Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9016 del 31/03/2021

Cassazione civile sez. I, 31/03/2021, (ud. 10/11/2020, dep. 31/03/2021), n.9016

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9846/2019 proposto da:

V.D., rappresentato e difeso dall’Avv. Enrico Gamberini,

domiciliato presso la Cancelleria della Corte;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t.;

– intimato –

avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO DI BOLOGNA n. 475/19,

depositata il 12 febbraio 2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/11/2020 dal Consigliere Dott. PIERPAOLO GORI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– Con sentenza n. 475, depositata in data 12.2.2019 nella controversia iscritta al RGN 844/2017, la Corte d’Appello di Bologna accoglieva l’appello proposto dal Ministero dell’Interno e riformava l’ordinanza emessa dal Tribunale di Bologna ex art. 702 bis c.p.c. in data 2.3.2017. Per l’effetto, veniva rigettata la domanda al riconoscimento della protezione sussidiaria proposta da V.D., cittadino (OMISSIS), in impugnazione del provvedimento emesso dalla Commissione territoriale di Bologna con cui gli era stato negato il riconoscimento della protezione internazionale. In particolare, il richiedente rendeva noto di essere fuggito dall'(OMISSIS) per raggiungere il fratello, da anni in Italia, al fine di evitare la guerra in corso nell’est del Paese, in corso dal 2014, in ragione della quale era stato chiamato alle armi.

– Avverso la decisione in data 12.3.2019 il richiedente ha notificato ricorso, affidato ad un motivo invocando la protezione sussidiaria mentre il Ministero dell’Interno non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– Con un unico motivo il ricorrente deduce – ai fini dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 non avendo la Corte d’appello tenuto conto del fatto che a fronte della chiamata alle armi per combattere nelle regioni orientali dell'(OMISSIS), il richiedente non avrebbe potuto esercitare alcuna obiezione di coscienza pur essendogli state richieste condotte che avrebbero comportato la commissione di crimini e violazioni di diritti umani ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 7, lett. e).

– Il motivo è inammissibile. Il motivo non censura utilmente la ratio decidendi espressa dalla Corte d’appello, la quale non si è pronunciata negativamente sulla tutelabilità in chiave di protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14 (danno grave consistente ne “la tortura o altra forma di pena o trattamento inumano o degradante ai danni del richiedente nel suo Paese di origine”) della sottrazione del richiedente alla chiamata alla leva in (OMISSIS) in assenza di possibilità di esercizio del diritto di obiezione e del rischio di commettere violazioni di diritti umani nei confronti di concittadini.

– Piuttosto, si legge in sentenza, la Corte ha compiuto un accertamento in fatto di “totale assenza di prove documentali o di altro genere circa i fatti prospettati, in particolare dell’identità e dell’effettivo paese di provenienza (non essendo stato depositato o mostrato alcun documento di identità rilasciato dal Paese di origine nonostante lo straniero abbia affermato di esser entrato in Italia col passaporto) nonchè della chiamata alla leva” dal momento che il presunto documento di chiamata alla leva non è mai stato “ritualmente depositato dalla parte in giudizio”, ma solo mostrato nel verbale di udienza avanti al GOT e “sommariamente tradotto dallo stesso richiedente senza alcuna garanzia di conformità al suo reale contenuto” (cfr. Ibidem).

– In allegato al ricorso per Cassazione il ricorrente ha prodotto un documento che in effetti è tradotto in italiano e che si legge essere la chiamata alle armi del richiedente, ma non solo non vi è prova alcuna che sia stato prodotto anteriormente nelle fasi di merito del giudizio, dimostrazione che il richiedente avrebbe potuto dare tramite attestazione della Cancelleria della CTR, ma a ben vedere l’accertamento contrario della Corte d’appello neppure è specificamente censurato dal ricorrente sotto il profilo del vizio motivazionale, con allegazione e dimostrazione del fatto decisivo e contrario a quanto statuito dal giudice d’appello ai fini e per gli effetti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile, e nessun provvedimento viene adottato sulle spese, in assenza di costituzione del Ministero.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza allo stato dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, il 10 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2021

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