Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9059 del 15/04/2010

Cassazione civile sez. III, 15/04/2010, (ud. 11/03/2010, dep. 15/04/2010), n.9059

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI NANNI Luigi Francesco – Presidente –

Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – rel. Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 3686-2006 proposto da:

Z.P. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA CUNFIDA 20, presso lo studio dell’avvocato OLIVETI FRANCESCO, che

la rappresenta e difende unitamente all’avvocato BUZZI EURO giusta

delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

F.A.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIALE MAZZINI 114-B, presso lo studio dell’avvocato MELUCCO

GIORGIO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALEFFI

SALVATORE giusta delega in calce al controricorso;

M.C.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA EZIO 24, presso lo studio dell’avvocato PEZZANO GIANCARLO,

che lo rappresenta e difende giusta delega a margine del

controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 560/2005 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE, 2^

SEZIONE CIVILE, emessa il 15/6/2005, depositata il 11/08/2005, R.G.N.

444/2002;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/03/2010 dal Consigliere Dott. ANGELO SPIRITO;

udito l’Avvocato FRANCESCO OLIVETI;

udito l’Avvocato GIANCARLO PEZZANO; udito l’Avvocato GIORGIO MELUCCO;

udito l’Avvocato SALVATORE ALEFFI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Libertino Alberto che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Z. denunziò i dottori F. e M. per il reato di falsa perizia, con riferimento ad un elaborato redatto dai professionisti in una causa civile di risarcimento dei danni (causa intentata dalla stessa Z. contro una casa di cura in cui aveva subito un intervento chirurgico). I professionisti furono assolti nel giudizio di merito penale, ma questa Corte, su ricorso della parte civile, annullò la sentenza della Corte d’appello triestina, con rinvio al giudice civile.

La Z. riassunse, dunque, il giudizio nei confronti del F. e del M. per ottenerne la condanna alla rifusione delle spese sostenute, nonchè per il risarcimento del danno non patrimoniale subito. La Corte d’appello di Trieste respinse la domanda con sentenza ora impugnata per cassazione dalla Z. attraverso due motivi. Si difendono con controricorso gli intimati.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente censura la sentenza impugnata per avere ammesso le produzioni documentali della controparte, in violazione – sostiene – degli artt. 394 e 345 c.p.c..

Il motivo è infondato.

E’ consolidato, nella giurisprudenza di legittimità, il principio in ragione del quale nel giudizio di rinvio, dato il carattere “chiuso” del relativo procedimento, che comporta che la controversia deve essere riproposta nello stato di istruzione nel quale fu pronunciata la sentenza cassata, non è consentita la produzione di nuovi documenti, salvo che fatti sopravvenuti o la stessa sentenza di cassazione rendano necessaria un’ulteriore attività probatoria (Cass. n. 12276/2000; n. 2085/2002).

A questo argomento la sentenza dedica un’ampia ed approfondita argomentazione attraverso la quale, preso atto del summenzionato indirizzo, spiega, innanzitutto, che i documenti in questione si sono formati in larga parte dopo la definizione della precedente fase del merito e, poi, che la relativa produzione è strumentale alla mera conferma di considerazioni già compiutamente svolte nella detta fase. Segue, poi, effettivamente un’ampia ricostruzione del fatto dalla quale ricava la sintetica conclusione che in entrambi i giudizi di merito i medici erano stati assolti, benchè con diversa formula, dal reato di falsa perizia loro ascritto e che la stessa Z. aveva impugnato la sentenza del GUP triestino, benchè lodandola come “esemplare”.

Infondato è anche il secondo motivo, con il quale la ricorrente sostiene che la sentenza avrebbe disatteso i corollari affermati dalla Corte di cassazione in sede penale. A tal riguardo basta dire che il passo della sentenza di legittimità trascritto nel ricorso non è affatto significativo ai fini della tesi che si vuole sostenere, posto che la S.C. s’è limitata, in quella sede, a svolgere un discorso tecnico-giuridico rilevante l’erroneità della formula assolutoria utilizzata il fatto non sussiste), laddove, invece, la mancanza di dolo costitutivo del reato avrebbe imposto la formula il fatto non costituisce reato. Su questa linea s’è, dunque, posta la sentenza impugnata, concludendo che non poteva dirsi affatto raggiunta la prova circa la commissione del delitto di falsa perizia.

Il ricorso deve essere, pertanto, respinto, con condanna della ricorrente a rivalere ciascuna delle controparti delle spese sopportate nel giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge, in favore di ciascuno dei resistenti.

Così deciso in Roma, il 11 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 15 aprile 2010

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