Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9042 del 07/04/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 07/04/2017, (ud. 15/02/2017, dep.07/04/2017),  n. 9042

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MACIOCE Luigi – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2659/2012 proposto da:

R.M.R., C.F (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA NAZARIO SAURO 16, presso lo studio dell’avvocato STEFANIA REHO,

rappresentata e difesa dall’avvocato MASSIMO PISTILLI, giusta delega

in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, C.F.

(OMISSIS), in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e

difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici

domicilia in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI, 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 447/2011 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 03/11/2011 R.G.N. 83/2011.

Fatto

RILEVATO

che con sentenza in data 3.11.2011 la Corte di Appello di Perugia, adita dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, in riforma della sentenza del Tribunale di Terni, che aveva parzialmente accolto il ricorso, ha ritenuto la legittimità dei termini apposti ai contratti di lavoro intercorsi fra l’appellante e R.M.R., assistente scolastico, e ha respinto le domande di conversione del rapporto e di risarcimento del danno;

che avverso tale sentenza R.M.R. ha proposto ricorso affidato a tre motivi, al quale ha opposto difese il MIUR con controricorso;

che sono state depositate memorie da entrambe le parti.

Diritto

CONSIDERATO

Che con il primo motivo la parte ricorrente, denunciando la violazione della direttiva europea 1999/70/CE e dell’Accordo quadro alla stessa allegato, nonchè di plurime disposizioni del D.Lgs. n. 368 del 2001 e della L. 4 giugno 1999, n. 124, art. 4, rileva che le supplenze nel settore scolastico sono volte a soddisfare esigenze permanenti sia nella ipotesi in cui attengano a vacanze sul cosiddetto organico di diritto, sia qualora si riferiscano a posti disponibili di fatto, atteso che solo i contratti a termine previsti del richiamato art. 4, comma 3, presuppongono una ragione effettivamente temporanea e transitoria, essendo per lo più stipulati nei casi di sostituzione di personale assente;

che secondo la ricorrente la normativa speciale, in quanto in insanabile contrasto con le previsioni del D.Lgs. n. 368 del 2001, è stata da quest’ultimo abrogata, in forza della norma di chiusura dettata dall’art. 11 dello stesso decreto e comunque il sistema del reclutamento del personale a termine della scuola viola la direttiva richiamata in rubrica, perchè consente la reiterazione del contratto a tempo determinato in assenza di ragioni oggettive, non potendosi ritenere tali le esigenze di contenimento della spese pubblica e senza porre alcun limite al numero dei rinnovi o alla durata massima dei contratti;

che con il secondo motivo la parte ricorrente, lamentando la violazione del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 36, oltre che della direttiva eurounitaria e del già richiamato D.Lgs. n. 368 del 2001, sostiene che, una volta accertata la illegittimità della reiterazione, dovrebbe essere disposta la trasformazione del rapporto a termine in contratto a tempo indeterminato, in quanto il personale da immettere definitivamente nei ruoli del Ministero viene individuato sulla base della posizione rivestita nelle graduatorie permanenti, utilizzate anche per il conferimento delle supplenze annuali;

che nell’ambito scolastico, a detta della ricorrente, alla pronuncia di conversione non risulta ostativo il principio costituzionale del pubblico concorso, giacchè il reclutamento, anche nella sua forma ordinaria, prescinde da quest’ultimo e che, in ogni caso, deve essere riconosciuto il risarcimento del danno in misura congrua e con finalità anche sanzionatorie;

che il terzo motivo, denunciando la violazione della direttiva 1999/70/CE nonchè dell’art. 6 della CEDU, sostiene che il D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 10, comma 4 bis, introdotto dal D.L. n. 70 del 2011, non può avere natura interpretativa, perchè così qualificato violerebbe il richiamato art. 6 e comunque si pone in contrasto con la clausola di non regresso prevista dall’art. 8 dell’accordo quadro;

che questa Corte, con le sentenze pronunciate all’udienza del 18.10.2016 (dal n. 22552 al n. 22557 e numerose altre conformi), ha affrontato tutte le questioni che qui vengono in rilievo e, dopo avere ricostruito il quadro normativo e dato atto del contenuto delle pronunce rese dalla Corte di Giustizia (sentenza 26 novembre 2014, Mascolo e altri, relativa alle cause riunite C-22/13; C-61/13; C-62/13; C-63/13; C-418/13), dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 187 del 20.7.2016) e dalle Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 5072 del 15.3.2016) ha affermato i seguenti principi di diritto:

A) La disciplina del reclutamento del personale a termine del settore scolastico, contenuta nel D.Lgs. n. 297 del 1994, non è stata abrogata dal D.Lgs. n. 368 del 2001, essendone stata disposta la salvezza dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 70, comma 8, che ad essa attribuisce un connotato di specialità;

B) Per effetto della dichiarazione di illegittimità costituzionale della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4, commi 1 e 11 e in applicazione della Direttiva 1999/70/CE 1999 è illegittima, a far tempo dal 10.07.2001, la reiterazione dei contratti a termine stipulati ai sensi della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4, commi 1 e 11, prima dell’entrata in vigore della L. 13 luglio 2015, n. 107, rispettivamente con il personale docente e con quello amministrativo, tecnico ed ausiliario, per la copertura di cattedre e posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, sempre che abbiano avuto durata complessiva, anche non continuativa, superiore a trentasei mesi.

C) Ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36 (originario comma 2, ora comma 5), la violazione di disposizioni imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione.

D) Nelle ipotesi di reiterazione dei contratti a termine stipulati ai sensi della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4, comma 1, realizzatesi prima dell’entrata in vigore della L. 13 luglio 2015, n. 107, con il personale docente, per la copertura di cattedre a posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, deve essere qualificata misura proporzionata, effettiva, sufficientemente energica ed idonea a sanzionare debitamente l’abuso ed a “cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione” la misura della stabilizzazione prevista nella citata L. n. 107 del 2015, attraverso il piano straordinario destinato alla copertura di tutti i posti comuni e di sostegno dell’organico di diritto, relativamente al personale docente, sia nel caso di concreta assegnazione del posto di ruolo sia in quello in cui vi sia certezza di fruire, in tempi certi e ravvicinati, di un accesso privilegiato al pubblico impiego, nel tempo compreso fino al totale scorrimento delle graduatorie ad esaurimento, secondo quanto previsto della L. n. 107 del 2015, art. 1, comma 109.

E) Nelle predette ipotesi di reiterazione, realizzatesi dal 10.07.2001 e prima dell’entrata in vigore della L. 13 luglio 2015, n. 107, rispettivamente con il personale docente e con quello amministrativo, tecnico ed ausiliario, per la copertura di cattedre e posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, deve essere qualificata misura proporzionata, effettiva, sufficientemente energica ed idonea a sanzionare debitamente l’abuso ed a “cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione” la stabilizzazione acquisita dai docenti e dal personale ausiliario, tecnico ed amministrativo, attraverso l’operare dei pregressi strumenti selettivi-concorsuali.

F) Nelle predette ipotesi di reiterazione, realizzatesi prima dell’entrata in vigore della L. 13 luglio 2015, n. 107, rispettivamente con il personale docente e con quello ausiliario, tecnico ed amministrativo, per la copertura di cattedre e posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, deve affermarsi, in continuità con i principi affermati dalle SS.UU. di questa Corte nella sentenza 5072 del 2016, che l’avvenuta immissione in ruolo non esclude la proponibilità di domanda per risarcimento dei danni ulteriori e diversi rispetto a quelli esclusi dall’immissione in ruolo stessa, con la precisazione che l’onere di allegazione e di prova grava sul lavoratore, in tal caso non beneficiato dalla agevolazione probatoria di cui alla menzionata sentenza.

G) Nelle predette ipotesi di reiterazione di contratti a termine stipulati ai sensi della L. n. 124 del 1999, art. 4, comma 1, avveratasi a far data da 10.07.2001, ai docenti ed al personale amministrativo, tecnico ed ausiliario che non sia stato stabilizzato e che non abbia (come dianzi precisato) alcuna certezza di stabilizzazione, va riconosciuto il diritto al risarcimento del danno nella misura e secondo i principi affermati nella già richiamata sentenza delle SSUU di questa Corte n. 5072 del 2016.

H) Nelle ipotesi di reiterazione di contratti a termine in relazione ai posti individuati per le supplenze su “organico di fatto” e per le supplenze temporanee non è in sè configurabile alcun abuso ai sensi dell’Accordo Quadro allegato alla Direttiva, fermo restando il diritto del lavoratore di allegare e provare il ricorso improprio o distorto a siffatta tipologia di supplenze, prospettando non già la sola reiterazione ma le sintomatiche condizioni concrete della medesima;

che detti principi devono essere ribaditi, per le ragioni tutte indicate nella motivazione delle sentenze sopra richiamate, da intendersi qui trascritte ex art. 118 disp. att. c.p.c.;

che la decisione impugnata è conforme alle conclusioni alle quali questa Corte è pervenuta, quanto alla ritenuta specialità della normativa di settore ed alla giuridica impossibilità di convertire in rapporto a tempo indeterminato il contratto a termine, anche se abusivamente reiterato;

