Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9044 del 07/04/2017

Cassazione civile, sez. lav., 07/04/2017, (ud. 15/02/2017, dep.07/04/2017),  n. 9044

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MACIOCE Luigi – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26064-2012 proposto da:

T.M., C.F. (OMISSIS), R.A. C.F. (OMISSIS),

P.A.P.N. C.F. (OMISSIS), tutti elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA VALADIER 43, presso lo studio dell’avvocato

GIOVANNI ROMANO, che li rappresenta e difende, giusta delega in

atti;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, C.F.

(OMISSIS), in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e

difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici

domicilia in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI, 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 721/2012 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 15/05/2012 R.G.N. 46/2013.

Fatto

RILEVATO

che con sentenza in data 15 maggio 2012 n. 721 la Corte di Appello di Milano, adita dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, in riforma della sentenza del Tribunale di Milano n. 5970/2011 che aveva accolto il ricorso, ha ritenuto la legittimità dei termini apposti ai contratti di lavoro intercorsi fra l’appellante e P.A., Pi.In., R.A., Sa.Fi., S.S., T.M., tutti docenti di scuola secondaria di secondo grado, ed ha respinto le domande di risarcimento del danno e di riconoscimento della anzianità di servizio, sia ai fini della equiparazione stipendiale ai docenti assunti a tempo indeterminato, sia ai sensi della L. n. 312 del 1980, art. 53 ritenuto non applicabile alla fattispecie;

che avverso tale sentenza P.A.P.N., R.A. e T.M. hanno proposto ricorso affidato a due motivi, al quale ha opposto difese il MIUR con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che i ricorrenti impugnano la sentenza in ragione del mancato accoglimento della domanda di risarcimento del danno derivato dalla illegittima reiterazione del contratto a termine nonchè dal mancato riconoscimento a fini stipendiali della anzianità di servizio;

che il primo motivo di ricorso, denunciando violazione dell’Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato del 18 marzo 1999, della direttiva 1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999 del D.Lgs. n. 124 del 1999, art. 4, del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, addebita alla sentenza impugnata di avere erroneamente escluso sia l’applicabilità del D.Lgs. n. 368 del 2001, sia, in ragione del vaglio di compatibilità comunitaria, l’abusiva reiterazione dei contratti a termine, senza effettuare la necessaria indagine circa la effettiva ricorrenza di una obiettiva giustificazione, così violando la disciplina nazionale e comunitaria;

che la prima censura, dopo un’articolata ricognizione normativa e giurisprudenziale, in ragione della quale non si contesta la possibile compatibilità in astratto della L. n. 124 del 1999 alla Direttiva, si fonda sulla necessità di una verifica in concreto della compatibilità comunitaria mediante una indagine sull’utilizzazione dei ricorrenti in presenza di puntuali e specifiche esigenze di sopperire a temporanee carenze di organico, che nella specie era mancata;

che tali esigenze non emergevano dai singoli contratti, nè erano state altrimenti circostanziate;

che, quindi, in considerazione del numero dei contratti e della durata complessiva dei periodi di impiego precario, era dovuto ai ricorrenti il risarcimento del danno, non apparendo condivisibili le argomentazioni di Cass., n. 10127 del 2012 che esentavano gli organi dello Stato da una obiettiva verifica della mancanza di abusività del ricorso alla contrattazione a termine;

che questa Corte, con le sentenze pronunciate all’udienza del 18.10.2016 (dal n. 22552 al n. 22557 e numerose altre conformi), ha affrontato tutte le questioni che qui vengono in rilievo e, dopo avere ricostruito il quadro normativo e dato atto del contenuto delle pronunce rese dalla Corte di Giustizia (sentenza 26 novembre 2014, Mascolo e altri, relativa alle cause riunite C-22/13; C-61/13; C-62/13; C-63/13; C-418/13), dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 187 del 20.7.2016) e dalle Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 5072 del 15.3.2016) ha affermato i seguenti principi di diritto:

A) La disciplina del reclutamento del personale a termine del settore scolastico, contenuta nel D.Lgs. n. 297 del 1994, non è stata abrogata dal D.Lgs. n. 368 del 2001, essendone stata disposta la salvezza dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 70, comma 8, che ad essa attribuisce un connotato di specialità;

