Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9036 del 15/05/2020

Cassazione civile sez. VI, 15/05/2020, (ud. 15/01/2020, dep. 15/05/2020), n.9036

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35146-2018 proposto da:

P.G.R., in qualità di unica erede della sig.ra

V.D., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CRESCENZIO, 74, presso

lo studio dell’avvocato LETIZIA LOMBARDI, rappresentata e difesa

dall’avvocato LUANA GARZIA;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI SIENA, in persona del Sindaco e legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO V. EMANUELE II 18

presso lo studio GREZ E ASSOCIATI SRL, rappresentato e difeso

dall’avvocato ENRICO DE MARTINO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1826/8/2018 della COMMISSION, TRIBUTARIA

REGIONALE di FIRENZE, depositata il 15/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. LORENZO

DELLI PRISCOLI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La parte contribuente impugnava il rifiuto tacito al rimborso della maggiore ICI richiesta in relazione ad un immobile sito in Siena, denominato Palazzo dei Quattro Cantoni, rientrante nella categoria degli immobili storico artistici a seguito di due vincoli parziali ritenendo doversi applicare la riduzione dell’ICI prevista per gli immobili di interesse storico.

Il giudice di primo grado rigettava il ricorso.

La Commissione Tributaria Regionale della Toscana, con la sentenza indicata in epigrafe, confermava la decisione impugnata.

Secondo la CTR, la caratteristica di bene, mobile o immobile, di particolare interesse artistico e storico deve intendersi riferita al bene descritto nel provvedimento di riconoscimento di tale caratteristica adottato dalla Sopraintendenza e non può estendersi ad altri beni, a meno che non vi sia una immedesimazione strutturale od una connessione strutturale imprescindibile, come nel caso della farmacia, non anche dell’arredo di questa e del tabernacolo.

La ricorrente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi. Ha resistito il comune di Siena con controricorso. In prossimità dell’udienza entrambe le parti depositavano memorie insistendo per l’accoglimento delle rispettive conclusioni.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione del D.L. n. 16 del 1993, art. 2, comma 5, convertito in L. n. 75 del 1993, della L.n. 342 del 2000, art. 74, comma 6, del D.L. n. 201 del 2011, art. 13, comma 3, della L. n. 1089 del 1939, art. 3 e del D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 10, per l’omessa applicazione dell’agevolazione prevista per gli immobili di interesse storico-artistico in quanto sia il tabernacolo che gli arredi immobili della farmacia costituiscono elementi inscindibili rispetto all’intero fabbricato.

Con il secondo motivo si deduce violazione dell’art. 91 c.p.c., in quanto la CTR avrebbe errato nel condannare la parte contribuente al pagamento di mille Euro in quanto secondo il principio di causalità non va condannato alle spese colui il quale sia stato costretto ad innescare la lite in modo fondato, sia pure in parte.

Il primo motivo di ricorso è fondato.

Con riferimento al primo motivo di ricorso, hanno infatti affermato Cass., 28 febbraio 2019, nn. 5895 e 5896, in una vicenda riguardante lo stesso bene e la stessa parte contribuente ma in relazione non all’ICI bensì all’IRPEF:

“Giova premettere che la L. n. 413 del 1991, art. 11, comma 2, ratione temporis applicabile, disponeva quanto segue: “In ogni caso, il reddito degli immobili riconosciuti di interesse storico o artistico, ai sensi della L. 1 giugno 1939, n. 1089, art. 3, e successive modificazioni e integrazioni, è determinato mediante l’applicazione della minore tra le tariffe d’estimo previste per le abitazioni della zona censuaria nella quale è collocato il fabbricato”.

Tale disciplina, poi radicalmente riformulata dal D.L. n. 16 del 2012, art. 4, convertito nella L. n. 44 del 2012, consentiva al possessore di immobili di interesse storico e artistico di assumere ai fini fiscali quale parametro rilevante, quello della rendita catastale determinata in base alla minor tariffa d’estimo vigente per le abitazioni site nella stessa zona censuaria, indipendentemente dal reddito di locazione eventualmente goduto dal proprietario (cfr. Cass. n. 14480/2003).

