Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9059 del 18/05/2020
Cassazione civile sez. VI, 18/05/2020, (ud. 12/12/2019, dep. 18/05/2020), n.9059
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –
Dott. CIGNA Mario – Consigliere –
Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –
Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –
Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al numero 10576 dell’anno 2018, proposto da:
E.A. (C.F.: (OMISSIS)) rappresentato e difeso
dall’avvocato Vito Galbo (C.F.: (OMISSIS));
– ricorrente –
nei confronti di:
UNIPOLSAI ASSICURAZIONI S.p.A. (C.F.: (OMISSIS)), quale Impresa
Designata per la liquidazione dei sinistri a carico del F.G.V.S. per
la regione Sicilia, in persona del procuratore speciale
C.A.R. rappresentato e difeso dall’avvocato Tommaso Spinelli
Giordano (C.F.: (OMISSIS));
– controricorrente –
per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Palermo n.
1664/2017, pubblicata in data 29 giugno 2017;
udita la relazione sulla causa svolta nella camera di consiglio in
data 12 dicembre 2019 dal consigliere Dott. Tatangelo Augusto.
Fatto
RILEVATO
che:
E.A. ha agito in giudizio nei confronti di Fondiaria Sai S.p.A. (oggi UnipolSai Assicurazioni S.p.A.), quale Impresa Designata alla liquidazione dei sinistri a carico del Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada per la Regione Sicilia, per ottenere il risarcimento dei danni subiti in occasione di un incidente stradale avvenuto in data 26 luglio 2003.
La domanda è stata rigettata dal Tribunale di Trapani – Sezione distaccata di Alcamo.
La Corte di Appello di Palermo ha confermato la decisione di primo grado.
Ricorre l’ E., sulla base di due motivi.
Resiste con controricorso UnipolSai Assicurazioni S.p.A..
E’ stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, 376 e 380 bis c.p.c., in quanto il relatore ha ritenuto che il ricorso fosse destinato ad essere dichiarato inammissibile e/o manifestamente infondato.
E’ stata quindi fissata con decreto l’adunanza della Corte, e il decreto è stato notificato alle parti con l’indicazione della proposta.
La società controricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 2.
Il collegio ha disposto che sia redatta motivazione in forma semplificata.
Diritto
CONSIDERATO
che:
1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia “Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n,. 5. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oigetto di discussione tra le parti”.
Il motivo è inammissibile.
Il ricorrente non indica un preciso fatto storico, decisivo e controverso, il cui esame sarebbe stato omesso dalla corte di appello. Le censure consistono sostanzialmente nella denuncia della omessa o inadeguata valutazione di elementi istruttori a sostegno delle prospettazioni di parte.
In proposito, va ribadito che “l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisi-vità”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie” (Cass., Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629831 – 01; conf.: Sez. 6 – 3, Sentenza n. 25216 del 27/11/2014, Rv. 633425 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 9253 del 11/04/2017, Rv. 643845 – 01; Sez. 2, Ordinanza n. 27415 del 29/10/2018, Rv. 651028 – 01)
Tenuto conto che la corte di appello ha comunque preso in considerazione i fatti storici principali, il motivo di ricorso si risolve, in realtà, nella richiesta di una nuova e diversa valutazione delle prove acquisite e/o nella contestazione di accertamenti di fatto adeguatamente motivati dai giudici di merito, il che certamente non è consentito in sede di legittimità.
2. Con il secondo motivo si denunzia “Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Violazione dell’art. 24 Carta Costituzionale e dell’art. 2697 c.c. e art. 115 c.p.c., comma 2”.
Il motivo è in parte inammissibile ed in parte manifestamente infondato.
Le censure di violazione dell’art. 2697 c.c. e art. 115 c.p.c. non risultano effettuate con la necessaria specificità, in conformità ai canoni a tal fine individuati dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass., Sez. U, Sentenza n. 16598 del 05/08/2016, Rv. 640829 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 11892 del 10/06/2016, Rv. 640192 – 01, 640193 – 01 e 640194 01).
In particolare, sussiste un evidente difetto di specificità dell’impugnazione, anche ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, laddove si assume che le allegazioni in fatto contenute nell’atto introduttivo del giudizio non erano state oggetto di specifiche contestazioni da parte della compagnia convenuta, senza alcun preciso richiamo al contenuto dei relativi atti difensivi, nè in via diretta (mediante la trascrizione della parte rilevante di detti atti) nè in via indiretta (mediante la precisa indicazione dell’esatta allocazione degli stessi nel fascicolo processuale, con la puntuale localizzazione delle parti rilevanti del relativo contenuto).
D’altra parte, le contestazioni relative alla pretesa violazione dell’art. 2697 c.c., nonchè dello stesso art. 2054 c.c., si risolvono anch’esse, in sostanza, nella richiesta di una nuova e diversa valutazione delle prove acquisite e/o nella contestazione di accertamenti di fatto adeguatamente motivati dai giudici di merito, il che non è consentito in sede di legittimità.
3. Il ricorso è rigettato.
Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.
Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.
PQM
La Corte:
– rigetta il ricorso;
– condanna il ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore della società controricorrente, liquidandole in complessivi Euro 8.800,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali ed accessori di legge.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per il (versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 12 dicembre 2019.
Depositato in cancelleria il 18 maggio 2020