Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9027 del 15/04/2010

Cassazione civile sez. III, 15/04/2010, (ud. 01/02/2010, dep. 15/04/2010), n.9027

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VARRONE Michele – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. TALEVI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. URBAN Giancarlo – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 25358-2005 proposto da:

GUIDO CATELLO DI ANNA TORSI SAS, (OMISSIS), in persona della

Amministratrice Unica e socia accomandataria T.A., B.

A.M., quale socio accomandante della S.a.s. Guido Catello di

Anna Torsi, elettivamente domiciliate in ROMA, VIA ALESSANDRIA 25,

presso lo studio dell’avvocato BORROMEO CHIARA, rappresentate e

difese dall’avvocato SCARPATI ALBERTO giusta delega in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.;

– intimata-

avverso la sentenza n. 3247/2004 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, 3^

Sezione Civile, emessa il 12/11/2004, depositata il 10/12/2004;

R.G.N. 242/2003.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

01/02/2010 dal Consigliere Dott. ALBERTO TALEVI;

udito l’Avvocato Alberto SCARPATI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

LECCISI Giampaolo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nell’impugnata decisione lo svolgimento del processo è esposto come segue.

Con ricorso depositato in data 8 febbraio 2002 presso il Tribunale di Torre Annunziata – sezione distacca di Sorrento la s.a.s. Guido Catello di Anna Torsi, in persona del legale rappresentante, esponeva che presso lo stesso Tribunale pendeva procedimento per sfratto per morosità relativamente al locale terraneo in (OMISSIS), concesso in locazione ad essa ricorrente dalla proprietaria, I.N.; che, con ordinanza del 17 ottobre 2001, era stato coinvalidato lo sfratto, fissandosi la data dell’esecuzione per il (OMISSIS); che essa ricorrente aveva interesse alla determinazione giudiziale dell’indennità di avviamento ai sensi della L. n. 392 del 1978, art. 34: tale indennità ammontava a ventiquattro mensilità del canone di mercato per locali con analoghe caratteristiche;

che solo la certezza della somma dovuta poteva rendere procedibile l’esecuzione forzata relativa al rilascio dell’immobile e tale procedibilità era subordinata all’assolvimento dell’onere del versamento della somma di L. 240.000.000 reclamata da essa ricorrente.

Epperò, chiedeva la determinazione della predetta indennità nella misura precisata, oppure nella misura maggiore che sarebbe stata accertata mediante consulenza tecnica, o, comunque, nell’entità spettante in base alla normativa ritenuta applicabile.

Integratosi il contraddittorio, si costituiva la parte destinataria della pretesa e ne contestava, sotto distinti profili, l’ammissibilità e la fondatezza. Nel processo interveniva volontariamente B.A.M., nella qualità di socio accomandante, e chiedeva la sospensione del giudizio, allegando la pendenza di altra causa per l’accertamento del canone dovuto in ordine alla locazione intercorsa tra I.N. e la società ricorrente. Aderiva, comunque, alla domanda proposta da quest’ultima. Con sentenza del 6-13 dicembre 2002 il Tribunale adito rigettava la domanda e condannava l’attrice e l’interventrice, in solido, al pagamento delle spese di lite.

Con ricorso del 23 gennaio 2003 la società Guido Catello di Anna Torsi proponeva appello, deducendo (…OMISSIS…).

Formulava, pertanto, le seguenti conclusioni: – in riforma della decisione impugnata, riconoscere il diritto di essa appellante all’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale; – determinare tale indennità nella misura di Euro 61.974,84, salvo conguaglio; – dichiarare il diritto di essa appellante alla restituzione del locale commerciale, in quanto la locatrice, nel momento in cui aveva eseguito lo sfratto, non aveva provveduto al pagamento della predetta somma; – sospendere il giudizio ai sensi dell’art. 295 c.p.c., e ciò sino all’esito della controversia relativa alla risoluzione del contratto di locazione, – in caso di necessità, ammettere la prova per testi articolata in primo grado; – porre le spese de doppio grado del giudizio a carico dell’appellata.

Integratosi nuovamente il contraddittorio, si costituiva quest’ultima e contestava la fondatezza delle ragioni addotte a sostegno dell’impugnazione, richiedendone il rigetto.

Si costituiva, altresì, B.A.M., nella qualità dianzi specificata, ed aderiva all’appello …”.

Con sentenza 12.11. – 10.12.04 la Corte di Appello di Napoli, definitivamente pronunciando, decideva come segue:

“- Rigetta il gravame e condanna la società appellante, in solido con la menzionata B., al rimborso, in favore della predetta appellata, delle spese del presente grado del giudizio, che si liquidano in complessivi Euro 2.900,00, di cui Euro 100 per somme anticipate, Euro 800 per diritti di procuratore ed Euro 2.000,00 per onorari, oltre competenze accessorie come per legge”.

Contro questa decisione hanno proposto ricorso per cassazione la società “Guido Catello” di Anna Totsi s.a.s. e “… B.A. M., quale socio accomandante …” di detta società.