Come ricordato dalla Corte costituzionale nella recente sentenza n. 78/2018, – che ha richiamato i principi espressi dalla stessa Corte nella sentenza n. 145 del 2015- sino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 011, per tutti gli immobili di interesse storico o artistico ai sensi del D.L 22 gennaio 2004, n. 42, art. 10 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi della L. 6 luglio 2002, n. 137, art. 10) – senza distinzione di destinazione o di classificazione catastale e indipendentemente dal loro concreto utilizzo (locati o meno) e con l’eccezione di quelli che costituiscono beni strumentali per l’esercizio dell’attività d’impresa o di produzione o scambio finalizzati a tale attività il regime d’imposizione fiscale risultava completamente scollegato dal valore locativo o fondiario dell’immobile, in quanto il reddito derivante dal suo possesso veniva determinato sulla base della minore tra le tariffe d’estimo previste per le abitazioni della zona censuaria di appartenenza (D.Lgs. n. 413 del 1991, art. 11, comma 2), in relazione alla cosiddetta rendita figurativa.

Detta disciplina, secondo la Corte costituzionale, escludendo il riferimento al valore locativo dell’immobile sottoposto a vincolo storico artistico, aveva indiscutibilmente giustificato la compatibilità costituzionale della norma con il quadro complessivo dei principi costituzionali – e dunque ritenuto corretto il bilanciamento fra interesse del proprietario ed obbligo di contribuzione fiscale- tenendo in considerazione la forte incidenza dei costi di manutenzione e conservazione degli immobili medesimi (cfr. Corte Cost. n. 346 del 2003 che richiama espressamente Cass., 29 settembre 2003, n. 14480).

Il collegamento al peso economico correlato all’esistenza del vincolo storico artistico era stato, del resto, ulteriormente ribadito da Corte Cost. n. 345 del 2003, giustificando, questa volta, il regime agevolativo previsto il D.L. n. 16 del 1993, art. 2, comma 5, per una “esigenza di equità fiscale, derivante dalla considerazione della minore utilità economica che presentano i beni immobili di interesse storico o artistico in conseguenza del complesso di vincoli e limiti cui la loro proprietà è sottoposta”.

In definitiva vi è, nella giurisprudenza – sia della Corte costituzionale che di questa Corte – appena ricordata, un nesso di collegamento inscindibile tra apposizione del vincolo e pesanti oneri manutentivi che dà lo stesso derivano, gli stessi giustificando il regime speciale di tassazione ai fini dell’imposizione fiscale.

In questo contesto va dunque esaminata la giurisprudenza di questa Corte a proposito del riconoscimento, in favore di immobili di interesse artistico, delle agevolazioni in materia fiscale previste con riferimento a diversi tributi rispetto all’IRPEF ad immobili nei quali il vincolo non era stato apposto sull’intero immobile.

In particolare, Cass. n. 11794/2010 ha ritenuto, con riguardo a vincolo apposto su facciata esterna e cortile ed in tema di ICI, che “l’agevolazione prevista dal D.L. 23 gennaio 1993, n. 16, art. 2, comma 5, convertito in L. 24 marzo 1993, n. 75, per gli immobili dichiarati di interesse storico o artistico, ai sensi della L. n. 1089 del 1939, art. 3, perseguendo l’obiettivo di venire incontro alle maggiori spese di manutenzione e conservazione che i proprietari sono tenuti ad affrontare per preservare le caratteristiche degli immobili vincolati, si applica anche nel caso in cui l’interesse riguardi solo una porzione dell’immobile, in quanto anche in quest’ultima ipotesi gravano a carico del proprietario gli oneri di conservazione citati.” (Cass. n. 11794/2010).

Analogo principio è stato applicato da Cass. n. 10985/2011, sempre con riferimento al tributo ICI ed in relazione ad un vincolo apposto sulla facciata esterna e cortile di un più ampio immobile.-

Conforme a tale decisione risulta, ancora, Cass. n. 5626/2014 con riferimento a vincolo incidente su facciata e cortile.

Cass. n. 5626/2014, sempre con riferimento al beneficio previsto in tema di ICI dal D.L. n. 75 del 1993, art. 2, comma 5, nella formulazione ratione temporis vigente per l’anno 2005, ha ritenuto applicabile la disciplina prevista per gli immobili di interesse artistico in ipotesi di vincolo apposto su grandiosa facciata barocca, comportando “la determinazione della base imponibile nella misura di cui all’art. 2, comma 5 succitato, per l’intero immobile, in quanto la norma ha riferimento all’immobile nel suo complesso, senza alcuna distinzione o limitazione in base alle parti dell’immobile riconosciute di interesse particolarmente importante”.

