Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9060 del 20/04/2011

Cassazione civile sez. II, 20/04/2011, (ud. 08/03/2011, dep. 20/04/2011), n.9060

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ELEFANTE Antonino – Presidente –

Dott. PICCIALLI Luigi – rel. Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

IMM GALDINO DI AURELIO QUAGLIOTTI & C SAS (OMISSIS), in persona

dei legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIALE LIEGI 16, presso lo studio dell’avvocato MONTANARI MARCO

SAVERIO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ARMANI

RUGGERO;

– ricorrente –

contro

ELETTRONICA IND SRL (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

ELEONORA DUSE 35, presso lo studio dell’avvocato PAPPALARDO

FRANCESCO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

CASTIGLIONE ANTONIO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2140/2004 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 16/07/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/03/2011 dal Consigliere Dott. LUIGI PICCIALLI;

udito l’Avvocato MONTANARI Marco Saverio, difensore dei ricorrenti

che ha chiesto accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato PAPPALARDO Francesco, difensore del resistente che

ha chiesto rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

LETTIERI Nicola che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato il 18.1.80 la società Elettronica Industriale s.r.l. citò al giudizio del Tribunale di Milano la società Immobiliare Galdino s.a.s. di Aurelio Quagliotti & C.,al fine di sentirla condannare al risarcimento dei danni conseguenti all’abbattimento di alberi di altro fusto e danneggiamento di impianti in un cortile-giardino comune, interposto tra gli immobili delle parti.

La domanda, cui aveva resistito la convenuta, sulla scorta delle prove testimoniali e della consulenza tecnica di ufficio, con sentenza del 12:9-4.10.01,venne accolta, nella misura di L. 8.595.000, oltre rivalutazione, interessi e rimborso delle spese di lite. Proposto appello dalla soccombente, resistito dall’appellata, con proposizione di appello incidentale, con sentenza del 26.5- 16.7.04, la Corte di Milano, respinse i reciproci gravami e condannò l’appellante principale alle spese,in misura di 5/6 compensandole per il resto.

Tali, in sintesi, le ragioni della suddetta decisione:

a) era pacifica la circostanza che la convenuta avesse, nel luglio 1988, proceduto all’abbattimento di alberi di alto fusto, arbusti e rampicanti, vegetanti nell’area interposta tra il proprio stabile e quello dell’attrice;

b) dal titolo d’acquisto dell’immobile della convenuta risultava la destinazione a cortile comune dello spazio interposto tra l’immobile ceduto e la restante proprietà del venditore,successivamente acquistata dall’attrice “con tutti gli inerenti diritti e pertinenze”;

c) la questione,dibattuta in altri giudizi,dell’appartenenza dell’area in questione,non rilevava nella presente controversia,di natura risarcitoria,tenuto conto dell’accertata destinazione convenzionale a cortile comune, comprovata anche dalla documentata circostanza che alle spese di manutenzione del “giardinetto” avesse contribuito la convenutaci che escludeva anche la prescrizione del vincolo;

d) dalla prova testimoniale era emerso che gli alberi abbattutici pini di alto fusto erano tutti,tranne uno,in buone condizioni e correttamente piantati su “terra di copertura di solette”, circostanze che escludevano anche l’addotta esimente di aver agito allo scopo di evitare danni a terzi per paventate cadute;

e) assolvendo detti alberi a funzione di pregio ambientale, igienico, sanitario ed estetico, il pregiudizio sofferto dall’attrice, in base al calcolo analitico esposto dal c.t.u., solo genericamente confutato dal ct. di parte convenuta ed altrettanto immotivatamente,per opposte ragioni,dall’appellante incidentale,andava commisurato al valore complessivo degli alberi, senza la riduzione al 50%, in subordine prospettata dall’appellante principale;

f) sfornita di prova era rimasta invece la residua pretesa risarcitoria,relativa al danneggiamento degli impianti di irrigazione e di illuminazione.

Contro la suddetta sentenza la società Immobiliare Galdino ha proposto ricorso per cassazione,affidato a quattro motivi.

Ha resistito la società Elettronica Industriale con controricorso, illustro con successiva memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso vengono dedotte “violazione e falsa applicazione dell’art. 832 c.c., nonchè omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione”.

Premesso che il proprietario ha il diritto di godere della propria cosa in modo pieno ed esclusivo entro i limiti e con gli obblighi stabiliti dall’ordinamento,si lamenta che i giudici di merito non abbiano esaminato la prioritaria questione,costituente antecedente logico necessario di quella dibattuta nel presente giudizio, dell’appartenenza della striscia di terreno su cui insistevano gli alberi. A tal riguardo – si soggiunge – sarebbero stati dalla deducente prodotte,senza essere prese in considerazione,copie delle sentenze emesse in altri due processi, passate in giudicato,ad oggetto di pretese di trasferimento ex art. 2932 c.c., del cortile in questione,entrambe definite con esito negativo, la seconda altresì con pronunzia di risoluzione di una scrittura privata prevedente il trasferimento delle striscia alberata.

