Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9055 del 15/04/2010

Cassazione civile sez. III, 15/04/2010, (ud. 08/03/2010, dep. 15/04/2010), n.9055

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VARRONE Michele – Presidente –

Dott. PETTI Giovanni Battista – Consigliere –

Dott. TALEVI Alberto – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

MERIPAN DI ANGELO MORMILE S.A.S. (OMISSIS) in persona del legale

rappresentante p.t. M.N., elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA EZIO 19, presso lo studio dell’avvocato ALLIEGRO MICHELE,

rappresentata e difesa dagli avvocati BIFULCO SALVATORE, BIFULCO

RAFFAELE giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

C.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA ARCHIMEDE 164, presso lo studio dell’avvocato GHIRON

GIORGIO, rappresentato e difeso dall’avvocato DE GIORGIO CARLO giusta

delega in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3085/2005 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, 4^

SEZIONE CIVILE, emessa il 22/4/2005, depositata il 09/11/2005, R.G.N.

1472/2003;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

08/03/2010 dal Consigliere Dott. ANNAMARIA AMBROSIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice che ha concluso per l’accoglimento.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.1. Con sentenza in data 28-10-2002, il Tribunale di Napoli accoglieva l’opposizione proposta da C.G., dichiarando che la MERIPAN s.a.s. di M.A. (di seguito, brevemente, MERIPAN) non aveva diritto di procedere ad esecuzione forzata nei confronti dell’opponente e nulli il precetto notificato il (OMISSIS), il pignoramento notificato il (OMISSIS) e i successivi atti esecutivi; rigettava la domanda riconvenzionale della MERIPAN e compensava le spese di lite.

Il Tribunale ravvisava l’esistenza di un precedente giudicato inter partes che precludeva alla MERIPAN di richiedere il saldo prezzo di cui agli effetti cambiari posti a base dell’opposizione.

1.2. La decisione, gravata da impugnazione della MERIPAN e in via incidentale dal C., era confermata dalla Corte di appello di Napoli, la quale con sentenza in data 22-4/9-11-2005 rigettava l’appello principale e, in parziale accoglimento di quello incidentale, compensava per la metà le spese del primo grado, come quelle di appello, ponendo a carico della MERIPAN l’altra metà.

1.3. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione la MERIPAN svolgendo un unico motivo.

Ha resistito C.G., depositando controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con un unico articolato motivo di ricorso, rubricato come “violazione e falsa applicazione dell’art. 346 c.p.c.”, la MERIPAN lamenta che la Corte di appello, facendo riferimento al precedente giudizio inter partes, avente ad oggetto i precetti notificati dalla stessa società al C. in data 5-6-1989 e 14-6-1939, abbia interpretato in maniera errata l’articolo in rubrica, escludendo che si fosse formato il “giudicato parziale interno” sul secondo dei due precetti e ravvisando, invece, un giudicato implicito preclusivo del diritto di azionare le cambiali di cui al precetto notificato il 12-6- 1991, oggetto della presente opposizione.

1.1. A tal riguardo la sentenza impugnata chiarisce che le cambiali, il cui pagamento è stato intimato con il precetto notificato il 12-6- 1991, oggetto di opposizione in questa sede (e non già con “i precetti notificati in data 12 giugno 1991”, come si legge nella parte espositiva della sentenza) erano già state poste a base del precetto notificato il 14-6-1989 e precisa, altresì, che è provato e, comunque, pacifico tra le parti il rapporto causale sottostante ai titoli precettati, individuato nella compravendita di macchinari per la panificazione, in relazione alla quale, nel precedente giudizio, il C. aveva formulato domanda di risoluzione per vizi. In tale contesto la Corte di appello ha ritenuto che il precedente giudicato inter partes, contenente la dichiarazione di inefficacia del precetto cambiario notificato in data 5-6-1989 e di risoluzione parziale del contratto di vendita di macchinari, “coprisse” ogni questione in ordine al rapporto sottostante e all’obbligazione dell’acquirente, con la forza del giudicato implicito, implicando la relativa statuizione l’accertamento sia del valore dei macchinari forniti, sia del prezzo da corrispondere dal C.. In particolare la Corte territoriale – pur riconoscendo (cfr. penultima pagina della sentenza) che, nel precedente giudizio tra le parti, non intervenne alcuna pronuncia sulla domanda di accertamento negativo del C. ex art. 615 c.p.c. (e cioè sull’opposizione al precetto notificato il 14-6-1989, avente ad oggetto le cambiali, poi azionate con il precetto qui opposto), nè da parte del Tribunale, nè da parte della Corte di appello – ha osservato che, in sede di legittimità, si era ritenuto che l’omissione non pregiudicasse il C., dal momento che costui aveva conseguito, con la pronuncia di secondo grado, gli effetti restitutori della risoluzione parziale del contratto.

