Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9046 del 20/04/2011

Cassazione civile sez. lav., 20/04/2011, (ud. 02/03/2011, dep. 20/04/2011), n.9046

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

S.G., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato TERAMO ALFONSO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.A.I.L – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI

INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144,

presso lo studio degli avvocati LA PECCERELLA LUIGI e PUGLISI LUCIA,

che lo rappresentano e difendono, giusta procura speciale atto notar

CARLO FEDERICO TUCCARI di Roma del 12/07/07, rep. 73924;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 505/2 006 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 30/06/2006 r.g.n. 1658/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

02/03/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE NAPOLETANO;

udito l’Avvocato LUCIANA ROMEO per delega LA PECCERELLA LUIGI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CESQUI Elisabetta, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di Appello di Messina respingeva il ricorso proposto da S.G. per la revocazione della sentenza n. 361 del 2003 con la quale, la predetta Corte, aveva respinto l’appello avanzato dal S. avverso la sentenza di primo grado che aveva respinto la sua domanda avente ad oggetto la condanna dell’INAIL alla rendita d’infortunio sul lavoro nella misura del 18%.

A fondamento del decisum la Corte territoriale poneva il rilievo che il documento delle Poste, attestante l’avvenuta consegna solo in data 24 aprile 2003 della raccomandata, con la quale il CTU lo invitava a presentarsi a visita per il giorno 18 marzo 2003, era stato formato successivamente alla pronuncia della sentenza di cui si chiedeva la revocazione. Aggiungeva, inoltre, la Corte del merito che la mancata produzione del documento non era dovuta a forza maggiore avendo il ricorrente riferito circostanze non esatte pur potendo provare e dedurre quanto in sede di revocazione si era preteso evidenziare con l’attestato delle Poste.

Avverso tale sentenza il S. ricorre in cassazione sulla base di due censure.

Resiste con controricorso l’INAIL.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo del ricorso il S., deducendo violazione dell’art. 395 c.p.c., n. 3, allega che la Corte del merito ha erroneamente fatto riferimento esclusivo al documento datato 30 ottobre 2003 formato dalle Poste Italiane e non al contenuto della relativa attestazione nella quale si dava atto che la raccomandata, come da avviso di ricevimento sottoscritto da esso istante, era stata ricevuta solo in data 24 marzo 2003 e, pertanto, prima della pronuncia della sentenza impugnata. Il documento, asserisce il ricorrente, quindi, su cui si fonda la revocazione non è quello del 30 ottobre 2003, bensì l’avviso di ricevimento del 24 marzo 2003.

Con la seconda censura il ricorrente, deducendo vizio di motivazione, asserisce che la Corte del merito, nell’escludere la forza maggiore, non ha considerato che esso ricorrente non era a conoscenza, nel giudizio di appello, della esistenza dell’avviso di ricevimento essendo questo nell’esclusiva disponibilità del CTU. Osserva il Collegio che la sentenza impugnata risulta ancorata a due distinte rationes decidendi, autonome l’una dalla altra, e ciascuna, da sola, sufficiente a sorreggerne il dictum: da un lato, all’affermazione della formazione del documento in epoca successiva alla pronuncia della sentenza di cui si chiede la revocazione;

dall’altro, al rilievo della mancanza di forza maggiore che ha impedito la produzione del documento in quanto la parte ben poteva provare e dedurre all’udienza di discussione quanto in sede di revocazione evidenziato con l’attestato delle Poste.

Orbene la sentenza impugnata, sotto tale seconda ratio, è idonea a resistere agli appunti mossigli dal ricorrente.

Infatti secondo giurisprudenza di questa Corte non sono deducibili nel giudizio di revocazione ex art. 395 c.p.c., n. 3, le circostanze che, pur se emergenti da un documento che si assume non prodotto in giudizio per causa di forza maggiore, si sarebbero potute dedurre o eccepire in sede ordinaria ed altrimenti dimostrare in quella sede, concretandosi il concetto di forza maggiore, di cui alla norma citata, in una ignoranza assoluta dell’esistenza o del contenuto del documento non attribuibile a colpa dell’interessato (Cass. 11 giugno 2008 n. 15354).

Nella specie, infatti, il ricorrente non tiene conto che la forza maggiore di cui al richiamato art. 395 c.p.c., n. 3, non riguarda la disponibilità o meno del documento (Cass. 29 maggio 1999 n. 5229) quanto, piuttosto, la non conoscenza dell’esistenza o del contenuto del documento stesso. Ignoranza questa che, nella specie, è per stessa ammissione del ricorrente esclusa avendo egli assunto (pag. 11 del ricorso) di aver sottoscritto in data 24 marzo 2003 l’avviso di ricevimento, con ciò palesando la sua conoscenza, prima della pronuncia della sentenza di cui chiede la revocazione, dell’esistenza e del contenuto del documento (ossia dell’avviso di ricevimento) attestante .l’avvenuta consegna a lui, nella predetta data, della raccomandata contenente l’invito a sottoporsi a visita medico legale.

Ora poichè è ius reception, nella giurisprudenza di questa Corte, il principio secondo il quale nel caso di sentenza basata su una motivazione strutturata in una pluralità di ordini di ragioni alternative ed autonome e ciascuno, di per sè solo, idoneo a supportare il relativo dictum, l’attitudine anche di uno solo di tali ordini di ragioni, come nella specie, a resistere alle critiche mosse comporta che la decisione deve essere tenuta ferma sulla base del profilo della sua ratio mal censurato privando l’impugnazione dell’idoneità al raggiungimento del suo obiettivo funzionale, rappresentato dalla rimozione della pronuncia contestata (cfr., in merito, ex multis, Cass. 26 marzo 2001 n. 4349, Cass. 27 marzo 2001 n 4424 e da ultimo Cass. 20 novembre 2009 n. 24540).

Il ricorso,in conclusione, va rigettato.

Nulla deve disporsi per le spese del giudizio di legittimità ai sensi del previgente art. 152 disp. att. c.p.c., non trovando applicazione ratione temporis la nuova disciplina delle spese nei procedimenti in materia di previdenza e assistenza, introdotta dal D.L. 30 settembre 2003 n. 269, art. 42, comma 11, convertito con modificazioni nella L. 24 novembre 2003 n. 326.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 2 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 20 aprile 2011

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