Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9022 del 19/04/2011

Cassazione civile sez. I, 19/04/2011, (ud. 12/11/2010, dep. 19/04/2011), n.9022

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

D.F., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la

cancelleria della Corte di cassazione, rappresentato e difeso

dall’avv. Marra Alfonso Luigi per procura in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende per

legge;

– controricorrente –

avverso il decreto della Corte d’appello di Napoli in data 5 dicembre

2008, nella causa iscritta al n. 3541/08 V.G.;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio in

data 12 novembre 2010 dal relatore, cons. Dott. Stefano Schiro’;

alla presenza del Pubblico ministero, in persona del sostituto

procuratore generale, dott. RUSSO Rosario Giovanni, che nulla ha

osservato.

LA CORTE:

Fatto

PREMESSO IN FATTO

CHE:

1. e’ stata depositata in cancelleria relazione redatta ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti; D.F. ha proposto ricorso per cassazione avverso il decreto in data 5 dicembre 2008, con il quale la Corte di appello di Napoli ha condannato il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento in suo favore della somma di Euro 8.333,00, a titolo di indennizzo per il superamento in primo grado del termine di ragionevole durata di un processo, instaurato davanti al Tar Campania per una controversia in materia di pubblico impiego con ricorso depositato il 29 gennaio 1990 e non ancora definito alla data del 19 gennaio 2008;

il Ministero intimato ha resistito con controricorso.

Diritto

OSSERVA IN DIRITTO

2. la Corte di appello di Napoli ha accolto la domanda nella misura di Euro 8.333,00, a titolo di indennizzo del solo danno non patrimoniale, avendo accertato una durata del processo superiore di 10 anni e cinque mesi a quella ragionevole, determinata in tre anni, considerando altresi’ prescritta la pretesa del ricorrente in relazione al periodo ricompreso tra il 29 gennaio 1993 e il 9 giugno 1998, e liquidato l’indennizzo nella misura di Euro 800,00 ad anno in considerazione della mancata presentazione della istanza di prelievo;

3. parte ricorrente ha censurato il decreto impugnato, proponendo otto motivi di ricorso, con i quali ha lamentato:

– la mancata applicazione della normativa comunitaria alla stregua dell’interpretazione fornita dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, con la formulazione del seguente quesito di diritto: “la L. n. 89 del 2001 e specificamente l’art. 2 costituisce applicazione dell’art. 65, par. 1 della CEDU e in ipotesi di contrasto tra la Legge Pinto e la Convenzione europea dei diritti dell’uomo ovvero di lacuna della legge nazionale si deve disapplicare la legge nazionale ed applicare la CEDU?” (primo motivo);

– il calcolo dell’equo indennizzo solo con riferimento al periodo eccedente la ragionevole durata della causa, e non all’intera durata del giudizio e l’inosservanza, con vizio di motivazione, dei parametri europei ai fini della quantificazione del danno non patrimoniale (motivi da due a sei);

– il mancato riconoscimento, in violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato e con vizio di motivazione, del bonus di Euro 2.000,00 in ragione della natura della controversia attinente a questione inerente a rapporto di pubblico impiego (settimo e ottavo motivo);

4. il primo motivo e’ inammissibile, in quanto il quesito formulato e’ del tutto generico e senza nessuna attinenza al decisum del decreto impugnato;

– i motivi da due a sei sono privi di fondamento; infatti nella parte in cui si invoca la liquidazione dell’indennizzo per ogni anno di durata del processo, deve ritenersi vincolante per il giudice nazionale il disposto della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 3, lett. a), ai sensi del quale e’ influente solo il danno riferibile al periodo eccedente il termine ragionevole di durata del processo (Cass. 2005/21597; 2008/14); per quanto concerne la determinazione del parametro per indennizzare la parte del danno non patrimoniale subito nel processo presupposto, va considerato che la CEDU, in due recenti decisioni (Volta et autres c. Italia, del 16 marzo 2010;

Falco et autres c. Italia, del 6 aprile 2010) ha ritenuto che potessero essere liquidate, a titolo di indennizzo per il danno non patrimoniale da eccessiva durata del processo, in relazione ai singoli casi e alle loro peculiarita’, somme complessive d’importo notevolmente inferiore a quella di mille/00 Euro annue normalmente liquidata, con valutazioni del danno non patrimoniale che consentono al giudice italiano di procedere, in relazione alle particolarita’ della fattispecie, a valutazioni piu’ riduttive rispetto a quelle in precedenza ritenute congrue (v. Cass. 2010/14753; 2010/15130); nel caso di specie – considerati i margini di valutazione equitativa adottabili in conformita’ dei criteri ricavabili dalla sopra menzionata giurisprudenza della CEDU e valutate le specificita’ del caso in relazione al protrarsi della procedura dinanzi al TAR Campania oltre i limiti ragionevoli di durata, tenuto conto in particolare della mancata presentazione della istanza di prelievo e quindi del comportamento del ricorrente che non ha adottato alcuna iniziativa diretta a rappresentare l’urgenza o l’esigenza di una sollecita definizione del giudizio amministrativo – l’importo di Euro 8.333,00 liquidato dalla Corte di appello di Napoli e’ conforme, nei margini di discrezionalita’ riconosciuti al giudice di merito, a quello determinabile sulla scorta dei principi fissati dalla giurisprudenza della CEDU, in precedenza richiamati, e comunque non se ne discosta in misura irragionevole;

– il settimo e l’ottavo motivo sono manifestamente infondati, in quanto non puo’ ravvisarsi un obbligo di diretta applicazione dell’orientamento della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, secondo cui va riconosciuta una somma forfetaria nel caso di violazione del termine nei giudizi aventi particolare importanza, fra cui anche la materia del lavoro; da tale principio, infatti, non puo’ derivare automaticamente che tutte le controversie di tal genere debbano considerarsi di particolare importanza, spettando al giudice del merito valutare se, in concreto, la causa previdenziale abbia avuto una particolare incidenza sulla componente non patrimoniale del danno, con una valutazione discrezionale che non implica un obbligo di motivazione specifica, essendo sufficiente, nel caso di diniego di tale attribuzione, una motivazione implicita (Cass. 2006/9411; 2008/6898);

5. in base alle considerazioni che precedono il ricorso deve essere rigettato e le spese processuali, da liquidarsi come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore del Ministero dell’Economia e delle Finanze delle spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in Euro 900,00, oltre alle spese prenotate a debito.

Cosi’ deciso in Roma, il 12 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 19 aprile 2011

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