Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9031 del 06/04/2017
Cassazione civile, sez. VI, 06/04/2017, (ud. 29/09/2016, dep.06/04/2017), n. 9031
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –
Dott. MANZON Enrico – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –
Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 25598/2014 proposto da:
M.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PLOTINO 25,
presso lo studio dell’avvocato ASSUNTA CICCARELLI, rappresentato e
difeso dall’avvocato RAFFAELE MICILLO, giusta procura speciale in
calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 25/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE
dell’ABRUZZO, depositata il 06/03/2014;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
29/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTA CRUCITTI.
Fatto
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Nella controversia concernente l’impugnazione da parte di M.G., “medico di famiglia”, del silenzio rifiuto opposto ad istanza di rimborso dell’IRAP, versata negli anni dal 2004 al 2007, la C.T.R. dell’Abruzzo, con la sentenza indicata in epigrafe, riformava la decisione di primo grado di accoglimento del ricorso, ritenendo, diversamente dal primo giudice, che, nella specie, l’attività professionale fosse dotata di autonoma organizzazione, essendosi il professionista avvalso in maniera sostanziale e rilevante di prestazioni accessorie di personale dipendente e di collaboratori.
Avverso la sentenza ricorre, su unico motivo, il contribuente.
L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
L’unico motivo – rubricato: violazione art. 360 c.p.c. – Omessa -insufficiente contraddittoria motivazione – errata interpretazione di legge. Violazione divieto di produzione nuovi documenti in appello – appare, in parte, inammissibile ed, in parte, infondato.
E’ inammissibile la censura con la quale si denuncia la sentenza impugnata di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, laddove al ricorso (essendo stata la sentenza impugnata depositata il 6 marzo 2014) si applica il nuovo disposto dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come da interpretazione fornita dalle Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 8053/2014).
Sono infondate le due ulteriori censure con le quali si deducono violazioni di legge. In ordine alla prima (afferente i presupposti impositivi), appare sufficiente rilevare che il contrasto giurisprudenziale formatosi sulla res controversa è stato, di recente, composto dalle Sezioni Unite di questa Corte le quali, con la sentenza n. 9451/2016, hanno statuito, con riguardo al presupposto dell’IRAP, il seguente principio di diritto: il requisito dell’autonoma organizzazione – previsto dal D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 446, art. 2, il cui accertamento è rimesso al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente:
a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse;
b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive.
E la sentenza impugnata, nel ritenere rilevante ai fini della sussistenza del requisito dell’autonoma organizzazione, l’arricchimento dell’attività professionale avuto, in maniera sostanziale e rilevante, dalle prestazioni accessorie di personale dipendente e di collaboratori, appare conforme ai superiori principi.
In ordine alla seconda (afferente il divieto di nuova produzione documentale in appello) è sufficiente richiamare il costante orientamento di questa Corte secondo cui in materia di appello, nel processo tributario, alla luce del principio di specialità espresso dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 1, comma 2 – in forza del quale, nel rapporto fra norma processuale civile ordinaria e norma processuale tributaria, prevale quest’ultima – non trova applicazione la preclusione alla produzione documentale di cui all’art. 345 c.p.c., comma 3, potendo le parti provvedervi anche per documenti preesistenti al giudizio svoltosi in primo grado (cfr. Cass. n. 7714/2014, id. n. 22776/2015).
Ne consegue il rigetto del ricorso con compensazione delle spese, data la novità della soluzione del contrasto.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 29 settembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 6 aprile 2017