Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9013 del 11/04/2018


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Cassazione civile, sez. I, 11/04/2018, (ud. 06/12/2017, dep.11/04/2018),  n. 9013

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con atto di citazione notificato il 24 giugno 1999, la ICDC s.n.c. di M.S. & C., nonchè M.I., M.S. e S.G., in proprio e nella qualità di componenti del gruppo musicale “(OMISSIS)”, convenivano in giudizio, dinanzi al Tribunale di Lucera, B.G. e P.F., già componenti dello stesso gruppo, chiedendo dichiararsi il diritto di essi istanti all’uso esclusivo della denominazione e del marchio “(OMISSIS)” e vietarne l’uso da parte dei convenuti, con condanna dei medesimi al risarcimento dei danni arrecati per effetto della loro condotta di concorrenza sleale, ai sensi degli artt. 2564 e 2598 c.c., e con conseguente pubblicazione della sentenza ex art. 2600 c.c..

Il Tribunale adito, con la decisione n. 18/2007, accoglieva la domanda.

2. Con sentenza n. 179/2013, depositata il 13 marzo 2013, la Corte d’appello di Bari accoglieva l’appello proposto dal B. e dal P. avverso la decisione di prime cure. La Corte territoriale riteneva che il prodotto artistico offerto dal duo degli appellanti, al di fuori dell’originario gruppo musicale, fosse chiaramente distinguibile dal prodotto artistico offerto dal gruppo nell’attuale formazione. Di conseguenza rigettava la domanda di inibitoria, di risarcimento del danno e di pubblicazione della sentenza, proposta dagli attori in primo grado.

3. Per la cassazione di tale sentenza hanno proposto ricorso M.I. e M.S., in proprio e quali legali rappresentanti della IDC s.n.c. di M.S. & C., nonchè S.G., sulla base di cinque motivi, ai quali i resistenti B.G. e P.F. hanno replicato con controricorso, contenente, altresì, ricorso incidentale affidato a due motivi.

4. Le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, M.I. e M.S., in proprio e quali legali rappresentanti della IDC s.n.c. di M.S. & C., nonchè S.G., denunciano la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 30 del 2005, art. 22, e degli artt. 7 e 2598 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

1.1. I ricorrenti si dolgono del fatto che la Corte d’appello abbia escluso la concorrenza sleale per imitazione del marchio recante la denominazione del gruppo musicale “(OMISSIS)”, a loro dire posta in essere da B.G. e P.F., per avere i medesimi utilizzato per le loro serate manifesti pubblicitari recanti la dicitura: “F. P. & G. B. già (OMISSIS)”. Il risalto dato al nome del gruppo, scritto in carattere maiuscolo, e le foto raffiguranti il P. e il B. nella vecchia formazione del complesso, come appariva nelle vecchie copertine dei dischi, costituirebbero, invero, elementi idonei a ingenerare nel pubblico l’erroneo convincimento di trovarsi in presenza – non del duo in questione – bensì dell’originario quartetto.

Il giudizio di non confondibilità di tale denominazione con il marchio recante il nome del complesso musicale de quo, operato dalla Corte territoriale, sarebbe, pertanto, da considerarsi palesemente erroneo.

1.2. Il motivo è inammissibile.

1.2.1. Deve, invero, osservarsi – al riguardo che l’apprezzamento del giudice del merito sulla confondibilità, o meno, dei marchi – ai sensi degli artt. 2564 e 2598 cod. civ. – costituisce un giudizio di fatto, incensurabile in Cassazione se sorretto da motivazione immune da vizi logici e giuridici (Cass., 13/03/2017, n. 6382; Cass. 05/02/1979, n. 756).

1.2.2. Nel caso di specie, la Corte d’appello ha accertato (pp. 6 e 7 dell’impugnata sentenza) – con giudizio in fatto incensurabile in questa sede, in presenza di una motivazione non illogica o apparente – che l’utilizzo della denominazione del duo summenzionato, con l’apposizione sul manifesto dell’avverbio di tempo “già”, messo in evidenza al centro, ben distinto dal nome “(OMISSIS)”, collocato al rigo sottostante, fosse stato effettuato in modo da non ingenerare confusione con la denominazione del gruppo dal quale il B. ed il P. erano fuoriusciti. L’utilizzazione di tale denominazione si esauriva, pertanto, ad avviso del giudice di seconde cure, “evidentemente ed inequivocabilmente soltanto nel richiamo alla cessata appartenenza e alle origini dell’attività musicale dei due artisti”.

