Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9047 del 18/05/2020

Cassazione civile sez. VI, 18/05/2020, (ud. 21/11/2019, dep. 18/05/2020), n.9047

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 11846 del ruolo generale dell’anno

2018, proposto da:

I.A., (C.F.: (OMISSIS)), rappresentata e difesa

dall’avvocato Luigi Tedeschi (C.F.: TDS LGU 65A17 A399V);

– ricorrente –

nei confronti di:

CAPITALGEST S.r.l., (P.I.: (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore;

– intimata –

per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Napoli n.

784/2018, pubblicata in data 7 marzo 2018 (e che si dichiara

notificata in data 8 marzo 2018);

udita la relazione sulla causa svolta nella camera di consiglio in

data 21 novembre 2019 dal consigliere Augusto Tatangelo.

Fatto

RILEVATO

Che:

Capitalgest S.r.l. ha agito in giudizio nei confronti di I.A. per ottenere il pagamento dell’importo di Euro 206.582,76, da questa dovuto, in base ad una espressa pattuizione accessoria ad un contratto di locazione stipulato tra le parti in relazione ad un immobile della I., quale compenso per le migliorie apportate allo stesso dalla società conduttrice.

La domanda è stata rigettata dal Tribunale di Benevento.

La Corte di Appello di Napoli, in riforma della decisione di primo grado, la ha invece accolta.

Ricorre la I., sulla base di due motivi.

Non ha svolto attività difensiva in questa sede la società intimata.

E’ stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, 376 e 380 bis c.p.c., in quanto il relatore ha ritenuto che il ricorso fosse destinato ad essere dichiarato manifestamente infondato.

E’ stata quindi fissata con decreto l’adunanza della Corte, e il decreto è stato notificato alle parti con l’indicazione della proposta.

Il Collegio ha disposto che sia redatta motivazione in forma semplificata.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia “Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione agli artt. 1362 – 1363 – 1366 e 1369 c.c.”.

Secondo la ricorrente, la clausola del contratto di locazione in cui era previsto il pagamento dell’importo di Lire 400.000.000 (pari a Euro 206.582,76) in favore della società conduttrice, in caso di disdetta, recesso o risoluzione del contratto di locazione, per le migliorie apportate all’immobile e l’utilizzo dell’avviamento, avrebbe dovuto interpretarsi nel senso che il pagamento era dovuto per la sola ipotesi di recesso, disdetta o di richiesta di risoluzione del contratto da parte di essa locatrice, non in caso di recesso della conduttrice.

La censura, oltre a presentare un difetto di specificità, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, (in quanto nel ricorso non viene precisata l’esatta localizzazione, nel fascicolo processuale, del documento su cui si fonda, cioè del contratto di locazione), è comunque inammissibile, in quanto, per un verso, non coglie adeguatamente il senso della decisione impugnata e, per altro verso, è diretta a contestare accertamenti di merito incensurabilmente operati dai giudici del merito.

La corte di appello, applicando correttamente le disposizioni in tema di ermeneutica negoziale di cui all’art. 1362 c.c., e ss., ha osservato che il testo della clausola negoziale in discussione era chiaro nel prevedere il pagamento dell’importo pattuito, in caso di recesso, disdetta o risoluzione del contratto, senza limitazioni. Ha fatto presente, in particolare, che non solo non vi era alcuna espressione letterale che consentiva di ritenere che si fosse inteso escluderlo nell’ipotesi in cui l’iniziativa per il recesso fosse stata assunta dalla società conduttrice, ma neanche una siffatta limitazione era desumibile dal senso complessivo dell’atto. Al contrario, secondo la corte, anche l’interpretazione funzionale portava a ritenere che il pagamento dell’importo prefissato fosse stato convenuto quale corrispettivo per le migliorie apportate all’immobile dalla conduttrice e approvate senza riserve dalla locatrice, per l’ipotesi in cui fosse cessato anzitempo il rapporto, indipendentemente dalla parte negoziale che avesse determinato tale cessazione. A fronte di tale argomentata interpretazione del contratto, sulla base della precisa ricostruzione dell’effettiva intenzione delle parti, la ricorrente si limita, in sostanza, a sostenere che sarebbe stato dato esclusivo rilievo al criterio letterale di interpretazione e non sarebbero stati invece utilizzati quelli funzionali.

Orbene, in primo luogo la censura non coglie adeguatamente il senso della decisione impugnata, dal momento che quest’ultima, contrariamente a quanto asserito nel ricorso, si fonda anche sul richiamato criterio funzionale di interpretazione del contratto, non solo su quello letterale.

