Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9009 del 19/04/2011

Cassazione civile sez. I, 19/04/2011, (ud. 11/11/2010, dep. 19/04/2011), n.9009

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

M.S., elettivamente domiciliata in Roma, via Vigna di

Morena 69/A, presso ROSSI Anna Maria, rappresentata e difesa

dall’avv. AMATO Felice per procura in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende per legge;

– controricorrente –

avverso il decreto della Corte d’appello di Napoli in data 11 giugno

2008, nel procedimento n. 3942/07 R.G. V.G.;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio in

data 11 novembre 2010 dal relatore, cons. Dott. Stefano Schiro’;

alla presenza del Pubblico ministero, in persona del sostituto

procuratore generale, dott. SGROI Carmelo, che nulla ha osservato.

Fatto

FATTO E DIRITTO

LA CORTE:

A) rilevato che e’ stata depositata in cancelleria, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., la seguente relazione comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti:

“IL CONSIGLIERE RELATORE, letti gli atti depositati;

RITENUTO CHE:

1. M.S. ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di tre motivi, nei confronti del Ministero della Giustizia avverso il decreto in data 11 giugno 2008, con il quale la Corte di appello di Napoli ha condannato detto Ministero al pagamento in favore della ricorrente della somma di Euro 2,756,00, pari ad un importo di Euro 1.000,00 per ogni anno di ritardo, a titolo di equa riparazione L. n. 89 del 2001, ex art. 2, a causa del superamento, nella misura di due anni e nove mesi, del termine ragionevole di durata, stabilito in tre anni, di un giudizio in materia previdenziale, dalla ricorrente medesima proposto davanti al Tribunale di Vallo della Lucania con ricorso depositato il 19 giugno 2000 e definito con sentenza del 14 marzo 2006;

1.1. il Ministero intimato ha resistito con controricorso;

OSSERVA:

2. con i primi due motivi di ricorso, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto strettamente connessi, denunciandosi violazione di legge si censura il decreto impugnato, in quanto la Corte di merito ha determinato la durata ragionevole del giudizio in tre anni, senza tener conto della natura previdenziale della causa, che avrebbe dovuto indurre a stabilire un termine inferiore; con il terzo motivo si contesta la liquidazione delle spese processuali, effettuata con riferimento agli importi tariffari previsti per i procedimenti di natura camerale, anziche’ a quelli stabiliti per i procedimenti contenziosi;

2.1. i primi due motivi appaiono manifestamente infondati, in quanto la Corte di appello, ai fini della determinazione del termine ragionevole di durata, si e’ attenuta ai criteri di valutazione indicati dalla L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2, in conformita’ ai parametri fissati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, anche tenendo conto della natura previdenziale della controversia, secondo un ragionevole criterio di valutazione che resiste alle infondate critiche della ricorrente, considerato comunque che, attesa la natura ordinatoria dei termini previsti dal codice di rito per la trattazione delle controversie di lavoro e di previdenza e assistenza, la violazione del principio della ragionevole durata del processo non puo’ discendere in modo automatico dall’accertata inosservanza dei termini medesimi, dovendo in ogni caso il giudice della riparazione procedere a tale valutazione alla luce degli elementi previsti dalla L. n. 89 del 2001, art. 2 (Cass. 2004/6856;

2005/19204; 2005/19352);

2.2. appare invece manifestamente fondata la censura in ordine all’erronea applicazione della tariffa relativa ai procedimenti camerali, anziche’ di quella attinente al processo contenzioso (Cass. 2008/25352);

3. alla stregua delle considerazioni che precedono e qualora il collegio condivida i rilevi formulati, si ritiene che il ricorso possa essere trattato in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c.”;

B) osservato che non sono state depositate conclusioni scritte o memorie ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. e che, a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso le argomentazioni esposte nella relazione.

ritenuto pertanto che, in base alle considerazioni che precedono, devono essere rigettati i primi due motivi, mentre merita accoglimento il terzo motivo, con conseguentemente annullamento del decreto impugnato in ordine alla censura accolta, e che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa puo’ essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, con la condanna del Ministero della giustizia al pagamento in favore della ricorrente delle spese del giudizio di merito, liquidate come in dispositivo in base alle tariffe professionali previste dall’ordinamento italiano con riferimento al giudizio di natura contenziosa (Cass. 2008/23397; 2008/25352), con distrazione in favore del procuratore della ricorrente medesima, dichiaratosi antistatario;

ritenuto altresi’ che le spese del giudizio di cassazione, da liquidarsi come in dispositivo e compensate nella misura di due terzi in considerazione dell’accoglimento solo parziale del ricorso e limitatamente alla liquidazione delle spese processuali, vanno poste a carico del Ministero soccombente, con distrazione delle stesse in favore del difensore della ricorrente, dichiaratosi antistatario.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta i primi due motivi del ricorso e accoglie il terzo. Cassa il decreto impugnato in ordine alla censura accolta e, decidendo nel merito, condanna il Ministero della Giustizia al pagamento in favore della ricorrente delle spese del giudizio di merito, che si liquidano in Euro 873,00, di cui Euro 378,00 per diritti ed Euro 50,00 per esborsi, oltre a spese generali e accessori di legge.

Condanna inoltre il Ministero della Giustizia al pagamento in favore della ricorrente delle spese del giudizio di cassazione, compensate per due terzi, che si liquidano per l’intero in Euro 330,00 di cui Euro 230,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, con distrazione, per le spese di entrambi i giudizi, in favore del difensore della ricorrente, avv. Felice Amato, dichiaratosi antistatario.

Cosi’ deciso in Roma, il 11 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 19 aprile 2011

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