Con il motivo in esame, per contro, sub specie della violazione di legge, gli istanti prospettano, in sostanza, una diversa ricostruzione del fatto, del tutto inammissibile in questa sede di legittimità. Deve essere, invero, dichiarato inammissibile il motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, con il quale venga proposta una lettura alternativa delle risultanze di causa rispetto a quella fatta propria dal giudice di merito, in assenza di qualsivoglia censura dei criteri ermeneutici asseritamene violati o di specifica indicazione di un preciso “error in iudicando” (cfr., ex plurimis, Cass., 13/10/2017, n. 24155; Cass., 11/01/2016, n. 195).

2. Con il secondo, terzo e quarto motivo di ricorso, M.I. e M.S., in proprio e quali legali rappresentanti della IDC s.n.c. di M.S. & C., nonchè S.G., denunciano l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

2.1. Gli esponenti lamentano che la Corte territoriale abbia inteso escludere la confondibilità tra i marchi sulla base di un’incongrua o addirittura omessa “valutazione sull’istruttoria”, statuendo “su circostanze del tutto divaganti ed estranee alla materia del contendere” – anche per quanto concerne l’esclusione della responsabilità dei resistenti per la diffusione dei volantini recanti il nome del gruppo – e senza tenere conto delle deposizioni rese dai testi assunti.

2.2. Orbene – premesso che il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione non è più deducibile, a seguito della novella dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, introdotta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134 – è del tutto evidente che le doglianze in esame si traducono in una totale rivisitazione del merito della causa, mediante la riproposizione delle questioni di fatto ivi proposte, e con l’implicita sollecitazione a riesaminare le risultanze probatorie in atti, del tutto inammissibile in questa sede di legittimità.

3. Con il quinto motivo di ricorso, M.I. e M.S., in proprio e quali legali rappresentanti della IDC s.n.c. di M.S. & C., nonchè S.G., denunciano la violazione dell’art. 7 c.c., nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

3.1. I ricorrenti lamentano che la Corte d’appello abbia ritenuto peraltro con motivazione del tutto incongrua – di consentire al duo B.- P. di adoperare lo pseudonimo collettivo costituito dal nome del complesso, in violazione dell’art. 7 c.c..

3.2. La censura è inammissibile.

3.2.1. Il ricorso per cassazione deve contenere, invero, a pena di inammissibilità, l’esposizione dei motivi per i quali si richiede la cassazione della sentenza impugnata, aventi i requisiti della specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata (Cass., 25/02/2004, n. 3741; Cass., 23/03/2005, n. 6219; Cass., 17/07/2007, n. 15952; Cass., 19/08/2009, n. 18421).

3.2.2. Nel caso concreto, per contro, il motivo non coglie la ratio decidendi dell’impugnata sentenza, che non ha affatto ritenuto legittimo il comportamento dei resistenti affermando la titolarità della denominazione del gruppo in capo ai medesimi – che ha, anzi, escluso, affermando che “l’uso del nome del gruppo resta di esclusiva pertinenza dell’organizzazione, anche quando taluno degli originari componenti se ne va o venga escluso” -, ma ha riconosciuto loro solo il diritto – ritenuto compatibile con la titolarità della denominazione in capo al gruppo ancora esistente – “di evocare le radici della propria attività artistica attuale”. E su tale punto della motivazione gli istanti non hanno mosso censura alcuna.

3.3. La doglianza, poichè inammissibile, non può, pertanto, trovare accoglimento.

4. Dall’inammissibilità del ricorso principale deriva l’inefficacia del ricorso incidentale tardivo (art. 334 c.p.c., comma 2) (Cass., 26/03/2015, n. 6077; Cass., 06/04/2006, n. 8105), poichè proposto dal B. e dal P. – con ricorso notificato il 3 giugno 2014, mentre la sentenza di appello è stata depositata il 13 marzo 2013 – ben oltre il termine di cui all’art. 327 c.p.c., considerando anche la sospensione feriale.

5. Concorrono giusti motivi, tenuto conto della reciproca soccombenza delle parti, per dichiarare interamente compensate fra le stesse le spese del presente giudizio. Il doppio contributo unificato va posto esclusivamente a carico del solo ricorrente principale, e non anche a carico del controricorrente, il cui ricorso incidentale tardivo è stato dichiarato inefficace a seguito di declaratoria di inammissibilità del ricorso principale, trattandosi di sanzione conseguente alle sole declaratorie di infondatezza nel merito ovvero di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione, D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1 quater (Cass., 25/07/2017, n. 18348).

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso principale; dichiara inefficace il ricorso incidentale; compensa le spese del presente giudizio. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 6 dicembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 11 aprile 2018

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