D’altra parte, la ricorrente non spiega affatto per quale ragione i criteri funzionali di interpretazione da lei invocati avrebbero dovuto portare alla conclusione della limitazione di operatività della clausola, come da lei sostenuto, e non a confermarne invece l’applicabilità incondizionata, come ritenuto dalla corte di appello.

Il motivo di ricorso in esame si risolve in sostanza nella proposta di una interpretazione del contenuto negoziale diversa rispetto a quella offerta dai giudici di merito, cioè nella contestazione di accertamenti di fatto e nella richiesta di nuova e diversa valutazione delle prove, il che non è consentito in sede di legittimità (cfr. in proposito, tra le tante: Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 16987 del 27/06/2018, Rv. 649677 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 28319 del 28/11/2017, Rv. 646649 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 14355 del 14/07/2016, Rv. 640551 – 01; Sez. L, Sentenza n. 25728 del 15/11/2013, Rv. 628585 – 01; Sez. L, Sentenza n. 10554 del 30/04/2010, Rv. 613562 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 24539 del 20/11/2009, Rv. 610944 – 01; Sez. L, Sentenza n. 23569 del 13/11/2007, Rv. 600273 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 22536 del 26/10/2007, Rv. 600183 – 01).

2. Con il secondo motivo del ricorso si denunzia “Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione all’art. 1355 c.c., – omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ex art. 360 c.p.c., n. 5”.

Secondo la ricorrente, interpretando la clausola nel senso indicato dalla corte di appello, la stessa sarebbe nulla, ai sensi dell’art. 1355 c.c., in quanto si tratterebbe di una condizione meramente potestativa.

Il motivo (che sconta peraltro i medesimi profili di inammissibilità per difetto di specificità, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, già segnalati con riguardo al precedente) è manifestamente infondato: la sentenza, sul punto in contestazione, è infatti conforme alla giurisprudenza di questa Corte, che il ricorso non offre elementi tali da indurre a rimeditare. Le relative censure sono dunque altresì inammissibili, ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., comma 1, n. 1.

In primo luogo, la corte di appello ha correttamente rilevato che, al momento della pattuizione, i miglioramenti dell’immobile erano stati già effettuati dalla società conduttrice ed il valore dell’avviamento era già apprezzabile, onde la previsione del pagamento del corrispettivo per gli stessi non poteva considerarsi assoggettato ad una vera e propria condizione, ma esclusivamente ad un termine.

E’ in ogni caso assorbente sul punto la considerazione che, secondo i principi di diritto affermati da questa Corte (dai quali non vi è motivo di discostarsi) “la condizione è “meramente potestativa” quando consiste in un fatto volontario il cui compimento o la cui omissione non dipende da seri o apprezzabili motivi, ma dal mero arbitrio della parte, svincolato da qualsiasi razionale valutazione di opportunità e convenienza, sì da manifestare l’assenza di una seria volontà della parte di ritenersi vincolata dal contratto, mentre si qualifica “potestativa” quando l’evento dedotto in condizione è collegato a valutazioni di interesse e di convenienza e si presenta come alternativa capace di soddisfare anche l’interesse proprio del contraente, soprattutto se la decisione è affidata al concorso di fattori estrinseci, idonei ad influire sulla determinazione della volontà, pur se la relativa valutazione è rimessa all’esclusivo apprezzamento dell’interessato” (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 18239 del 26/08/2014, Rv. 632069 – 01; Sez. 2, Sentenza n. 11774 del 21/05/2007, Rv. 597374 – 01).

Nella specie, è evidente che la disdetta, il recesso e/o la risoluzione del contratto di locazione non possono ritenersi rientrare nella predetta nozione di condizione meramente potestativa, dal momento che certamente l’esercizio delle relative facoltà, pur rimesso all’esclusivo apprezzamento dell’interessato, richiede valutazioni di interesse e di convenienza che dipendono dal concorso di fattori estrinseci, idonei ad influire sulla determinazione della volontà, in virtù di seri o apprezzabili motivi, non dal suo mero arbitrio svincolato da qualsiasi razionale valutazione di opportunità e convenienza.

3. Il ricorso è dichiarato inammissibile.

Nulla è a dirsi con riguardo alle spese del giudizio non avendo la parte intimata svolto attività difensiva nella presente sede. Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte:

– dichiara inammissibile il ricorso;

– nulla per le spese.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma del art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 21 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 maggio 2020

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