Sulla stessa linea interpretativa e sempre con riferimento al tributo ICI, Cass. n. 29194/2017, ha riconosciuto l’applicazione del regime previsto per l’intero immobile, valorizzando l’esistenza di una “decorosa facciata della fine del 19 secolo, con basamento a bugnato in pietra, paramento in mattoni e decorazioni dipinte sottoronda, rappresentando con gli altri il continuare degli edifici della Galleria di Vittorio Emanuele” in Milano.

Con specifico riferimento alla L. n. 413 del 1991, art. 11, si è espressa Cass. n. 4244/2016 che, richiamandosi alla giurisprudenza sopra ricordata, prendendo a riferimento l’ipotesi di apposizione del vincolo artistico sull’intero immobile, ha ritenuto irrilevante che e ragioni del vincolo fossero correlate soltanto ad una specifica porzione dell’immobile, chiarendo che “anche se la ragione del particolare interesse storico e artistico è stata individuata e motivata nella architettura della facciata ovvero di uno specifico elemento di facciata come la porta, il vincolo si riferisce e grava sull’intera unità immobiliare a cui la facciata appartiene, come comprovato dalla menzionata iscrizione.” In questa stessa occasione si è aggiunto che “la norma, di cui alla L. n. 413 del 1991, art. 11, fa riferimento agli immobili che siano dichiarati di interesse storico o artistico ai sensi della L. n. 1089 del 1939, art. 3, senza distinguere a seconda che l’interesse derivi dall’intero immobile o da una sua porzione, e ciò perchè la ratio della normativa fiscale di agevolazione riposa nella necessità di venire incontro alle maggiori spese di manutenzione e di conservazione che i proprietari sono tenuti ad affrontare per preservare le caratteristiche degli immobili sottoposti al vincolo e sul presupposto implicito che tali oneri sussistono anche nell’ipotesi in cui la ragione del vincolo riguardi soltanto una porzione dell’immobile, peraltro inscindibile rispetto al tutto.” Orbene, da tale indirizzo, univocamente rivolto a considerare rilevante l’esistenza di un vincolo storico-artistico apposto su una parte inscindibile dell’immobile in relazione alla finalità ed alle conseguenze derivanti dall’apposizione del vincolo storico-artistico, si è discostato il giudice di merito, che ha invece escluso il riconoscimento del diritto all’agevolazione per il fatto che il possibile distacco dell’opera ed il suo trasferimento in altro loco non giustificasse il riconoscimento del vincolo all’intero cespite immobiliare, peraltro rilevando che la mancanza dell’immagine all’interno del tabernacolo insistente sul tabernacolo, se insistente sul muro perimetrale, avrebbe potuto determinare una diversa valutazione.

Orbene, tale valutazione operata dal giudice di merito ha preso le mosse da una pronunzia di questa Corte – Cass. n. 12024/2006, Rv. 590816 -01-relativa ad imposta di registro concernente immobile nel quale il vincolo era stato apposto sul portale facente parte della casa – cfr. pag. 3 sent. Cit.

massimata nei seguenti termini: “In tema di imposta di registro, nella individuazione dell’oggetto del vincolo sugli immobili di interesse storico, artistico ed archeologico di cui alla L. 1 giugno 1939, n. 1089, ai fini dell’applicazione dell’aliquota agevolata per essi prevista, incorre in vizio di motivazione il giudice che detto vincolo affermi circoscritto al portale facente parte di una determinata casa, e quindi non esteso alla casa stessa, qualora non affronti, per risolverlo in senso affermativo o positivo, il problema della separabilità (fisica e/o economica) del portale, come oggetto del vincolo, dal fabbricato che ne costituisce il supporto materiale, e della connessione strutturale fra il primo bene ed il secondo.”

Ora, rileva il Collegio che tale pronunzia non ha fissato alcun principio di diritto, semmai riscontrando un vizio di motivazione nella sentenza impugnata e peraltro ritenendo che fosse difficilmente sostenibile, su un piano logico, concepirsi la tutela di un “portale” indipendentemente dalla necessitata tutela del fabbricato di cui esso costituisce parte strutturale essenziale.

Ciò posto, la CTR non si è posta in linea con la giurisprudenza di questa Corte sopra ricordata anche in tema di D.Lgs. n. 413 del 191, art. 11, comma 2, invece tesa a valorizzare l’interdipendenza funzionale fra parte vincolata e parte non vincolata nella quale insiste il vincolo che non può certo essere messa in discussione per l’alquanto ipotetica scelta -F sulla cui praticabilità sarebbe peraltro legittimo nutrire dubbi – di asiDortare il tabernacolo risalente al ‘500 dal sito naturale nel quale fu a suo tempo realizzato.

