violazione dell’obbligo di fatturazione delle operazioni, dalla stessa svolte, di distribuzione del gas naturale; avverso il suddetto atto impositivo la società aveva proposto ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Bari, sostenendo che l’attività di distribuzione del gas naturale, dalla stessa esercitata, era da considerarsi autonoma rispetto alla successiva vendita compiuta dai soggetti preposti, sicchè l’obbligo di fatturazione sorgeva solo al momento del pagamento; il giudice di primo grado aveva accolto il ricorso; avverso la sentenza del giudice di primo grado l’Agenzia delle entrate aveva proposto appello, sostenendo che l’attività di distribuzione era accessoria a quella principale di vendita, sicchè anche per quest’ultima sussisteva l’obbligo di emettere la fattura a prescindere dal pagamento.
La Commissione tributaria regionale della Puglia ha rigettato l’appello dell’Agenzia delle entrate, in particolare ha ritenuto che: l’attività di distribuzione del gas svolta dalla contribuente è per legge distinta da quella di vendita del gas, sicchè non può ragionarsi in termini di accessorietà della prima alla seconda; l’attività di distribuzione del gas, consistendo nell’attività di trasporto, ha natura di prestazione di servizi, ed è, quindi, autonoma rispetto a quella di vendita, sicchè, ai fini fiscali, la stessa è da ritenersi effettuata al momento del pagamento del corrispettivo.
Avverso la suddetta pronuncia ha quindi proposto ricorso per la cassazione della sentenza l’Agenzia delle entrate affidato a un unico motivo di censura, cui ha resistito la società depositando controricorso, illustrato con successiva memoria.
Ragioni della decisione
1. Con l’unico motivo di ricorso si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 6 e 21.
In particolare, si deduce che l’attività svolta dalla contribuente ha natura di prestazione di servizi per la quale, in forza del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 6, comma 3, secondo periodo, sussiste l’obbligo di emettere la fattura al momento in cui è resa, ovvero, essendo di carattere periodico o continuativo, entro il mese successivo a quello di effettuazione.
1.1. Il motivo è infondato.
La prestazione svolta dalla contribuente di distribuzione del gas, consiste, secondo la definizione data dal D.Lgs. 23 maggio 2000, n. 164, art. 2, comma 1, lett. n) nel: “trasporto di gas naturale attraverso reti di gasdotti locali per la consegna ai clienti”; si tratta, invero, di una attività, regolata dall’art. 14, del medesimo D.Lgs., distinta da quella consistente, secondo l’art. 2, comma 1, lett. o), medesimo D.Lgs., invece, nella “vendita, compresa la rivendita, di gas naturale, compreso il gas naturale liquefatto (GNL), ai clienti”, per la quale si applica la specifica disciplina di cui ai successivi artt. 17 e 18, stesso D.Lgs..
Precisata, dunque, l’autonomia normativa delle due attività in esame, va quindi osservato che l’attività di distribuzione del gas, secondo la stessa definizione compiuta dal legislatore, è qualificabile quale prestazione di servizi, trattandosi di attività di trasporto finalizzato alla consegna ai clienti, dunque riconducibile nell’ambito della previsione generale di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 3, comma 1, qualificazione, peraltro, non contestata dalla ricorrente.
Va inoltre considerato che la fattispecie è riconducibile alla prestazione di servizi consistente in un servizio continuativo, posto che le stesse consistevano nella distribuzione di gas presso i punti di riconsegna, ai fini della successiva vendita ai clienti finali.
1.2. Dalla qualificazione dell’attività svolta quali prestazioni di servizi di carattere continuativo discendono conseguenze rilevante ai fini della definizione della controversia. In generale, la prestazione di servizi si deve considerare effettuata quando sia stata eseguita (Cass., sez. Un., 21 aprile 2016, n. 8059; conf., tra varie, ord. 7 dicembre 2017, n. 29371 e 15 ottobre 2018, n. 25653) e non già al momento del pagamento del corrispettivo, ciò perchè il fatto generatore di norma coincide con l’esigibilità, ma ne rimane ontologicamente distinto, giacchè esso in realtà s’identifica col materiale espletamento dell’operazione.
E’ questo a determinare l’insorgenza del presupposto impositivo e, quindi, la rilevanza fiscale dell’attività ai fini dell’iva, come chiarito anche dalla giurisprudenza unionale: “conformemente a tale Dir., art. 63, ossia della Dir. n. 112 del 2006, il fatto generatore dell’imposta si verifica, e l’imposta diviene esigibile, nel momento in cui viene effettuata la cessione di beni o la prestazione di servizi” (Corte giust. 31 maggio 2018, cause C-660 e 661/16, KollroB e Wirti, punto 38).
Conferma tale considerazione il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 26, il quale prevede che l’omessa riscossione del corrispettivo non comporta la caducazione dell’obbligazione tributaria, della quale il presupposto impositivo si sia già verificato e se ne rinviene copertura costituzionale negli artt. 3 e 53 Cost., in particolare nell’esigenza di non trattare differentemente situazioni uguali, in dipendenza di eventi correlati a scelte (quelle concernenti la fatturazione o il pagamento del corrispettivo) casuali e soggettive.
1.3. Tuttavia, alla fattispecie si attaglia l’ipotesi prevista dalla sesta Direttiva, art. 10, par. 2, (corrispondente alla Direttiva n. 112 del 2006, art. 64), secondo cui “Le cessioni di beni diverse da quelle di cui all’art. 5, paragrafo 4, lett. b), e le prestazioni di servizi che comportano successivi versamenti di acconti o pagamenti, si considerano effettuate all’atto della scadenza dei periodi cui si riferiscono tali acconti o pagamenti”.
In tali ipotesi, invero, fatto generatore ed esigibilità si verificano alla scadenza del periodo cui si riferiscono i pagamenti (secondo le precisazioni di Corte giust. 29 novembre 2018, causa C-548/17, punto 31, e 3 settembre 2015, causa CA63/14, Asparuhovo Lake Investment Company 00D, punto 50) e, qualora sia previsto un corrispettivo forfetario, sono irrilevanti la quantità e la natura di servizi effettivamente forniti durante il periodo al quale si riferisce il corrispettivo convenuto (Corte giust. in causa C-463/14, cit.).
1.4 Se quindi deve ritenersi acclarato che il fatto generatore consiste nella effettuazione della prestazione periodica e continuativa, l’obbligo di fatturazione non può che insorgere con la predetta scadenza periodica perchè fisiologicamente è in tale momento che dovrebbero intervenire contemporaneamente il pagamento della prestazione e l’esigibilità dell’imposta. Ma qualora non intervenga il pagamento l’obbligo di fatturazione, sia pure già esistente, rimane dilazionabile sino all’effettivo pagamento sicchè la contestazione dell’omessa fatturazione, in tali condizioni, da parte dell’Agenzia può fondarsi solo sulla deduzione e sulla prova di comportamenti del soggetto obbligato che dimostrino la sua volontà di sottrarsi all’adempimento dell’obbligo di versamento dell’imposta.
1.5 Il motivo di censura in esame è, pertanto, infondato, con conseguente rigetto del ricorso e condanna della ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore della controricorrente.
PQM
La Corte:
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore della controricorrente che si liquidano in complessive Euro 7.000,00, oltre spese forfettarie nella misura del quindici per cento, Euro 200 per esborsi ed accessori.
Così deciso in Roma, il 26 ottobre 2020.
Depositato in Cancelleria il 1 aprile 2021