Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9040 del 06/05/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 9040 Anno 2015
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: DI IASI CAMILLA

SENTENZA
sul ricorso 4609-2011 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI

12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente contro

2014
4117

PRISMA CART SUD DI MARTINO ANTONIO & C. SAS,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA CRESCENZIO 58,
presso lo studio dell’avvocato STEFANO PANICCIA,
rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO MOSETTI
giusta procura in atti;

Data pubblicazione: 06/05/2015

- resistente
avverso

la

sentenza

n.

831/2009

della

COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di LATINA, depositata il
21/12/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

DI IASI;
udito per il ricorrente l’Avvocato MELONCELLI che si
riporta;
udito per il resistente l’Avvocato MOSETTI che si
riporta, l’avvocato deposita prima della trattazione
della causa procura notarile di costituzione della
parte in giudizio del Notaio Dr. ANNAMARIA ORTOLAN in
FROSINONE rep. n. 233680 del 15/12/2014;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

udienza del 18/12/2014 dal Consigliere Dott. CAMILLA

RGN 4609/11

Ritenuto in fatto
L’Agenzia delle Entrate ricorre (successivamente illustrando il ricorso con
memoria), nei confronti di Prisma Cari Sud s.a.s. (che non ha resistito con
controricorso ma ha rilasciato procura speciale a difensore per la partecipazione
all’udienza) per la cassazione della sentenza n. 831/39/09 con la quale -in
controversia concernente impugnazione di avviso di accertamento per IVA e Irpeg

Latina) ha rigettato l’impugnazione dell’Agenzia. In particolare, i giudici
d’appello, premesso che, alla luce della disciplina dei reati tributari introdotta dal
d.lgs. n 74 del 2000, la mera detenzione o contabilizzazione di fatture o altri
documenti relativi a operazioni inesistenti non comporta il reato di frode fiscale,
integrato solo dalla successiva presentazione della dichiarazione, hanno rilevato
che nella specie non erano state emesse fatture false relative ad operazioni
inesistenti ma solo ricevute bancarie, da utilizzare unicamente dinanzi agli istituti
di credito ai quali venivano richiesti prestiti o anticipazioni.
Considerato in diritto
1. Col primo motivo, deducendo vizio di motivazione, l’Agenzia ricorrente si
duole del fatto che i giudici d’appello non abbiano considerato che le fatture non
erano state emesse solo per presentarle agli istituti di credito ma anche a fini
fiscali, come accertato nel p.v.c. della G.d.F. e ritenuto dai giudici di primo grado,
con riguardo in particolare alle fatture emesse nei confronti della società collegata
Carind (creata dagli stessi amministratori della Prisma e avente ad oggetto la
medesima attività), fatture che risultavano contabilizzate dalla Prisma e non
riconosciute dagli addetti alla contabilità di entrambe le società sia per l’anomalia
degli importi, sia con riguardo al formato ed alle firme apposte sui relativi
documenti di trasporto.
La censura è fondata.
I giudici d’appello affermano che non sono mai state emesse fatture false relative
ad operazioni inesistenti ma solo ricevute bancarie, da utilizzare unicamente
dinanzi agli istituti di credito ai quali venivano richiesti prestiti o anticipazioni, e
lo desumono dal fatto che le ricevute bancarie sono state ritrovate solo presso le
banche e non presso i clienti. Dalla sentenza impugnata pertanto non emerge che i
suddetti giudici abbiano considerato e valutato (neppure al fine di escluderne ogni
rilevanza) che alcune fatture -che non trovavano riscontro nella contabilità e che

in relazione all’anno di imposta 1999- la C.T.R. Lazio (sezione distaccata di

pertanto dovevano ritenersi emesse per operazioni inesistenti- risultavano emesse
in relazione alle ricevute bancarie, ed inoltre che alcune fatture relative ad
operazioni inesistenti risultavano emesse nei confronti della Carind s.r.l. e
contabilizzate a fini fiscali, come contestato alla società intimata sulla base degli
elementi riportati nel p.v.c. della G.d.F.
Col secondo motivo, deducendo violazione dell’art. 21 comma 7 d.p.r. 633/1972,
la ricorrente si duole del fatto che i giudici d’appello, avendo rilevato che, alla

o contabilizzazione di fatture o altri documenti relativi a fatture inesistenti non
integra il reato di frode fiscale, abbiano in realtà fondato la decisione non sulla
norma fiscale bensì su quella penale.
La censura è inammissibile per difetto di interesse all’impugnazione, posto che la
lunga digressione sulla disciplina penalistica della frode fiscale costituisce
soltanto un obiter, in quanto da essa non sono state tratte in maniera diretta ed
immediata conseguenze sul piano fiscale e la decisione assunta risulta sostenuta
sulla base di altra autonoma ratio decidendi, peraltro individuata e censurata in
questa sede dall’Agenzia ricorrente.
Il secondo motivo di ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile mentre
il primo deve essere accolto. La sentenza impugnata deve essere cassata in
relazione al motivo accolto con rinvio ad altro giudice che provvederà anche in
ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiarato inammissibile il secondo.
Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia anche per le
spese alla C.T.R. Lazio in diversa composizione
Così deciso in Roma il 18.12.2014

luce della disciplina dei reati tributari di cui al d.lgs. 74/2000, la mera detenzione

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