B) Per effetto della dichiarazione di illegittimità costituzionale della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4, commi 1 e 11 e in applicazione della Direttiva 1999/70/CE 1999 è illegittima, a far tempo dal 10.07.2001, la reiterazione dei contratti a termine stipulati ai sensi della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4, commi 1 e 11 prima dell’entrata in vigore della L. 13 luglio 2015, n. 107, rispettivamente con il personale docente e con quello amministrativo, tecnico ed ausiliario, per la copertura di cattedre e posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, sempre che abbiano avuto durata complessiva, anche non continuativa, superiore a trentasei mesi;

C) Ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36 (originario comma 2, ora comma 5), la violazione di disposizioni imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione;

D) Nelle ipotesi di reiterazione dei contratti a termine stipulati ai sensi della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4, comma 1 realizzatesi prima dell’entrata in vigore della L. 13 luglio 2015, n. 107, con il personale docente, per la copertura di cattedre a posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, deve essere qualificata misura proporzionata, effettiva, sufficientemente energica ed idonea a sanzionare debitamente l’abuso ed a “cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione” la misura della stabilizzazione prevista nella citata L. n. 107 del 2015, attraverso il piano straordinario destinato alla copertura di tutti i posti comuni e di sostegno dell’organico di diritto, relativamente al personale docente, sia nel caso di concreta assegnazione del posto di ruolo sia in quello in cui vi sia certezza di fruire, in tempi certi e ravvicinati, di un accesso privilegiato al pubblico impiego, nel tempo compreso fino al totale scorrimento delle graduatorie ad esaurimento, secondo quanto previsto dalla L. n. 107 del 2015, art. 1, comma 109;

E) Nelle predette ipotesi di reiterazione, realizzatesi dal 10.07.2001 e prima dell’entrata in vigore della L. 13 luglio 2015, n. 107, rispettivamente con il personale docente e con quello amministrativo, tecnico ed ausiliario, per la copertura di cattedre e posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, deve essere qualificata misura proporzionata, effettiva, sufficientemente energica ed idonea a sanzionare debitamente l’abuso ed a “cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione” la stabilizzazione acquisita dai docenti e dal personale ausiliario, tecnico ed amministrativo, attraverso l’operare dei pregressi strumenti selettivi-concorsuali;

F) Nelle predette ipotesi di reiterazione, realizzatesi prima dell’entrata in vigore della L. 13 luglio 2015, n. 107, rispettivamente con il personale docente e con quello ausiliario, tecnico ed amministrativo, per la copertura di cattedre e posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, deve affermarsi, in continuità con i principi affermati dalle SS.UU di questa Corte nella sentenza 5072 del 2016, che l’avvenuta immissione in ruolo non esclude la proponibilità di domanda per risarcimento dei danni ulteriori e diversi rispetto a quelli esclusi dall’immissione in ruolo stessa, con la precisazione che l’onere di allegazione e di prova grava sul lavoratore, in tal caso non beneficiato dalla agevolazione probatoria di cui alla menzionata sentenza;

G) Nelle predette ipotesi di reiterazione di contratti a termine stipulati ai sensi della L. n. 124 del 1999, art. 4, comma 1 avveratasi a far data da 10.07.2001, ai docenti ed al personale amministrativo, tecnico ed ausiliario che non sia stato stabilizzato e che non abbia (come dianzi precisato) alcuna certezza di stabilizzazione, va riconosciuto il diritto al risarcimento del danno nella misura e secondo i principi affermati nella già richiamata sentenza delle SSUU di questa Corte n. 5072 del 2016.

H) Nelle ipotesi di reiterazione di contratti a termine in relazione ai posti individuati per le supplenze su “organico di fatto” e per le supplenze temporanee non è in sè configurabile alcun abuso ai sensi dell’Accordo Quadro allegato alla Direttiva, fermo restando il diritto del lavoratore di allegare e provare il ricorso improprio o distorto a siffatta tipologia di supplenze, prospettando non già la sola reiterazione ma le sintomatiche condizioni concrete della medesima;

che detti principi devono essere ribaditi, per le ragioni tutte indicate nella motivazione delle sentenze sopra richiamate, da intendersi qui trascritte ex art. 118 disp. att. c.p.c.;

che la decisione impugnata è conforme alle conclusioni alle quali questa Corte è pervenuta, quanto alla ritenuta specialità della normativa di settore ed alla giuridica impossibilità di convertire in rapporto a tempo indeterminato il contratto a termine, anche se abusivamente reiterato;