Dal rilievo che era stata emessa condanna restitutoria a carico della MERIPAN s.a.s. con efficacia di giudicato inter partes, la Corte di appello ha, dunque, desunto l’insussistenza di un residuo credito della società, escludendo la possibilità per la medesima di procedere all’esecuzione forzata in forza delle cambiali pacificamente riferibili al rapporto parzialmente risolto.

1.2. In contrario senso osserva la ricorrente che la sentenza impugnata muove da un presupposto errato e, cioè, dal rilievo che la domanda proposta dal C. relativamente al precetto notificato il 14-6-1989 (genericamente denominata “opposizione in prospettiva dell’esecuzione da intraprendere”) e riunita all’opposizione del C. avverso il precetto notificato in data 5-6-1989, fosse stata reiterata in appello; precisa che su detta domanda non vi era stata nessuna pronuncia nè da parte del Tribunale (che, con sentenza n. 10821/1993, si era limitato a rigettare l’opposizione a precetto), nè da parte della Corte di appello (che, con sentenza n. 2309/1996 aveva accolto l’opposizione a precetto notificato il 5-6-1989 e dichiarato la parziale risoluzione del contratto di compravendita inter partes, limitandola a due macchinari e ordinando alla MERIPAN la restituzione della somma di L. 7.638.558); mentre la Cassazione (che, con sentenza n. 5547/1999 aveva rigettato tanto il ricorso principale della MERIPAN, quanto quello incidentale del C.) aveva “(inspiegabilmente) preso in considerazione la riproposizione della domanda nel ricorso incidentale del C.” inteso a lamentare la mancata pronuncia di inefficacia del precetto notificato in data 14-6-1989 e “invece di pronunciare la evidente inammissibilità del motivo di ricorso, per non essere stata (la relativa domanda) riproposta nel precedente 2^ grado del giudizio di merito” (cfr. pag. 10 in ricorso) si era limitata a rilevare la carenza di interesse del ricorrente incidentale alla pronuncia, per avere costui, comunque, conseguito con la pronuncia di secondo grado gli effetti restitutori della risoluzione parziale del contratto.

Dalla mancata riproposizione da parte del C. della domanda relativa al precetto notificato in data 14-6-1989, con conseguente rinuncia alla stessa domanda, deriverebbe – secondo parte ricorrente – il “passaggio in giudicato della sentenza del Tribunale di Napoli n. 10821/1993, che precede cronologicamente quella della Corte di appello n. 2309/1996”, con conseguente diritto della MERIPAN ad azionare le cambiali di cui allo stesso precetto (pag. 10 del ricorso); mentre – sempre a parere della ricorrente – la rilevata esistenza del giudicato implicito sarebbe inappropriata nel caso di specie e si fonderebbe “su un palese salto logico”; in particolare non vi sarebbe alcun rapporto di pregiudizialità logico-giuridica tra la questione espressamente risolta (inefficacia del precetto del 5-6-1989) e questione implicitamente risolta, ostandovi, tra l’altro, l’astrattezza dei titoli cambiari.

2. Il ricorso va dichiarato inammissibile, dovendosi rilevare, sotto molteplici profili, l’inottemperanza al disposto dell’art. 366 c.p.c., n. 4.