La controparte non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la parte ricorrente denuncia “… Violazione e falsa applicazione dell’art. 665 c.p.c., L. n. 392 del 1978, art. 34 e art. 45, u.c., nonchè degli artt. 112, 113 e 115 c.p.c., art. 2697 c.c. e art. 12 preleggi, in relazione sia all’art. 360 c.p.c., n. 3 per violazione o falsa applicazione di norme di diritto, sia all’art. 360 c.p.c., n. 4 per nullità della sentenza o del procedimento, sia all’art. 360 c.p.c., n. 5 per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia” esponendo doglianze da riassumere nel modo seguente. Con la L. n. 392 del 1978, art. 34 il legislatore ha previsto due forme di cessazione del rapporto locatizio: -A) “Cessazione senza” dichiarazione di risoluzione per inadempimento (ed è il caso, anche, dell’ordinanza provvisoria di rilascio per morosità); in tal caso l’avviamento è dovuto; -B) “Cessazione con” dichiarazione di risoluzione per inadempimento (ed è il caso della sentenza di risoluzione contrattuale). In tal caso: l’avviamento non è dovuto. La Corte Partenopea, erroneamente postulando che l’ordinanza provvisoria di rilascio costituisse una pronuncia equiparabile alla risoluzione del rapporto locatizio per inadempimento, ha finito per “costruire” una “nuova” figura di “inadempienza” in chi, oltretutto, si trovava (e si trova) solo in una presunta (perchè ancora da definire) condizione di pagamento parziale del canone locatizio. 11 tutto senza contare che la società conduttrice era, per legge, addirittura, “obbligata”, a norma della L. n. 392 del 1978, art. 45, u.c., (ancora vigente) “…fino al termine del giudizio, a corrispondere, salvo conguaglio, l’importo non contestato”; essendo pendente un giudizio avente ad oggetto anche la determinazione e l’aggiornamento del canone locatizio. Dunque, posto che la procedibilità della esecuzione era condizionata al pagamento della indennità e che tale pagamento era possibile solo con la corresponsione della somma “reclamata” dal conduttore, si deve, di conseguenza, dire che, nella fattispecie, sussiste, comunque, l’obbligo della locatrice di pagare detto avviamento come richiesto dal conduttore. La locatrice I. è portatrice di una mera ordinanza provvisoria di rilascio per morosità; quindi il conduttore ha diritto alla indennità di avviamento (che va corrisposta coevamente all’esecuzione nella misura indicata all’art. 344 c.p.c.). Nella fattispecie la vera violazione della norma della L. n. 392 del 1978, art. 34 si è “consumata” allorquando, pur promosso dal conduttore il giudizio per l’accertamento e misura dell’avviamento commerciale e, “RECLAMATA” nello stesso giudizio, la specifica somma per tale avviamento, la locatrice non ha rimosso la condizione di procedibilità dell’azione esecutiva (pagando, salvo conguaglio, i centoventimilioni “reclamati”), ma ha eseguito, invece, coattivamente lo sfratto in un momento in cui la prestazione di riconsegna dell’immobile era inesigibile.

Il motivo non può essere accolto in quanto l’impugnata decisione è immune dai vizi denunciati.

In particolare va rilevato che il punto centrale della motivazione esposta nel l’impugnata sentenza è il seguente: “… Non è, periamo, revocabile in dubbio che il rilascio del bene in dipendenza del cennato titolo esecutivo non integra il presupposto in presenza del quale il conduttore ha diritto all’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale. Invero, qualora il giudizio di merito si concluda con la pronuncia di risoluzione del contratto per inadempimento, il diritto stesso è escluso dall’espressa previsione della L. n. 342 del 1978, art. 34, comma 1. Nel caso in cui, invece, l’esito di detto giudizio comporti la caducazione della ripetuta ordinanza, il rapporto di locazione prosegue e del pari la disposizione invocata non può trovare applicazione, atteso, appunto, che non ricorre la precipua condizione costitutiva della fattispecie, ossia la cessazione del rapporto di locazione. Privo di fondamento appare, altresì, l’ulteriore rilievo volto a sostenere che l’indennità in oggetto compete pur in presenza di ordinanza di rilascio pronunciala in dipendenza della morosità del conduttore, e ciò in quanto la risoluzione del contratto per inadempimento esige di necessità la decisione con sentenza. La tenuità dell’assunto è manifesta: invero, in materia di locazione di immobili urbani ad uso diverso da quello di abitazione il diritto all’indennità per la perdita di avviamento commerciale sorge, secondo il chiaro disposto della L. n. 392 del 1978, artt. 34 e 69in caso di cessazione del rapporto di locazione (non dovuta, tra l’altro, a risoluzione per inadempimento). Consegue, all’evidenza, che, non inerendo de iure la predetta cessazione al provvedimento di rilascio con riserva delle eccezioni del convenuto, il diritto preteso dall’attuale appellante non può affatto correlarsi alla pronuncia del provvedimento stesso … ” (pagg. 7-9 dell’impugnata sentenza).

Osserva il Collegio che tali argomentazioni (insieme a quelle ulteriori contenute nella sentenza) sono ineccepibili dal punto di vista logico e giuridico; e non sono pertanto in alcun modo validamente inficiate dalle censure esposte.

Con il secondo motivo la parte ricorrente denuncia che “Erroneamente ed illegittimamente l’impugnata sentenza ha statuito I rilievi svolti confutano in radice le ragioni enunciale a sostegno dell’appello e ne impongono il rigetto, con la conseguente condanna solidale delle parti soccombenti ai rimborso, in favore dell’appellala vittoriosa, delle spese del presente grado del giudizio, che si liquidano nella misura tassata in dispositivo” (ved. pag. 9 impugnata sentenza); e ciò in quanto l’accoglimento del ricorso dovrà portare alla condanna della resistente a tutte le spese e competenze di lite, a cominciare da quelle del primo grado.

Anche il secondo motivo deve ritenersi privo di pregio, alla luce di quanto sopra esposto con riferimento al primo.

Sulla base di quanto sopra esposto il ricorso va respinto.

Non si deve provvedere sulle spese in quanto la parte intimata non ha svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 1 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 15 aprile 2010

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