Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9025 del 31/03/2021

Cassazione civile sez. I, 31/03/2021, (ud. 10/11/2020, dep. 31/03/2021), n.9025

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18105/2019 proposto da:

W.M., rappresentato e difeso dall’Avv. Marco Lanzilao, con

domicilio eletto presso il suo studio in (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t., rappresentato e

difeso dall’Avvocatura dello Stato con domicilio eletto in Roma, via

dei Portoghesi 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO DI PERUGIA n. 201/19,

depositata il 4 aprile 2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/11/2020 dal Consigliere GORI PIERPAOLO.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

– Con sentenza n. 201, depositata in data 4.4.2019 nella controversia iscritta al RGN 376/2018, la Corte d’Appello di Perugia rigettava l’appello proposto da W.M., cittadino senegalese, confermando l’ordinanza emessa dal Tribunale di Perugia ex art. 702 bis c.p.c., in forza della quale era stata rigettata l’impugnazione del provvedimento emesso dalla Commissione territoriale di Perugia con il quale era stato negato al richiedente il riconoscimento della protezione internazionale (status di rifugiato o sussidiaria) e umanitaria. Il richiedente aveva reso noto di essere fuggito dal Senegal in quanto minacciato e perseguitato senza aver ottenuto tutela dalle autorità statali cui si era rivolto, ma il racconto era stato ritenuto non credibile.

– Avverso la decisione in data 1.4.2019 il richiedente ha notificato ricorso, affidato a sei motivi, cui replica il Ministero dell’Interno con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

– In via preliminare, il Ministero controricorrente eccepisce l’inammissibilità del ricorso in quanto a suo dire portante censure, presentate come violazioni di legge, che in realtà prospettano una diversa ricostruzione dei fatti già accertati dai giudici del merito. La censura è scrutinabile unicamente insieme alla disamina dei singoli motivi.

– Con il primo motivo il ricorrente censura – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, – la nullità della sentenza di appello per omessa motivazione ovvero motivazione apparente, non avendo il giudice d’appello esposto lo svolgimento del processo, nè indicato quali fossero le doglianze dell’appellante nè avendo argomentato il proprio convincimento. Con il secondo motivo il ricorrente deduce – ai fini dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, – l’errato o omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, consistente nella condizione di pericolosità e di violenza generalizzata in Senegal, oltre all’omessa consultazione di fonti informative.

Con il terzo motivo il ricorrente lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, – l’errato o omesso esame delle dichiarazioni rese dal ricorrente alla Commissione Territoriale e delle allegazioni portate in giudizio per la valutazione della condizione personale del ricorrente, oltre che l’omessa acquisizione di fonti informative attualizzate, l’omessa cooperazione istruttoria e l’omessa audizione del richiedente, in violazione dei principio di cooperazione istruttoria.

– Con il quarto motivo il ricorrente censura – ai sensi art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, – la mancata concessione della protezione sussidiaria cui il ricorrente aveva diritto ex lege in ragione delle attuali condizioni socio politiche del paese di origine; il motivo, oltre che la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 7 e 14, denuncia anche per l’omesso esame delle fonti informative attualizzate sul Senegal e l’omessa applicazione dell’art. 10 Cost..

– Con il quinto motivo il ricorrente deduce – ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, – la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 4,5,6 e 14 ed il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, nonchè il difetto di motivazione e il travisamento dei fatti in conseguenza dell’assoluta istruttoria in merito alle condizioni del paese di origine del ricorrente idonee a determinare una ipotesi di motivazione apparente.

– Con il sesto motivo il ricorrente deduce – con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, – l’omissione da parte della Corte d’appello della valutazione dell’applicabilità al ricorrente della protezione, ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, non potendo essere rifiutato il permesso di soggiorno allo straniero, qualora ricorrano seri motivi di carattere umanitario, nonchè del D.Lgs., art. 19, ult. cit..

che vieta l’espulsione dello straniero che possa essere perseguitato nel suo paese di origine o che ivi possa correre gravi rischi, anche in relazione alle previsioni di cui al D.P.R. n. 349 del 1999, art. 28, comma 1 e alla L. n. 110 del 2017 che ha introdotto il reato di tortura ed ai principi generali di cui all’art. 10 Cost. e all’art. 3 CEDU, oltre che l’omessa applicazione dell’art. 10 Cost., stesso.

– I motivi primo e quinto possono essere affrontati congiuntamente in quanto connessi, e sono da affrontarsi prioritariamente anche su di un piano logico perchè dal loro accoglimento deriverebbe la nullità della sentenza per motivazione apparente. A riguardo va disattesa l’eccezione preliminare del Ministero controricorrente, poichè trattasi di censure relative all’iter logico motivazionale della decisione e non al suo contenuto nella valutazione del fatto.

– I due motivi sono fondati. Nella decisione della Corte d’appello di Perugia manca totalmente il riepilogo del fatto processuale, fatta eccezione per la menzione di una intervenuta cassazione con rinvio; non viene inoltre individuato il theme decidendum e, in particolare, quale sia la domanda dell’appellante, non essendo idoneo a tal fine il laconico e tautologico richiamo al “come in atti” contenuto a p.2 della decisione. Inoltre, non è indicato quale sia il fatto materiale nè è riportato il racconto del richiedente, neppure in sintesi e, più in generale, la decisione non fa riferimenti individuati alla fattispecie concreta, restando sul piano dei principi generali giurisprudenziali e normativi. Il giudice d’appello così facendo non si sofferma a soppesare le dichiarazioni del ricorrente nella sua credibilità e coerenza logica nel rispetto dei principi giurisprudenziali sopra richiamati.

– Tale motivazione non è controllabile nel suo iter logico, disancorato da precisi riferimenti al quadro fattuale e probatorio (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 2014), ed è idonea ad attagliarsi ad una serie indefinita e non individuata di fattispecie. Si è, in conclusione, in presenza di una tipica fattispecie di motivazione apparente, ovvero di motivazione che, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente – e, anzi, sovrabbondante, laddove il giudice d’appello si dilunga nella descrizione della normativa che disciplina le varie forme di protezione internazionale o umanitaria – risulta tuttavia costruita in modo tale da rendere impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento decisorio (cfr., per tutte, Cass. n. 9105/2017) e, quindi, tale da non raggiungere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6.

L’accoglimento del primo e quinto motivo, l’assorbiti il secondo, terzo, quarto e sesto, comporta la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio, alla Corte di appello di Perugia in diversa composizione, per procedere ad un nuovo esame in relazione ai profili accolti e provvedere sulle spese di questo giudizio di legittimità.

PQM

La Corte, accoglie il primo e quinto motivo di ricorso, assorbiti il secondo, terzo, quarto e sesto, cassa il provvedimento impugnato in relazione ai profili accolti e rinvia alla Corte di appello di Perugia in diversa composizione, anche per le spese.

Così deciso in Roma, il 10 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2021

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