2.1. Nel procedimento civile il controllo di legittimità sulle pronunce dei giudici di merito non si configura, infatti, come terzo grado di giudizio, bensì come uno strumento preordinato all’annullamento delle pronunzie viziate da violazione di norme, ovvero da omessa o insufficiente o contraddittoria motivazione che le parti devono denunciare in modo espresso e specifico, con puntuale riferimento a una o più delle ipotesi previste dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nelle forme e con i contenuti prescritti dall’art. 366 c.p.c..

In particolare, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, il disposto dell’art. 366 c.p.c., cit., n. 4,richiede, a pena di inammissibilità, che, qualunque sia il tipo di errore denunciato, tra quelli tassativamente previsti dall’art. 360 c.p.c., i motivi posti a fondamento dell’invocata cassazione della decisione impugnata debbono avere i caratteri della specificità, della completezza, e della riferibilità alla decisione stessa. Il che, tra l’altro, comporta: l’onere di indicazione della violazione di legge, nella quale sarebbe incorsa la pronunzia di merito, non essendo al riguardo sufficiente un’affermazione apodittica non seguita da alcuna dimostrazione, dovendo il ricorrente porre la Corte di legittimità in grado di orientarsi tra le argomentazioni in base alle quali si ritiene di censurare la sentenza impugnata e di assolvere, così, il compito istituzionale di verificare il fondamento della suddetta violazione (Cass. n. 13066/2007); l’esposizione di ragioni che illustrino in modo intelligibile ed esauriente le dedotte violazioni di norme o principi di diritto ovvero le carenze della motivazione, restando estranea al giudizio di cassazione qualsiasi doglianza che riguardi pronunzie diverse da quella impugnata (Cass. n. 17125/2007);

nonchè, nell’ipotesi che si facciano valere vizi di motivazione della sentenza, impugnata a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 5, la precisa indicazione di carenze o lacune nelle argomentazioni sulle quali si basano la decisione o il capo di essa censurato, ovvero la specificazione d’illogicità, consistenti nell’attribuire agli elementi di giudizio considerati un significato fuori dal senso comune, od ancora la mancanza di coerenza fra le varie ragioni esposte, quindi l’assoluta incompatibilità razionale degli argomenti e l’insanabile contrasto degli stessi (Cass. n. 3904/2000). Tutto ciò in funzione dell’esigenza che il ricorso abbia l’autonomìa necessaria a consentire, senza il sussidio di altre fonti, l’immediata e pronta individuazione delle questioni da risolvere, non essendo la Corte di Cassazione tenuta a ricercare, al di fuori del contesto del ricorso, le ragioni che dovrebbero sostenerlo (Cass. n. 18242/2003).

2.1.1. Merita puntualizzare che il principio di specificità, sanzionato dall’art. 366 c.p.c., cit., n. 4 è speculare a quello della tassatività dei motivi di ricorso, posto che il giudizio di cassazione è a critica vincolata, delimitato dai motivi di ricorso.

Il singolo motivo, infatti, anche prima della riforma introdotta con il D.Lgs. n. 40 del 2006, assume, nel giudizio di cassazione, una funzione identificativa condizionata dalla sua formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative di censura formalizzate con una limitata elasticità dal legislatore. La tassatività e la specificità del motivo di censura esigono, quindi, una precisa formulazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche di censura enucleate dal codice di rito. (Cass. 03/07/2008, n. 18202).

In sostanza il ricorrente per cassazione ha l’onere di indicare con precisione gli asseriti errori contenuti nella sentenza impugnata e di svolgere specifiche censure esaminabili dal giudice di legittimità sulle singole conclusioni tratte dal giudice del merito in relazione alla fattispecie decisa in quanto, per la natura di giudizio a critica vincolata propria del processo di Cassazione, il singolo motivo assolve alla funzione di condizionare il devolutum della sentenza impugnata.

2.2. Ciò premesso in via di principio, si rileva che nel ricorso all’esame – dopo che è stata preannunziata, in maniera generica, la proposizione di “motivi di diritto” (cfr. pag. 8) – segue l’intestazione di un unico motivo (“violazione e falsa applicazione dell’art. 346 c.p.c.”), nell’ambito del quale viene svolta una nebulosa esposizione delle vicende relative all’altro processo tra le parti, in relazione alle quali, da un lato, si lamenta che “la sentenza impugnata interpreta in maniera errata l’articolo in rubrica” e abbia, in tal modo, rigettato l’eccezione di “giudicato parziale interno sul precetto”, e, dall’altro, si contesta l’esistenza del giudicato implicito, ravvisato dai giudici di appello, sulla non debenza del residuo prezzo della compravendita di macchinar (individuato come rapporto sottostante alle cambiali precettate).

Ciò posto e considerata la carenza, in ricorso, dell’espressa indicazione di uno dei motivi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, le alternative che si pongono sono le seguenti, comunque, conducenti all’inammissibilità del ricorso.

2.2.1. Innanzitutto ove si ritenga – come lasciano intendere non solo il testuale tenore della rubrica, ma anche certi rilievi critici sopra riportati e (inammissibilmente) rivolti anche avverso la sentenza di legittimità emessa nel precedente giudizio inter partes – che la ricorrente abbia inteso denunciare un error in procedendo in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, il ricorso è inammissibile, perchè il motivo di censura non è certamente riferibile alla sentenza impugnata. In buona sostanza ciò che la MERIPAN lamenta è, infatti, che nell’altro giudizio, il C. avrebbe dovuto essere dichiarato decaduto ex art. 346 c.p.c., dall’opposizione al precetto notificato il 14 giugno 1989.

Non appare superfluo aggiungere che lo stesso concetto di “giudicato parziale interno sul precetto”, che, a parere della ricorrente, dovrebbe conseguire alla corretta applicazione dell’art. 346 c.p.c., si rivela implausibile proprio alla luce delle premesse assunte. In altri termini se – per quanto afferma la stessa ricorrente – non vi fu alcuna pronuncia sulla relativa opposizione, non si spiega come e in quali termini possa essersi formato “un giudicato sul precetto” (id est, sul diritto a procedere in base al precetto del 14 giugno 1989 e, poi, di riflesso, sul diritto ad azionare le stesse cambiali con il successivo precetto del 12 giugno 1991).

2.2.2. Ma anche nell’eventualità che – forzando il tenore letterale della rubrica e prendendo spunto, piuttosto, dagli argomenti svolti nell’ultima parte del ricorso – dovesse ritenersi che la ricorrente, deducendo l’errore di interpretazione dell’art. 346 c.p.c., abbia, in realtà, inteso lamentare un errore nell’interpretazione del contenuto precettivo del giudicato esterno e nell’individuazione dei suoi limiti, il ricorso risulterebbe, comunque, inammissibile, per difetto dei richiamati principi di tassatività e specificità.

Invero – esclusa, ad onta della mera deduzione del “salto logico” in cui sarebbero incorsi i giudici a quibus, la configurabilità della censura di tipo logico-motivazionale di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, in considerazione sia della natura della questione, sia, anche, dell’espressa individuazione delle ragioni dell’impugnazione in “motivi di diritto” – si osserva che, anche a volere prefigurare il motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorso si rivela carente dei requisiti necessari a non ingenerare incertezze sulla sua formulazione e sulla correlativa valutazione di ammissibilità;

all’uopo rivelandosi, da un lato, non pertinente il referente normativo individuato nell’art. 346 c.p.c., e, dall’altro, insufficienti la mera trascrizione di massime giurisprudenziali e il richiamo ad opinioni dottrinali in materia di giudicato implicito, senza una specifica esposizione ed un’esauriente dimostrazione delle ragioni per le quali il giudice di merito, nel pervenire alle conclusioni esposte nella sentenza impugnata, abbia operato in contrasto con i principi richiamati.

2.2.3. Valga considerare che non si può pretendere di introdurre, in questa sede, una verifica esterna rispetto al precedente giudicato, qual è quella sollecitata da parte ricorrente con la denuncia di violazione e falsa applicazione dell’art. 346 c.p.c.. Invero l’interpretazione del contenuto decisorio del giudicato deve essere diretta a individuare l’essenza e l’effettiva portata della decisione, ricavandola anche dalla motivazione e, quindi, dal contenuto attribuito dalla sentenza stessa alla domanda giudiziale, individuando, cioè, un elemento interno alla stessa sentenza, quale è la domanda come percepita e riportata dal giudice nella sentenza passata in giudicato (cfr. Cass., sez. un., 17 marzo 1998, n. 2874;

Cass. 17.2.2000, n. 1773; Cass. 27.4.1996, n. 3916).

2.2.4. Per altro verso l’argomento svolto in ricorso al fine contestare l’esistenza del “giudicato implicito” – e, cioè, il rilievo che il giudicato era limitato alla pronuncia di nullità del precetto del 5 giugno 1989 e non aveva riguardato il precetto del 14 giugno 1989, con conseguente impossibilità di desumerne il diritto della MERIPAN di procedere ad esecuzione “in base all’altro precetto mai dichiarato nullo” – si rivela eccentrico rispetto al decisum, incorrendo nella sanzione di inammissibilità, per la mancata correlazione con le ragioni della decisione. Ciò in quanto la sentenza impugnata poggia il suo fondamento nella considerazione che – pacifica la riferibilità causale dei precetti in discussione alla compravendita di macchinar – il giudicato era intervenuto vuoi sulla nullità del primo dei due precetti, vuoi, anche, sul diritto alla restituzione di parte del prezzo, di modo che esso non poteva non comportare (a prescindere, quindi, dalla circostanza che non vi fosse stata alcuna pronuncia di nullità e/o inefficacia dell’altro precetto del 14-6-1989) l’affermazione della non debenza di ulteriori somme in base allo stesso rapporto.

2.2.5. E’ il caso di aggiungere che neppure giova alla chiarezza dell’individuazione del tipo e dell’oggetto delle censure che si intendono proporre avverso la decisione impugnata il riferimento all’astrattezza dei titoli cambiar. Invero l’allegazione difensiva deve confrontarsi – prima ancora che con la precisa individuazione del rapporto causale contenuta nella sentenza impugnata – con altri argomenti svolti in ricorso, da cui si evince la conferma, proveniente dalla stessa ricorrente, sia della coincidenza delle cambiali di cui al precetto qui opposto con quello notificato il 14-6- 1989, sia della riferibilità delle stesse cambiali alla compravendita dei macchinari. E allora occorreva chiarire, in quali termini, la dedotta astrattezza propria dei titoli cambiar risulterebbe rilevante con riguardo alla fattispecie in oggetto, specificando l’errore in cui sarebbe incorsa la sentenza impugnata e le diverse conclusioni cui occorreva pervenire, al fine di consentire a questa Corte di assolvere il suo compito istituzionale di verificare il fondamento della censura formulata con riferimento a una o più delle ipotesi previste dall’art. 360 c.p.c., comma 1.

2.3. In definitiva, sotto tutti i profili sopra individuati, il ricorso si rivela carente dei requisiti richiesti, a pena di inammissibilità, dall’art. 366 c.p.c., n. 4. E’ evidente, poi, che il mancato superamento della soglia di ammissibilità non consente a questa Corte di esaminare i contenuti della sentenza di legittimità, emessa nel precedente giudizio tra le parti, cui ha fatto riferimento il P.G. in udienza.

La particolare complessità della vicenda processuale, per le interconnessioni con il precedente giudizio tra le parti, nonchè il rilievo di ufficio dell’inammissibilità del ricorso, inducono a ravvisare i giusti motivi per la compensazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e compensa interamente tra le parti le spese del giudizio di Cassazione.

Così deciso in Roma, il 8 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 15 aprile 2010

 

 

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