Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9009 del 06/04/2017
Cassazione civile, sez. VI, 06/04/2017, (ud. 21/02/2017, dep.06/04/2017), n. 9009
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –
Dott. MOCCI Mauro – rel. Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –
Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 5343/2016 proposto da:
“LA MATTANZA SAS DI P.R. E G.B.” (C.F.
(OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro tempore,
P.R., P.S.S., elettivamente
domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE SUPREMA DI
CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato PIETRO CASCIO;
– ricorrenti –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende ope legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3163/01/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE della SICILIA, depositata il 14/07/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non
partecipata del 21/02/2017 dal Consigliere Dott. MAURO MOCCI.
Fatto
RILEVATO IN FATTO
che la Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., delibera di procedere con motivazione sintetica;
che la s.a.s. La Mattanza, P.R. e P.S.S. propongono ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia, che aveva respinto il loro appello contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Palermo. Quest’ultima, a sua volta, aveva respinto il ricorso della società e dei soci avverso le cartelle di pagamento riguardanti IRPEF e IVA per l’anno 2005;
che, nella decisione impugnata, la CTR ha affermato che – in mancanza di qualunque censura circa le notifiche effettuate nei confronti dei soci, con la coeva regolare iscrizione a ruolo dell’IRPEF – la notifica nei confronti della società era avvenuta ritualmente nelle mani del suocero dell’amministratore.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
che il ricorso è affidato a tre motivi;
che, col primo, i ricorrenti lamentano violazione e falsa applicazione dell’art. 145 c.p.c., commi 2 e 3, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3: la notifica al legale rappresentante di una società priva di personalità giuridica non avrebbe potuto effettuarsi ai sensi dell’art. 139 c.p.c..;
che, col secondo, deducono nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, giacchè la CTR avrebbe omesso di pronunziarsi sulla violazione dell’art. 2313 c.c.;
che, col terzo, assumono la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 5, D.P.R. n. 600 del 1973, art. 40 e D.L. n. 16 del 2012, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3): la sentenza impugnata avrebbe erroneamente sostenuto che la mancata censura nell’atto di appello in merito alla omessa notifica degli avvisi non ne avrebbe fatto discendere automaticamente la legittimità della pretesa nei confronti degli stessi soci ai fini IRPEF;
che l’intimata si è costituita con controricorso;
che il primo motivo è infondato.
che gli atti tributari devono essere notificati alla società priva di personalità giuridica presso la sede della stessa, entro l’ambito del domicilio fiscale, secondo le modalità dell’art. 145 c.p.c., comma 2, che richiama in proposito la disciplina delle persone giuridiche, di cui al comma 1;
che qualora tali modalità risultino impossibili, si applica il successivo terzo comma dell’art. 145 c.p.c. e la notifica dovrà essere eseguita “anche” a norma degli artt. 140 e 143 c.p.c.;
che, infatti, la riforma operata dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, modificando la norma in esame, ha previsto non più in via residuale, ma in via alternativa la possibilità di notificare l’atto destinato ad un ente (società, associazione, fondazione), anche se non dotato di personalità giuridica, alla persona che lo rappresenta (purchè ne siano indicati nell’atto la qualità, la residenza, il domicilio o la dimora abituale), secondo le modalità di notificazione disciplinate, per le persone fisiche, dagli artt. 138, 139, 141 (Sez. 6-1, n. 6693 del 03/05/2012); che, in definitiva, la riforma ha inteso estendere l’ambito della ritualità della notifica, senza differenziare fra società dotate di personalità giuridica ed enti privi di personalità giuridica, sicchè la distinzione invocata dalla ricorrente (per negare la legittimità della notifica ai sensi dell’art. 139 c.p.c., comma 2, ad una società in accomandita semplice) è dunque priva di fondamento;
che, pertanto, la notifica eseguita nelle mani del suocero del socio accomandatario, ai sensi dell’art. 139 c.p.c., comma 1, è rituale;
che il secondo motivo è inammissibile;
che, infatti, nella parte narrativa della sentenza impugnata manca una qualche traccia del motivo asseritamente ignorato, e d’altronde, i ricorrenti non hanno allegato l’atto di appello nè riportato specificamente il suddetto motivo. E’ perciò impossibile prendere cognizione dello stesso, posto che l’articolo indicato si limita a definire la nozione di società in accomandita semplice;
che il terzo motivo non è fondato, atteso che la società ha denunciato una questione formale dell’atto presupposto, sicchè per tali problemi il litisconsorzio necessario con i soci non sussiste (Sez. 5, n. 13746 del 06/07/2016; Sez. 5, n. 24795 del 21/11/2014);
che il ricorso va dunque rigettato;
che al rigetto del ricorso segue la condanna dei ricorrenti alla rifusione delle spese processuali in favore della controricorrente, nella misura indicata in dispositivo;
che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna i ricorrenti al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.500 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Motivazione semplificata.
Così deciso in Roma, il 21 febbraio 2017.
Depositato in Cancelleria il 6 aprile 2017