Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9048 del 15/04/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Ord. Sez. 6 Num. 9048 Anno 2013
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: CARACCIOLO GIUSEPPE

ORDINANZA
sul ricorso 13336-2011 proposto da:
PETRACCA

ANDREA

PTRNDR55D10A662Q,

elettivamente

domiciliato in ROMA, PIAZZA DI PONTE LUNGO 11/A,
presso lo studio dell’avvocato MARIA TARANTINO,
rappresentato e difeso dall’avvocato DI SALVO
GIOVANNI, giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE ENTRATE 06363391001 in persona del
Direttore Generale pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta
e difende, ope legis;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 15/04/2013

avverso la sentenza n. 154/24/2010 della Commissione
Tributaria Regionale di PALERMO del 4.6.2010,
depositata il 10/12/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 27/02/2013 dal Consigliere Relatore

E’ presente il Procuratore Generale in persona del
Dott. PASQUALE FIMIANI.

Dott. GIUSEPPE CARACCIOLO.

La Corte, ritenuto
che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la
seguente relazione:
Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo,

Osserva
La CTR di Palermo ha accolto l’appello dell’Agenzia -appello proposto contro la
sentenza n.138/01/2007 della CTP di Palermo che aveva accolto il ricorso di Petracca
Andrea- ed ha così confermato l’avviso di accertamento concernente IRPEF-IRAP
per l’ anno 2001, adottato sulla premessa che il contribuente (medico ospedaliero)
avesse esercitato anche attività di lavoro autonomo e prodotto coerenti ricavi, non
fiscalmente dichiarati, siccome desunti dalle indagini espletate sui conti correnti
bancari di quest’ultimo.
La predetta CTR ha motivato la decisione nel senso che l’art.32 del DPR n.600/1973
impone di considerare (presuntivamente) come ricavi sia i prelievi che i versamenti
risultanti sui conti correnti bancari, salva per il contribuente la facoltà di prova
contraria, che nella specie non era stata integrata.
La parte contribuente ha interposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
L’Agenzia si è costituita con controricorso.
Il ricorso — ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore- può essere
definito ai sensi dell’art.375 cpc.
Il primo motivo di impugnazione

(improntato al vizio di insufficiente o

contraddittoria motivazione) non appare fondato su argomenti coerenti con
l’archetipo del vizio fatto valere in rubrica.
La parte ricorrente lamenta —infatti- che la CTR non si sia affatto occupata della
questione concernente la sussistenza dei presupposti previsti dalla legge per la
legittima esecuzione delle indagini bancarie e che neppure si sia occupata della

3

letti gli atti depositati

questione concernente l’applicabilità retroattiva della legge n.311/2004 nella parte in
cui ha riformato l’art.32 del DPR n.600/1973
Ciò posto, basta evidenziare che, secondo l’ indirizzo costante di questa Corte (per
tutte Cass. Sez. 3, Sentenza n. 228 del 10/01/1995):”La violazione o falsa
applicazione di norme di diritto, che, ai sensi dell’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., ricorre

denunciata in Cassazione come vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione, perché tale vizio è riferito dall’art. 360 n. 5 cod. proc. civ. alla
ricostruzione della concreta fattispecie e può dare luogo solo al controllo della
giustificazione del giudizio sulla ricostruzione del fatto…..”.
Che anche nel motivo di ricorso qui in discorso si sia verificato siffatto
fraintendimento è confermato, d’altronde, dalla circostanza che la parte ricorrente
non ha in alcun modo indicato quale sarebbe il “fatto decisivo” in relazione al quale
si assume commesso il vizio lamentato, sicchè è manifesto che la doglianza avrebbe
dovuto essere ascritta ad una tipologia di vizio diversa da quella prescelta
(lamentandosi in concreto la supposta inidonea applicazione della disciplina di
legge).
Con il secondo motivo di ricorso (improntato alla violazione dell’art.32 del DPR
n.600/1973, come novellato dall’art.3 della legge n.212/2000) la parte ricorrente si
duole che il giudice del merito abbia ritenuto applicabile alla specie di causa la norma
dianzi emarginata, per quanto essa non abbia efficacia retroattiva e per quanto la
stessa abbia valenza sostanziale e non procedurale. D’altronde, la doppia presunzione
imposta dalla menzionata disciplina (che siano da considerarsi ricavo sia i
prelevamenti che i versamenti) non si attaglia affatto alla specie di causa (reddito
professionale) perché non è possibile presumere che i prelievi siano stati adoperati
per effettuare acquisti di merce da rivendere.
Anche il secondo motivo appare inammissibilmente formulato.
Anzitutto perché la parte ricorrente (limitandosi a richiamare la novella dell’art.3
della legge n.212/2000) non dettaglia in termini sufficienti quale sarebbe la norma

4

nel caso di errata interpretazione o applicazione di una norma, non può essere

che avrebbe trovato illegittimo ingresso nella fattispecie di causa e come essa sarebbe
stata falsamente applicata dal giudicante, e così incorre nel difetto tanto volte
identificato da questa Corte nella propria giurisprudenza secondo cui:” Il ricorso per
cassazione che contenga mere enunciazioni di violazioni di legge o di vizi di
motivazione, senza consentire, nemmeno attraverso una sua lettura globale, di

argomentazioni che la sostengono, ne’ quindi di cogliere le ragioni per le quali se ne
chieda l’annullamento, non soddisfa i requisiti di contenuto fissati dall’art. 366 n. 4
cod. proc. civ., e, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile”.
In secondo luogo perché la parte ricorrente —allorchè assume inapplicabile alla specie
di causa la disciplina menzionata, sulla scorta del fatto che al contribuente sarebbe
stato contestato il solo esercizio della libera professione- introduce in questa sede una
questione che (non risultando dalla pronuncia appellata che su ciò si sia svolto il
contraddittorio processuale) avrebbe necessitato di analitica delucidazione circa
l’avvenuta proposizione dello stesso thema decidendum anche in appello. In difetto di
ciò il motivo di ricorso non può che ritenersi non adeguato al canone di
autosufficienza e perciò inammissibile.
In definitiva, si ritiene che il ricorso può essere deciso in camera di consiglio per
inammissibilità.
Roma, 10 ottobre 2011

che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli
avvocati delle parti;
che la parte resistente, con atto di data 16.07.2012 ha comunicato che la
procedura deve ritenersi definita ai sensi dell’art.39 comma 12 del D.L. n.98/2011,
atteso che il contribuente ha provveduto al versamento di tutte le somme dovute;
che il Collegio, in adesione a detta istanza, ritiene che il processo debba essere
dichiarato estinto;
che le spese di lite non necessitano di regolazione.

5

individuare il collegamento di tali enunciazioni con la sentenza impugnata e le

P.Q.M.
La Corte dichiara estinto il processo ai sensi dell’art.16 della legge n.289/2002.
Nulla sulle spese.

Così deciso in Roma il 27 febbraio 2013.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA