Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9047 del 20/04/2011

Cassazione civile sez. lav., 20/04/2011, (ud. 02/03/2011, dep. 20/04/2011), n.9047

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

A.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TARANTO 58,

presso lo studio dell’avvocato FARSETTI MASSIMO, rappresentato e

difeso dall’avvocato MORCAVALLO ALESSANDRA, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.A.I.L – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI

INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144,

presso lo studio degli avvocati LA PECCERELLA LUIGI e PUGLISI LUCIA,

giusta procura speciale atto notar CARLO FEDERICO TUCCARI di Roma

dell’11/07/07 rep. 73896;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 477/2007 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 19/03/2007 r.g.n. 1216/02;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

02/03/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE NAPOLETANO;

udito l’Avvocato MASSIMO FARSETTI per delega ALESSANDRA MORCAVALLO;

udito l’Avvocato ROMEO LUCIANA per delega LA PECCERELLA LUIGI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CESQUI Elisabetta, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di Appello di Catanzaro, riformando la sentenza di primo grado, respingeva la domanda di A.A. avente ad oggetto la condanna dell’INAIL alla corresponsione della rendita per malattia professionale revocatagli per insussistenza dei postumi.

La Corte territoriale poneva a base del decisum il rilievo fondante secondo il quale, alla stregua della espletata CTU, doveva ritenersi che la riduzione della capacità lavorativa dell’assicurato non aveva una eziologia di carattere lavorativo.

Avverso tale sentenza l’assicurato ricorre in cassazione articolando due censure.

Resiste con controricorso l’INAIL.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo del ricorso l’assicurato, deducendo violazione degli artt. 112, 342 e 444 c.p.c., formula il seguente quesito di diritto: “se essendo stata appellata la decisione del Tribunale di primo grado con motivo relativo esclusivamente alla decorrenza della maggior misura della rendita riconosciuta, sia conforme a corretta interpretazione ed applicazione degli artt. 112, 342 e 444 c.p.c., la sentenza di secondo grado che rivaluti ab inizio la domanda, verificando attraverso nuova consulenza tecnico medico legale la ricorrenza e la eziologia della patologia denunciata”.

Il motivo è infondato.

Invero se devoluta al giudice di appello la questione della decorrenza della riduzione della capacità lavorativa riconosciuta dal giudice di primo grado, non è affetta da vizio di ultrapetizione la sentenza di appello che accertando la insussistenza di una eziologia di carattere lavorativo della riduzione della capacità lavorativa dell’assicurato, respinga la domanda di quest’ultimo avente ad oggetto la condanna dell’INAIL alla corresponsione della rendita per malattia professionale.

Infatti nella questione concernente la decorrenza della rendita è insita quella della insussistenza dei presupposti previsti dalla legge per il riconoscimento della rendita con la decorrenza riconosciuta dal giudice di primo grado. Conseguentemente il giudice di appello ha correttamente verificato la ricorrenza di detti presupposti in relazione alla decorrenza della rendita sancita dal giudice di primo grado accertando la insussistenza degli stessi ab inizio.

Nè, e vale la pena di sottolinearlo, risulta – o è allegato- che l’appellante, nel giudizio di secondo grado, abbia limitato il devolutimi alla verificazione della riduzione della capacità lavorativa causata da eziologia lavorativa solo a partire da una certa data con ciò limitando il thema decidendum al periodo successivo. Ed invero come emerge chiaramente dalla sentenza impugnata l’INAIL ha inteso con il gravame investire il giudice d’appello sulla questione riguardante il nesso eziologico tra attività lavorativa e la denunziata silicosi.

Con la seconda censura il ricorrente, denunciando violazione di legge e vizio di motivazione pone il seguente quesito: “se in presenza della storia lavorativa probante per esposizione al rischio (inalazione di polvere di silice) ed in assenza di accertamento della tecnopatia con altri elementi diagnostici diversi dagli esami generici, sia conforme a corretta interpretazione ed applicazione della L. n. 780 del 1975, art. 3 che ha abrogato il D.P.R. n. 112 del 1965, art. 142 e delle tabelle allegate al D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, la sentenza che neghi la ricorrenza della malattia professionale e non svolga neppure adeguata indagine sulla eziologia lavorativa della diversa patologia riscontrata a carico sempre dello stesso apparato respiratorio quantomeno a titolo di concausa”.

Osserva, preliminarmente, il Collegio che il motivo in esame con il quale si deducono contemporaneamente violazione di legge e vizi di motivazione è solo in parte ammissibile.

Infatti la censura non è esaminabile in relazione al dedotto vizio di motivazione in quanto, a parte ogni considerazione circa l’ammissibilità della contemporanea deduzione di violazione di legge e di vizio di motivazione – pur negata da alcune sentenze di questa Corte (Cass. 11 aprile 2008 n. 9470 e 23 luglio 2008 n. 20355 e ancora nello stesso senso 29 febbraio 2008 n. 5471, Cass. 31 marzo 2009 n. 7770)- vi e di contro il rilevo assorbente che manca la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione (Cass. 1 ottobre 2007 n. 2063)che si deve sostanziare in una sintesi riassuntiva omologa al quesito di diritto (cfr. Cass. 25 febbraio 2009 n. 4556, Cass. S.U. 18 giugno 2008 n. 16528 e Cass. S.U. 1 ottobre 2007 n. 2063).

Nè del resto può demandarsi a questa Corte di estrapolare dai vari quesiti di diritto e dalla parte argomentativa quali passaggi siano riferibili al vizio di motivazione e quali violazione di legge, diversamente sarebbe elusa la ratio dell’art. 366 bis c.p.c.. Tanto, d’altro canto, corrisponde alla regola della specificità dei motivi del ricorso ex art. 366 c.p.c., n. 4. Nè è consentito a questa Corte di sostituirsi alla parte nella individuazione concreta della situazione di fatto sottesa alla censura (Cass. 23 marzo 2005 n. 6225).

Pertanto in difetto della relativa specificazione la denuncia deve considerarsi per come limitata alla deduzione del solo vizio di violazione di legge (Cass. 9 marzo 2009 n. 5624).

Tanto precisato rileva la Corte che il motivo è infondato.

Il ricorrente lamenta, in sostanza, che la Corte del merito non ha verificato se la patologia riscontrata comunque poteva essere ricondotta ad eziologia lavorativa.

Tuttavia, contrariamente all’assunto del ricorrente, la Corte del merito accerta, in base all’esito della espletata CTU, che “la riduzione della capacità lavorativa presentata dall’ A. non ha una eziologia di carattere lavorativo”. Tanto del resto, trova specifico riscontro, come sottolineato dalla stessa Corte territoriale, negli accertamenti e conclusioni del CTU che esclude la natura professionale della malattia di cui è portatore l’assicurato.

La censura, quindi, non tenendo conto dell’esatto iter logico giuridico seguito nella sentenza impugnata è infondata non essendo conferente alla specifica ratio della decisione di cui si chiede l’annullamento.

Il ricorso, pertanto, va respinto.

Nulla deve disporsi per le spese del giudizio di legittimità, ai sensi del previgente art. 152 disp. att. c.p.c., non trovando applicazione ratione temporis la nuova disciplina delle spese nei procedimenti in materia di previdenza e assistenza, introdotta dal D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, comma 11, convertito con modificazioni nella L. 24 novembre 2003 n. 326.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 2 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 20 aprile 2011

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