Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9033 del 06/05/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 9033 Anno 2015
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: GRECO ANTONIO

ha pronunciato la seguente:
SENTENZA

sul ricorso proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE,

in persona del Direttore pro tempore,
dello Stato,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale

presso la quale è domiciliata in Roma alla via dei Portoghesi n.
12;

ricorrente

contro

tik
LA MARIAROSA srl,

rappresentata e difesa dall’avv. Giuseppe

Mirone e dall’avv. Giovanna Fondacaro ed elettivamente
domiciliata in Roma presso l’avv. Sergio Tropea, via di Casetta
Mattei n. 239;
conttacLoorrente

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale
della Sicilia n. 309/18/08, depositata 1’11 dicembre 2008;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 30 aprile 2014 dal Relatore Cons. Antonio Greco;
uditi l’avvocato dello Stato Bruno Dettori per la
ricorrente e l’avv. Giovanna Fondacaro per la controricorrente;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Ennio Affilio Sepe, che ha concluso per

Data pubblicazione: 06/05/2015

Definizione
dei
verbali
di
constatazione
art. 15 legge n.
289 del 2002

raccoglimento del ricorso.
SVOLGEMENTO DEL PROCESSO

L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione,
affidato ad un motivo, nei confronti della sentenza della
Commissione tributaria regionale della Sicilia che ha confermato
l’annullamento, disposto in primo grado, dell’avviso di
accertamento ai fini dell’IRPEG e dell’IRAP emesso a carico della
srl Mariarosa per l’esercizio 1 ° settembre 1999 – 31 agosto 2000,
15 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, del processo verbale di
constatazione in relazione alle dette imposte.
Evidenziava la società contribuente nelle controdeduzioni
che mentre l’ufficio non aveva dimostrato la fondatezza della
pretesa, essa aveva invece chiarito di avere escluso dal condono
l’importo che si riferiva al costo di costruzione di un opificio
in quanto (non) era stato inserito nella dichiarazione dei
redditi.
La Commissione regionale ha ritenuto che, come osservato
dal primo giudice, non vi era alcuna ragione per non convalidare
il condono come applicato, “stante che la contribuente ne aveva
dimostrato la legittimità”. L’istanza di definizione,
contrariamente a quanto sostenuto dall’ufficio, doveva ritenersi
pienamente valida, essendosi attenuta la contribuente a quanto
previsto dall’art. 15 della legge n. 289 del 2002.
La società contribuente resiste con controricorso.
MOTIVI DEMIALDECISIONE

Con l’unico motivo del ricorso, denunciando violazione e
falsa applicazione dell’art. 15, coma 6, della legge n. 289 del
2002, l’amministrazione ricorrente censura la decisione “per non
aver considerato che il condono presentato per l’annualità 1999
non comprendeva, tra i componenti negativi, il rilievo di lire
183.310.000 – pur contenuto nel p.v.c. – circostanza che comporta
l’applicazione di una maggiore imposta IRPEG ed una maggiore
imposta IRAP considerato che la norma prevede espressamente che
la definizione non avviene ove l’istanza di condono sia fondata
su dati (o rilievi) non corrispondenti a quelli contenuti nel
p.v.c.

//

2

ritenendo valida ed efficace la definizione, ai sensi dell’art.

La srl La Mariarosa deduce nel controricorso che,
accogliendo il rilievo – secondo cui le spese contabilizzate per
la costruzione di un insediamento produttivo su terreno ad essa
concesso in comodato gratuito, in difetto di un titolo valido
atto a modificare il diritto di superficie o il diritto d’uso su
beni immobili, sarebbero state “riprese a tassazione per l’intero
importo imponibile pari a lire 182.309.796” – formulato nel
p.v.c. elevato il 27 novembre 2000, quando ancora essa società
non aveva ancora proceduto né all’approvazione del bilancio né
quest’ultima il costo in questione tra le immobilizzazioni
patrimoniali per il medesimo importo, “non tenendone conto in
sede di determinazione dell’imponibile, né come costo deducibile
né come quota di ammortamento”. Così, successivamente, in sede di
definizione del p.v.c. aveva considerato i rilievi in
quest’ultimo contenuti ad esclusione di quello relativo al
“costo” di cui non aveva tenuto conto nella determinazione
dell’imponibile.
Il ricorso è infondato, ai limiti dell’inammissibilità.
Possono essere definiti, a norma dell’art. 15, comma 1,
della legge 27 dicembre 2002, n. 289, senza applicazioni di
interessi, indennità di mora e sanzioni (oltre agli avvisi di
accertamento per i quali non sono ancora spirati i termini per la
proposizione del ricorso e gli inviti al contraddittorio di cui
agli artt. 5 e 11 del d.lgs. n. 218 del 1997 per i quali non è
ancora intervenuta la definizione), “i processi verbali di
constatazione relativamente ai quali, all’entrata in vigore della
presente legge, non è stato notificato avviso di accertamento
ovvero ricevuto invito al contraddittorio”.
Il successivo comma 6 stabilisce che “la definizione non si
perfeziona se essa si fonda su dati non corrispondenti a quelli
contenuti negli atti indicati al coma 1”.
La censura dell’Agenzia delle entrate trascura la ragione
per la quale il rilievo concernente quel potenziale componente
negativo, formulato in un atto istruttorio dell’accertamento, il
verbale di constatazione, non era stato considerato nella
definizione, ai sensi dell’art. 15 della legge n. 289 del 2002,
della società contribuente. Quel “costo” non era divenuto,

3

etc

alla presentazioneidichiarazione dei redditi, aveva inserito in

infatti, un componente negativo e non aveva mai concorso alla
determinazione dell’imponibile di quell’esercizio, perché il
rilievo relativo, formulato all’esito di una verifica che aveva
ad oggetto anche il 1997 ed il 1998, era stato tempestivamente
accolto in sede di dichiarazione dei redditi per il 1999-2000,
all’epoca della consegna del p.v.c. non ancora presentata.
L’istanza di condono si era, del resto, fondata su dati o
rilievi corrispondenti a quelli contenuti nel verbale di
ritenuto “pienamente valida l’istanza di definizione [di quanto
cioè la contribuente aveva chiesto di definire], essendosi la
contribuente attenuta a quanto previsto dall’art. 15 della legge
n. 289 del 2002”.
Il ricorso deve essere pertanto rigettato.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano
come in dispositivo.
P.Q.M.
TA

Corte rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del
giudizio, liquidate in euro 7.500 per compensi di avvocato, oltre
alle spese forfetarie nella misura del 15% e agli accessori di
legge.
Così deciso in Roma il 30 aprile 2014.

constatazione, sicché correttamente il giudice d’appello ha

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