che, peraltro, rileva nella fattispecie la sopravvenuta dichiarazione di illegittimità costituzionale della L. n. 124 del 1999, art. 4, commi 1 e 11, perchè la R., come risulta dalla motivazione della sentenza impugnata, è stata destinataria di supplenze su organico di diritto senza sostanziale soluzione di continuità dall’anno scolastico 2001/2002 all’anno scolastico 2007/2008 (pag. 11 sentenza), sicchè la reiterazione deve ritenersi abusiva in quanto protrattasi oltre il limite dei trentasei mesi e finalizzata alla copertura di posti vacanti della pianta organica;

che il Ministero, nella memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 1, ha dedotto che la ricorrente è stata definitivamente immessa nei ruoli con decorrenza dal 1 settembre 2011 e la circostanza è stata confermata dalla R. che ha dichiarato di essere stata stabilizzata “ma non per effetto della legge buona scuola”;

che l’immissione in ruolo, ottenuta secondo il sistema previgente alle modifiche apportate dalla L. n. 107 del 2015, ha assicurato al soggetto il medesimo “bene della vita” per il riconoscimento del quale ha agito in giudizio, con la conseguenza che dalla stabilizzazione devono derivare gli stessi effetti che la pronuncia della Corte Costituzionale ha ricollegato al piano di stabilizzazione straordinario;

che la ricorrente, pur avendo domandato il risarcimento del danno non solo in via subordinata ma anche “aggiuntiva” rispetto alla domanda principale di conversione del rapporto, ha poi argomentato solo sulla necessità di individuare un parametro di liquidazione idoneo a rendere il risarcimento stesso misura adeguata, dissuasiva e sanzionatoria, rispetto alla ritenuta violazione del diritto dell’Unione;

che la R., quindi, non ha allegato danni diversi e ulteriori rispetto alla mancata conversione del rapporto, sicchè, una volta affermata la adeguatezza della stabilizzazione, in linea con quanto ritenuto dalla Corte di Giustizia (essendo venuto meno ogni carattere aleatorio della misura), non vi è spazio alcuno per l’accoglimento della domanda, alla luce del principio di diritto enunciato alla lettera F;

che la memoria depositata dal difensore della ricorrente non ha aggiunto argomenti rispetto a quelli già esaminati da questa Corte nelle richiamate decisioni, con le quali sono state affrontate tutte le questioni poste in relazione alla asserita non conformità al diritto dell’Unione dei principi affermati dalle Sezioni Unite di questa Corte in tema di risarcimento del danno derivato dalla illegittimità della reiterazione dei contratti a termini;

che, in particolare, vanno richiamate le considerazioni esposte nei punti da 104 a 116 di Cass. 22552/2016 in merito alla insussistenza di profili di illegittimità costituzionale e alla non necessità di un nuovo rinvio pregiudiziale, giacchè sul concetto di equivalenza la Corte di Giustizia si è più volte pronunciata e proprio su dette pronunce le Sezioni Unite di questa Corte hanno fondato il principio di diritto affermato con la sentenza n. 5072 del 2016;

che l’efficacia satisfattiva della stabilizzazione è stata affermata dalla Corte Costituzionale nella richiamata sentenza n. 187 del 2016 sulla base di considerazioni che debbono valere anche in tutte le ipotesi in cui, proprio per effetto della reiterazione del contratto a termine, il lavoratore abbia ottenuto la definitiva immissione in ruolo;

che l’agevolazione probatoria in tema di risarcimento del danno si impone nei soli casi in cui difetti ogni altra misura, non già qualora, attraverso la stabilizzazione, sia stato assicurato al soggetto un risultato non dissimile, quanto agli effetti, alla conversione del rapporto;

che la inapplicabilità del D.Lgs. n. 368 del 2001, al settore scolastico è stata affermata da questa Corte sulla base del quadro normativo vigente al momento della introduzione del giudizio di primo grado e si è precisato, ai punti 36 e 37 delle richiamate sentenze, che il legislatore era intervenuto con norme che non possono essere qualificate di interpretazione autentica e che, conseguentemente, non violano l’art. 6 della CEDU perchè, senza vincolare per il passato l’interprete, esplicitano un precetto già desumibile dal sistema previgente;

che, quindi, la sentenza impugnata, seppur erronea nella parte in cui ha escluso qualsiasi profilo di contrasto fra la normativa speciale del settore scolastico e la direttiva 1999/70/CE, deve essere confermata, ex art. 384 c.p.c., comma 4, perchè il suo dispositivo è conforme a diritto sulla base della diversa motivazione qui enunciata;

che la complessità della questione giuridica, risolta sulla base delle pronunce della Corte Costituzionale e della Corte di Giustizia intervenute in corso di causa, giustifica la integrale compensazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 15 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 7 aprile 2017

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