Il motivo non merita accoglimento,per la palese irrilevanza delle censure,posto che i giudici di merito hanno accolto la domanda non sulla base dell’accertamento della proprietà attrice,esclusiva o comune,sull’area in questione,bensì ritenendo la stessa convenzionalmente destinata a cortile, con la conseguente configurazione, quanto meno, di un diritto reale su cosa altrui,vale dire di una vera e propria servitù, comportante l’assoggettamento ad un vincolo pattizio, costitutivo di un peso sul diritto di proprietà dell’area e, correlativamente, di un vantaggio, a favore del fondo contiguo, destinato a ricevere aria e luce dal cortile.

Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1325, 1346, 1418 cod. civ., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione,per non essere stata dichiarata la nullità della convenzione sopra indicata,per indeterminatezza del relativo oggetto, non essendo possibile individuare, dal contenuto dell’atto, l’estensione ed i confini della striscia di terreno destinata a cortile.

Il motivo è inammissibile: a) perchè da ritenersi nuovo,non precisandosi (in assenza di alcuna menzione nella sentenza impugnata) in quale atto della fase di merito sia stata proposta la corrispondente eccezione che,seppur funzionale ad una nullità rilevabile di ufficio, implicherebbe un’indagine interpretativa,e quindi un accertamento di fatto,che non può essere compiuta in questa sede; b) per difetto,comunque, di autosufficienza, non essendo nel mezzo d’impugnazione riportato il preciso tenore letterale della clausola, così non consentendo a questa corte di valutare, la decisività del punto su cui vi sarebbe stata la dedotta carenza di motivazione.

Con il terzo motivo si deduce,in subordine, “violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1364, 1366 c.c. nonchè omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione”, sostenendosi che, anche nell’ipotesi di validità della clausola in questione, il vincolo avrebbe comportato soltanto l’obbligo di mantenere la destinazione dell’area “a cortile”, vale a dire ad assicurare aria e luce agli immobili circostanti non anche, non essendo tanto previsto nella convenzione, ad adibire la stessa a giardino.

La censura è fondata.

Premesso che per “cortile” deve intendersi un’area scoperta compresa all’interno di un edificio,oppure tra due o più corpi di fabbrica,destinata a dare aria e luce agli ambienti circostanti (v., tra le altre nn. 7889/00, 2255/00, 1039/91), il supposto più ampio vincolo convenzionale di destinazione,connesso alla ritenuta natura di “giardino”,vale dire di area adibita “a verde”,in funzione estetica ed ambientale,non risulta giustificato dalla clausola contrattuale,riportata nella motivazione,in cui nessuna menzione figura di tale più ampia e specifica funzione, cui sarebbe stato adibito il “cortile comune” menzionato dalle parti. Nè avrebbe potuto il giudice di merito, vertendosi in ipotesi di costituzione di un diritto reale,i cui elementi essenziali avrebbero necessariamente dovuto rinvenirsi nell’atto scritto che ne costituiva la fonte,desumere tale destinazione,ancor più specifica di quella cortilizia nel senso proprio sopra precisato,desumerla dal successivo comportamento delle parti (nella specie dalla contribuzione da parte dell’attrice alle spese di manutenzione anche delle piante),che avrebbe potuto assumere rilevanza,ex art. 1362 c.c., comma 2, soltanto nell’ipotesi in cui il senso letterale delle espressioni adoperate dai contraenti avesse lasciato adito a dubbi,circa l’effettiva intenzione degli stessi. Avrebbero dovuto,invece,i giudici di merito,al fine di giustificare il convincimento che l’asservimento de quo fosse stato comprensivo dell’obbligo di conservare la vegetazione arborea, eventualmente già presente in sito, rinvenire altri elementi testuali nell’ambito del citato atto, idonei a connotare negli specifici termini ritenuti il costituito ius in re aliena;ma. al riguardo la motivazione risulta carente,limitandosi a dare per scontata e confermare quella equivalenza, espressa nell’endiadi “cortile -giardino” di cui alla decisione di primo grado, che avrebbe invece richiesto una specifica indagine sull’effettivo contenuto e sulla relativa portata dell’atto costitutivo.

Il quinto subordinato motivo,relativo al quantum risarcitorio,resta assorbito.

La sentenza impugnata va,conclusivamente,cassata in relazione alle accolte censure, con rinvio ad altra sezione della corte di provenienza, cui si demanda anche il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta i primi due motivi di ricorso,accoglie il terzo, dichiara assorbito il quarto,cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, ad altra sezione della Corte d’Appello di Milano.

Così deciso in Roma, il 8 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 20 aprile 2011

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