che nella fattispecie non è configurabile alcuna abusiva reiterazione dei contratti a termine in quanto l’abuso sussiste solo a condizione che le supplenze abbiano riguardato l’organico di diritto e si siano protratte per oltre trentasei mesi, condizioni che non ricorrono nel caso di specie, in quanto non emerge dalla combinata lettura della sentenza impugnata e del ricorso, che le assunzioni a termine su posti di organico di diritto hanno avuto durata superiore a trentasei mesi;

che il secondo motivo verte sulla violazione e/o falsa applicazione della clausola 4 dell’Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, attuato dalla direttiva 1999/70/CE e contestuale violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 6 dolendosi di ricorrenti del mancato riconoscimento del diritto ad una piena anzianità di servizio;

che i docenti deducono che il principio di non discriminazione, come riconosciuto dalla Corte di Giustizia, fa parte dell’ordinamento e del diritto comunitario e che, nella specie, rispondendo le assunzioni ad una precisa programmazione, non vi erano ragione obiettive che potessero escluderne l’applicazione, atteso che a parità di mansioni doveva attuarsi un adeguamento stipendiale parametrato all’anzianità di servizio prestata, non potendo la natura temporanea del rapporto di lavoro giustificare trattamenti differenziati;

che la censura è parzialmente fondata in quanto la sentenza impugnata, nell’escludere il diritto al riconoscimento a fini retributivi della anzianità di servizio, si pone in contrasto con il principio di diritto affermato da questa Corte con le sentenze nn. 22558 e 23868/2016, con le quali si è statuito che “nel settore scolastico, la clausola 4 dell’Accordo quadro sul rapporto a tempo determinato recepito dalla direttiva n. 1999/70/CE, di diretta applicazione, impone di riconoscere la anzianità di servizio maturata al personale del comparto scuola assunto con contratti a termine, ai fini della attribuzione della medesima progressione stipendiale prevista per i dipendenti a tempo indeterminato dai c.c.n.l. succedutisi nel tempo, sicchè vanno disapplicate le disposizioni dei richiamati c.c.n.l. che, prescindendo dalla anzianità maturata, commisurano in ogni caso la retribuzione degli assunti a tempo determinato al trattamento economico iniziale previsto per i dipendenti a tempo indeterminato.”;

che a dette conclusioni la Corte è pervenuta valorizzando i principi affermati dalla Corte di Giustizia quanto alla interpretazione della clausola 4 dell’Accordo Quadro ed evidenziando che l’obbligo posto a carico degli Stati membri di assicurare al lavoratore a tempo determinato “condizioni di impiego” che non siano meno favorevoli rispetto a quelle riservate all’assunto a tempo indeterminato “comparabile”, sussiste a prescindere dalla legittimità del termine apposto al contratto;

che il controricorso del MIUR non prospetta argomenti che possano indurre a disattendere detto orientamento, al quale va data continuità, poichè le ragioni indicate a fondamento del principio affermato, da intendersi qui richiamate ex art. 118 disp. att. c.p.c., sono integralmente condivise dal Collegio;

che non può essere riconosciuto il diritto a percepire gli scatti biennali previsti dalla L. n. 312 del 1980, art. 53;

che deve essere ribadito il principio affermato dalla sentenza n. 22558 del 2016 con la quale, ricostruito il quadro normativo e contrattuale, si è statuito che “In tema di retribuzione del personale scolastico, la L. n. 312 del 1980, art. 53 che prevedeva scatti biennali di anzianità per il personale non di ruolo, non è applicabile ai contratti a tempo determinato del personale del comparto scuola ed è stato richiamato, D.Lgs. n. 165 del 2001, ex art. 69, comma 1, e art. 71, dal c.c.n.l. 4 agosto 1995 e dai contratti collettivi successivi, per affermarne la perdurante vigenza limitatamente ai soli insegnanti di religione”.

che la sentenza impugnata, in relazione all’accoglimento del suddetto secondo motivo nei limiti sopra indicati, deve essere cassata con rinvio, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di Appello di Milano, in diversa composizione, che procederà ad un nuovo esame della domanda di adeguamento retributivo attenendosi ad entrambi i principi di diritto sopra enunciati e provvedendo anche sulle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso nei limiti indicati in motivazione e rigetta il primo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia anche per le spese del presente giudizio alla Corte di Appello di Milano in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 15 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 7 aprile 2017

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