Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9030 del 31/03/2021

Cassazione civile sez. I, 31/03/2021, (ud. 25/11/2020, dep. 31/03/2021), n.9030

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. ANDRONIO Alessandro Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

K.B., nato in (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avv.

Elisabetta Udassi ed elettivamente domiciliato presso la

cancelleria;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno ((OMISSIS)), rappresentato e difeso ex lege

dall’Avvocatura generale dello Stato e domiciliato nei suoi uffici

di Roma, via dei Portoghesi 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Cagliari, depositata il

23/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 25/11/2020 dal Consigliere ANDRONIO Alessandro M..

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’appello di Cagliari ha confermato l’ordinanza del Tribunale di Cagliari, con cui era stato rigettato il ricorso proposto dall’interessato avverso il provvedimento di diniego della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale.

2. Avverso la sentenza l’interessato ha proposto ricorso per cassazione, deducendo: 1) l’erronea valutazione, ai fini della protezione sussidiaria, della situazione del Senegal, nonchè delle vicende narrate dal richiedente; 2) l’omesso esame del fatto decisivo rappresentato dalla sussistenza di una situazione di vulnerabilità rilevante ai fini della protezione umanitaria, erroneamente pretermesso dalla Corte d’appello; 3) la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 14 e 16 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, quanto alla valutazione del rischio soggettivo ai fini della richiesta protezione sussidiaria.

3. L’amministrazione intimata si è costituita con controricorso, chiedendo che ricorso sia dichiarato inammissibile o comunque rigettato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso è infondato.

Le doglianze del ricorrente consistono nella sostanziale riproposizione di rilievi già sottoposti dall’interessato ai giudici di merito in relazione a una situazione di persecuzione e minaccia alla quale egli sarebbe sottoposto nel suo paese di origine, in quanto costretto a scappare perchè ritenuto corresponsabile, insieme con lo zio, dell’uccisione di una persona in una rissa in una moschea; fuggito prima in Gambia, sarebbe poi andato in Libia, dove sarebbe stato arrestato e, successivamente, sarebbe evaso con la complicità di un libico. Sul punto, la sentenza impugnata reca una motivazione pienamente logica e coerente – e, dunque, insindacabile in sede di legittimità – laddove evidenzia l’assoluta inverosimiglianza della versione dei fatti fornita, del tutto priva di credibilità intrinseca, trattandosi di una narrazione priva di elementi circostanziali e contraddittoria quanto al momento dell’intervento della polizia a seguito dell’asserito omicidio.

La Corte territoriale ha anche verificato l’insussistenza di una situazione generalizzata di pericolo nel paese di origine, spingendo il suo sindacato ben oltre la prospettazione dell’interessato, sulla base di documentazione proveniente da organizzazioni internazionali e associazioni umanitarie, presa in considerazione d’ufficio, giungendo ad accertare che egli non presenta rischi di persecuzione o profili di vulnerabilità nel suo paese di origine. In particolare, nel provvedimento impugnato si evidenzia che la situazione della provincia di Casamance, della quale l’interessato afferma di essere originario, è sensibilmente migliorata nell’ultimo periodo; circostanza che trova conferma nell’elenco dei “paesi di origine sicuri” contenuto nel D.M. 4 ottobre 2019, art. 1, che include fra questi l’intero Senegal, senza distinzione di aree.

1.1. Tali considerazioni rendono inammissibili il primo e il terzo motivo di doglianza. A fronte dei generici rilievi del richiedente, la Corte d’appello ha correttamente applicato il principio, costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, in tema di protezione internazionale, il disposto del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 1, nell’imporre al richiedente di presentare tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la domanda, costituisce un aspetto del più generale dovere di collaborazione istruttoria a cui lo stesso è tenuto, ma non fissa una regola di giudizio, sicchè la scelta degli elementi probatori e la valutazione di essi, ai sensi del successivo comma 3, lett. b), rientrano nella sfera di discrezionalità del giudice di merito, il quale non è obbligato a confutare dettagliatamente le singole argomentazioni svolte dalle parti su ciascuna delle risultanze probatorie, nè a compiere l’analitica valutazione di ciascun documento prodotto, ma deve soltanto fornire, mediante un apprezzamento globale della congerie istruttoria raccolta, un’esauriente e convincente motivazione sulla base degli elementi ritenuti più attendibili e pertinenti (ex plurimis, Sez. 1, Ord. n. 21881 del 30/08/2019, Rv. 655165 – 01; Sez. 1, Ord. n. 15794 del 12/06/2019, Rv. 654624 01). Ha altresì correttamente evidenziato che non sussistono i presupposti per la protezione sussidiaria, perchè i fatti specificati, quanto al paese di origine e quanto, più in generale, alla situazione personale, non configurano una persecuzione o danno grave, nè un pericolo di persecuzione o di danno ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14.

1.2. Quanto alla protezione umanitaria, oggetto del secondo motivo di doglianza, va osservato che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, il riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, al cittadino straniero che abbia realizzato un grado adeguato di integrazione sociale in Italia, deve fondarsi su una effettiva valutazione comparativa della situazione soggettiva ed oggettiva del richiedente con riferimento al Paese d’origine, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione di integrazione raggiunta nel paese d’accoglienza (ex multis, Sez. 1, n. 4455 del 23/02/2018, Rv. 647298 – 01). E deve ricordarsi, inoltre, che l’orizzontalità dei diritti umani fondamentali comporta che, ai fini del riconoscimento della protezione, occorre operare la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al Paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza, senza che abbia rilievo l’esame del livello di integrazione raggiunto in Italia, isolatamente ed astrattamente considerato (Sez. U, n. 29459 del 13/11/2019, Rv. 656062 – 02). Tale valutazione è stata compiutamente effettuata dalla Corte, che – come visto – ha ritenuto non credibile la versione fornita dall’interessato; cosicchè non può essere ritenuto sussistente alcun pericolo di trattamenti inumani.

2. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. Il ricorrente soccombente deve essere condannato alla rifusione delle spese sostenute dall’amministrazione resistente, da liquidarsi in Euro 2.100,00, oltre spese prenotate a debito.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese di controparte, che liquida in Euro 2.100,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 25 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2021

 

 

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