Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9034 del 31/03/2021

Cassazione civile sez. I, 31/03/2021, (ud. 25/11/2020, dep. 31/03/2021), n.9034

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. ANDRONIO Alessandro Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

B.D.S., nato in (OMISSIS), rappresentato e difeso

dall’avv. Roberto Maiorana ed elettivamente domiciliato presso il

suo studio in Roma, viale Angelico 38;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno ((OMISSIS)), rappresentato e difeso ex lege

dall’Avvocatura generale dello Stato e domiciliato nei suoi uffici

di Roma, via dei Portoghesi 12;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma, depositata il

08/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 25/11/2020 dal Consigliere ANDRONIO Alessandro M..

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’appello di Roma ha confermato l’ordinanza del Tribunale di Roma, con cui era stato rigettato il ricorso proposto dall’interessato avverso il provvedimento di diniego della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale.

2. Avverso la sentenza l’interessato ha proposto ricorso per cassazione, deducendo: 1) la violazione dell’art. 342 c.p.c., sul rilievo che la Corte d’appello avrebbe ritenuto inammissibili i motivi di impugnazione proposti, erroneamente considerandoli non specifici e non procedendo ad un esame del merito; 2) l’omesso o erroneo esame delle dichiarazioni rese dal ricorrente alla Commissione territoriale e delle allegazioni relative alla valutazione della condizione personale dello stesso ricorrente; 3) l’erronea applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 4,5,6 e 14 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, in relazione ai requisiti per la protezione sussidiaria, per la mancata considerazione della situazione del paese di provenienza e della vicenda persecutoria personale narrata dal richiedente; 4) la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, per la mancata considerazione della vulnerabilità del ricorrente ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria.

3. Il ricorrente ha depositato memoria con la quale insiste, in particolare, nel primo motivo di doglianza.

4. L’amministrazione intimata non si è costituita.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso è infondato.

1.1. Il primo motivo di doglianza, con cui si contesta la ritenuta inammissibilità dei motivi di appello relativi alle dichiarazioni rese davanti alla Commissione e alle protezioni richieste, è infondato. Il ricorrente riporta alle pagg. 3-5 del ricorso il tenore dei motivi di appello, da cui emerge che gli stessi erano effettivamente privi di specifici riferimenti critici alla motivazione dell’ordinanza del Tribunale, risolvendosi in astratte affermazioni circa la ritenuta non credibilità del dichiarante e circa l’erroneità della mancata concessione delle protezioni richieste. Correttamente, dunque, la Corte d’appello ha richiamato e applicato il principio, costantemente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal D.L. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata (ex plurimis, Sez. 6 – 3, n. 13535 del 30/05/2018, Rv. 648722; Sez. U, n. 27199 del 16/11/2017, Rv. 645991).

1.2. Le altre censure del ricorrente, relative alla mancata valutazione della situazione del paese di provenienza, anche ai fini della protezione sussidiaria e di quella umanitaria, sono inammissibili. Nel ricorso non si deducono compiutamente profili di vulnerabilità o cause di potenziale persecuzione e, quanto alla mancata indagine d’ufficio sulla situazione del paese di provenienza, ci si limita al richiamo di documentazione reperita su Internet e priva di data. Deve in ogni caso rilevarsi che la sentenza impugnata opera, quanto a tutti tali profili un rinvio per relationem alla motivazione dell’ordinanza Tribunale, la quale ha evidenziato le ragioni della non credibilità del ricorrente – avendo lo stesso affermato, in modo non circostanziato e, a tratti, intrinsecamente contraddittorio, che temeva di essere ucciso da parenti per questioni di terreno, tra i quali vi era uno zio che voleva farlo entrare in una setta per tendergli in realtà un tranello – e della non configurabilità di situazioni di persecuzione nei suoi confronti o di rilevante pericolo nel paese di provenienza.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. Nulla è dovuto per le spese dal ricorrente soccombente, non avendo la controparte costituita formulato deduzioni.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 25 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2021

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