Non può dunque ritenersi corretta la pronunzia impugnata che, in definitiva, muove dall’assunto secondo il quale la traslazione del tabernacolo dalla facciata nella quale è stato collocato possa escludere ex se l’esistenza del diritto all’agevolazione fiscale in quanto non essenziale per la struttura della facciata che lo contiene.

Il che non può risultare corretto trattandosi, per l’un verso, di opera che risulta, al momento del periodo al quale si riferisce il giudizio, stabilmente infissa nella facciata, senza peraltro considerare gli obblighi di protezione e conservazione e delle conseguenti limitazioni di uso, previsti dal Capo 3 del Titolo I del D.Lgs. n. 42 del 2004, a tenore dei quali i beni culturali non possono essere distrutti, danneggiati o adibiti ad usi non compatibili con il loro carattere storico o artistico oppure tali da recare pregiudizio alla loro conservazione (art. 20), risultando ogni modifica del bene vincolato sottoposta ad autorizzazione ministeriale (del D.Lgs., ult. cit., artt. da 21 a 28)

L’errore in diritto nel quale è, dunque, incorsa la CTR è quello di non avere valutato se, ai fini del riconoscimento dello speciale regime di tassazione previsto dal D.Lgs. n. 413 del 1991, art. 11, comma 2, la parte dell’immobile sottoposta a vincolo storico artistico possa costituire, rispetto alle dimensioni dell’intero cespite immobiliare una frazione che, per dimensioni, collocazione, funzione e per gli oneri manutentivi e di conservazione presumibilmente ad essa correlati rappresenti, rispetto alle dimensioni dell’intero edificio, un elemento inscindibile senza il quale quest’ultimo sarebbe privato delle sue intrinseche caratteristiche storico-artistiche.

L’erroneità della prospettiva della CTR, d’altra parte, si dimostrà soprattutto quando il giudice di merito ha ritenuto che a diverse conclusioni si sarebbe giunti ove fosse risultato esistente l’affresco originariamente all’interno del tabernacolo risalente al ‘900, in quanto insistente sul muro perimetrale dell’immobile.

L’avere, infatti, ritenuto che solo l’affresco avrebbe integrato ‘quella connessione strutturale tra i due elementì idonea a giustificare a richiesta agevolazione tralascia di considerare che il vincolo storico artistico era stato apposto sul tabernacolo e che l’assenza dell’affresco risalente ad epoca successiva, non oggetto di vincolo, dimostra vieppiù l’error iuris nel quale è incorso il giudice di merito, risultando ininfluente la presenza dell’affresco rispetto alla portata del vincolo ed alla collocazione del tabernacolo su un muro perimetrale del medesimo immobile.

La censura è dunque, nei termini sopra esposti, fondata”.

Ebbene, secondo la sentenza appena citata nonchè in ragione dei numerosi precedenti giurisprudenziali da essa ricordati, molti dei quali proprio in tema di ICI, emerge che ben può esservi un nesso inscindibile tra le parti di un edificio attinte da un vincolo parziale e il resto dell’edificio sia con riferimento al valore storico-artistico dell’immobile complessivamente considerato sia con riferimento ai pesanti oneri manutentivi che dallo stesso derivano, gli stessi giustificando l’estensione del regime speciale di tassazione ai fini dell’imposizione fiscale. Pertanto, l’errore in diritto nel quale è incorsa la CTR consiste nel non avere valutato se, ai fini del riconoscimento dello speciale regime di tassazione previsto dal D.Lgs. n. 413 del 1991, art. 11, comma 2, la parte dell’immobile sottoposta a vincolo storico artistico possa costituire, rispetto al resto del cespite immobiliare, una frazione che, per dimensioni, collocazione, funzione e per gli oneri manutentivi e di conservazione presumibilmente ad essa correlati rappresenti, rispetto alle dimensioni dell’intero edificio, un elemento inscindibile senza il quale quest’ultimo sarebbe privato delle sue intrinseche caratteristiche storico-artistiche.

Il secondo motivo di ricorso è assorbito dall’accoglimento del primo.

Pertanto, ritenuto fondato il primo motivo di impugnazione nei termini di cui in motivazione e assorbito il secondo, il ricorso della parte contribuente va conseguentemente accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Toscana, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Toscana, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 maggio 2020

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA