Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9061 del 15/04/2010

Cassazione civile sez. III, 15/04/2010, (ud. 11/03/2010, dep. 15/04/2010), n.9061

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI NANNI Luigi Francesco – Presidente –

Dott. AMATUCCI Alfonso – rel. Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 3694-2006 proposto da:

N.P., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA ROMOLO BALZANI 64, presso lo studio dell’avvocato TERREI

KATIUSCIA, rappresentato e difeso dall’avvocato POGGIONI PIER PAOLO

giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

F.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLE

FORNACI 38, presso lo studio dell’avvocato ALBERICI RAFFAELE,

rappresentato e difeso dall’avvocato SEBASTIANI SEBASTIANO giusta

delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

R.M.P. (OMISSIS), AXA ASSICURAZIONI;

– intimati –

avverso la sentenza n. 874/2005 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, 2^

SEZIONE CIVILE, emessa il 29/9/2004, depositata il 03/06/2005, R.G.N.

1831/2001;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/03/2010 dal Consigliere Dott. ALFONSO AMATUCCI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Libertino Alberto che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- Con sentenza n. 2121 del 2000 il tribunale di Firenze condannò il convenuto contumace N.P. a pagare all’attrice R. M.P. le somme di L. 14.300.000 per danno biologico e di L. 7.400.000 per danno patrimoniale, entrambi a titolo di responsabilità professionale medica per le conseguenze patite dalla paziente R. a seguito di due interventi di avulsione dentaria, cui era conseguita un’infezione non diagnosticata ed adeguatamente curata.

2.- La corte d’appello di Firenze, con sentenza n. 874 depositata il 3.6.2005, ha respinto l’appello del N. (che aveva chiamato in causa, in garanzia impropria, l’assicuratrice Axa Assicurazioni s.p.a.) anche in punto di affermata nullità della notificazione dell’atto di citazione in primo grado.

Al giudizio di appello ha partecipato F.F., cessionario del credito risarcitorio della R., a favore del quale la corte d’appello ha disposto che dovesse essere effettuato il pagamento della somma liquidata in primo grado.

3.- Avverso detta sentenza ricorre per cassazione il N., affidandosi ad un unico motivo, cui resiste con controricorso il F..

Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.

Non è intervenuta la preannunciata rinuncia al ricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Il primo motivo investe la sentenza della corte d’appello nella parte in cui la corte non avrebbe statuito sullo specifico motivo d’appello riguardante l’omesso espletamento delle formalià di cui alla L. n. 890 del 1982, art. 8. Vi si afferma testualmente che “le doglianze riguardavano la mancata contezza, da parte dell’agente postale, dei motivi che avevano determinato la procedura di avviso in cassetta e del deposito del piego (mancata sbarratura della parte relativa alla circostanza della mancanza ovvero della inidoneità delle persone abilitate). Come è noto, tale omissione determina la nullità della notificazione”; e si sostiene che la corte non è entrata nel merito delle doglianze, limitandosi con inadeguata motivazione ad affermare che “le formalità previste dalla legge appaiono in toto rispettate come da produzione della R.”.

1.1.- La R. non ha svolto attività difensiva in questa sede e non v’è dunque in atti il fascicolo di parte che avrebbe consentito il controllo documentale costituente presupposto della decisione, che concerne una violazione di legge, non essendo configurabile il vizio della motivazione in ordine alla violazione di una norma processuale.

Il ricorrente non ha prodotto – come sarebbe stato suo onere – copia degli atti imprescindibilmente necessari alla statuizione sul vizio denunciato. La censura è dunque inammissibile.

2.- Col secondo motivo è denunciata omessa o insufficiente motivazione sul punto decisivo costituito dalla mancata rinnovazione della consulenza tecnica d’ufficio svolta in primo grado e della corte d’appello ritenuta esauriente e convincente.

2.2.- L’affermazione della corte d’appello che il nesso causale era ben documentato e che del tutto generiche apparivano le censure dell’appellante integra una sufficiente motivazione in relazione a quanto il ricorrente afferma di aver prospettato in appello: che, cioè, gli inconvenienti lamentati dalla paziente fossero in ipotesi u riconducibili ad errori diagnostici o terapeutici di altri. Il che, una volta che il c.t.u. aveva ravvisato la sussistenza di nesso causale tra il mancato intervento del N. per eliminare l’insorta infezione e l’esigenza della paziente di rivolgersi ad altri medici, costituisce non già una critica alle conclusioni del consulente, ma una prospettazione meramente ipotetica, già assorbita dalle difformi e motivate conclusioni del consulente cui la corte d’appello aveva fatto riferimento.

3.- Il terzo motivo, con il quale il ricorrente deduce “omessa motivazione” su punto decisivo per avere la corte d’appello omesso di pronunciarsi sulla domanda di garanzia impropria svolta dal N. nei confronti dell’Axa, è infondato per due concomitanti ragioni: la prima è che il vizio non concernerebbe comunque la motivazione ma la violazione di una norma processuale (art. 112 c.p.c.); la seconda è che, avendo la corte d’appello chiarito che la chiamata in causa era intervenuta in appello e che l’Axa ne aveva eccepito l’inammissibilità, l’omessa esplicita pronuncia nella parte dispositiva della sentenza è univocamente significativa della condivisione dell’assunto dell’eccipiente circa l’inammissibilità della chiamata in causa in appello di un soggetto che non abbia partecipato al giudizio di primo grado.

4.- Il ricorso va conclusivamente respinto.

Le spese seguono la soccombenza nei confronti del controricorrente.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, che liquida in Euro 3.200, di cui 3.000 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori dovuti per legge.

Così deciso in Roma, il 11 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 15 aprile 2010

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