Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9021 del 31/03/2021

Cassazione civile sez. I, 31/03/2021, (ud. 10/11/2020, dep. 31/03/2021), n.9021

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13791/2019 proposto da:

R.M., rappresentato e difeso dall’Avv. Paolo Paciaroni,

domiciliato presso la Cancelleria della Corte;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t., rappresentato e

difeso dall’Avvocatura dello Stato con domicilio eletto in Roma, via

dei Portoghesi 12, costituito ai soli fini dell’eventuale

partecipazione all’udienza di discussione ex art. 370 c.p.c., comma

1;

– resistente –

avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO DI ANCONA n. 2313/18,

depositata il 24 ottobre 2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/11/2020 dal Consigliere Dott. PIERPAOLO GORI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– Con sentenza n. 2313, depositata in data 24.10.2018 nella controversia iscritta al RGN 2429/2017, la Corte d’Appello di Ancona rigettava l’appello proposto da R.M., cittadino (OMISSIS), confermando l’ordinanza emessa dal Tribunale di Ancona ex art. 702 bis c.p.c., a mezzo della quale era stata a sua volta rigettata l’impugnazione del provvedimento emesso dalla Commissione territoriale di Ancona con cui gli era stato negato il riconoscimento della protezione internazionale e umanitaria.

– Avverso la decisione in data 19.4.2019 il richiedente ha notificato ricorso, affidato a due motivi, mentre il Ministero dell’Interno si è costituito ai soli fini dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione ex art. 370 c.p.c., comma 1.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– Con il primo motivo il ricorrente censura – ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 – la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) oltre che il vizio di motivazione, per aver la Corte d’appello ritenuto di negare la protezione internazionale sussidiaria mancando di accertare, con riferimento all’attualità, la dedotta sussistenza di instabilità socio-politica e di violenza indiscriminata nel Paese di origine.

Con il secondo motivo il ricorrente deduce – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 1, del D.P.R. n. 394 del 1999, art. 11, comma 1 ter – regolamento di attuazione – nonchè il vizio motivazionale per aver la Corte d’appello escluso la sussistenza dei presupposti giustificanti la protezione gradata per motivi umanitari con decisione contraria al consolidato orientamento giurisprudenziale circa la situazione dei diritti in (OMISSIS) e con particolare riferimento alla zona di provenienza del ricorrente.

I motivi possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi e presentano profili di inammissibilità e di infondatezza. In disparte dal fatto che il secondo motivo censura il vizio motivazionale senza richiamare il pertinente paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la Corte d’appello ha citato espressamente autorevoli fonti aggiornate (“cfr. il sito costantemente aggiornato del Ministro degli Affari Esteri (…) United States Department of State (…) EASO” p.16 sentenza impugnata). Sulla base di tali informazioni recenti, la sentenza impugnata ha compiuto un preciso accertamento in fatto sia riguardo l’assenza dei presupposti per l’umanitaria alle pagg.17 e 18 della sentenza, non discendente meramente dalla scarsa credibilità del richiedente ma anche da un suo difetto di allegazione di specifiche condizioni di debolezza e di individualizzazione della censura, sia riguardo l’assenza dei presupposti di cui alla lett. c) del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 con riferimento all’assenza di minaccia grave e individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata a pag. 11-17 della sentenza impugnata in termini molto argomentati e diffusi.

Orbene, questi accertamenti in fatto, che implicano anche l’esercizio di reperimento d’ufficio di recenti informazioni, adempimento esercitato già in primo grado e ribadito dalla sentenza impugnata nel quadro dei poteri devolutivi del giudice di appello, sono apoditticamente svalutati in ricorso (ad es. alle pagg.6-7) e non è decisivo il generico richiamo ad alcune decisioni di merito contenuto in ricorso, legate comunque evidentemente alle condizioni esistenti nel Paese al momento in cui sono state emesse. In sintesi, alle statuizioni in fatto adottate dal giudice di appello viene semplicemente contrapposta una ricostruzione opposta secondo cui vi sarebbero serie compressioni di diritti fondamentali a danno del richiedente, deduzioni non supportata da allegazioni in fatto circostanziate.

Va al proposito ribadito che il dovere di cooperazione istruttoria del giudice, è sì disancorato dal principio dispositivo e libero da preclusioni e impedimenti processuali, ma presuppone l’assolvimento da parte del richiedente dell’onere di allegazione dei fatti costitutivi della sua personale esposizione a rischio, a seguito del quale opera il potere-dovere del giudice di accertare anche d’ufficio se, e in quali limiti, nel Paese di origine del richiedente si verifichino fenomeni tali da giustificare l’applicazione della misura richiesta, non potendosi considerare fatti di comune e corrente conoscenza quelli che vengono via via ad accadere nei Paesi estranei alla Comunità Europea (cfr. quanto alla protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c) Cass. Sez. 1 -, Ordinanza n. 11096 del 19/04/2019 e, quanto all’umanitaria, Cass. Sez. 1 -, Ordinanza n. 14548 del 09/07/2020, Rv. 658136 – 01), al fine di contrastare gli specifici accertamenti in fatto a sè sfavorevoli operati dalla Corte d’appello.

In conclusione, il ricorso va disatteso, e nessun provvedimento va adottato sulle spese, in presenza di mera costituzione del Ministero senza svolgimento delle difese. Nessuna statuizione dev’essere adottata dalla Corte in conseguenza dell’eventuale ammissione al gratuito patrocinio (Cass. Sez. 1 -, Ordinanza n. 11677 del 16/06/2020, Rv. 657953 – 01).

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza allo stato dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, il 10 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2021

 

 

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