Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9003 del 19/04/2011

Cassazione civile sez. I, 19/04/2011, (ud. 11/11/2010, dep. 19/04/2011), n.9003

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

F.F.A., elettivamente domiciliato in Roma, via

Giulia di Colloredo 46/48, presso l’avv. De Paola Gabriele, che lo

rappresenta e difende per procura in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende per

legge;

– controricorrente –

avverso il decreto della Corte d’appello di Firenze in data 26 marzo

2009, nella causa iscritta al n. 908/08 V.G.;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio in

data 11 novembre 2010 dal relatore, cons. Dott. Stefano Schiro’;

alla presenza del Pubblico ministero, in persona del sostituto

procuratore generale, dott. SGROI Carmelo, che nulla ha osservato;

LA CORTE:

Fatto

PREMESSO IN FATTO

CHE:

1. e’ stata depositata in cancelleria relazione redatta ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti: F.F.A. ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di un motivo, avverso il decreto della Corte di appello di Firenze in data 26 marzo 2009 in materia di equa riparazione L. n. 89 del 2001, ex art. 2 con il quale e’ stato dichiarato improcedibile, ai sensi del D.L. n. 112 del 2008, art. 54 per non essere stata presentata istanza di prelievo di cui al R.D. n. 642 del 1907, art. 51 il ricorso dal medesimo presentato nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze in conseguenza del superamento del termine ragionevole di durata di un giudizio introdotto davanti al TAR del Lazio il 26 aprile 2000 e non ancora definito;

il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha resistito con controricorso;

2. con l’unico motivo di ricorso il ricorrente deduce che il D.L. n. 112 del 2008, art. 54 non e’ applicabile retroattivamente per i giudizi amministrativi introdotti prima dell’entrata in vigore della norma suddetta.

Diritto

OSSERVA IN DIRITTO

3. premesso che nella specie il giudizio amministrativo e’ stato introdotto con ricorso depositato il 26 aprile 2000, prima dell’entrata in vigore della norma sopra richiamata, il ricorso e’ manifestamente fondato, in quanto, in tema di equa riparazione ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, la lesione del diritto alla definizione del processo in un termine ragionevole, di cui all’art. 6, par. 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle liberta’ fondamentali, va riscontrata, anche per le cause davanti al giudice amministrativo, con riferimento al periodo intercorso dall’instaurazione del relativo procedimento, senza che una tale decorrenza del termine ragionevole di durata della causa possa subire ostacoli o slittamenti in relazione alla mancanza dell’istanza di prelievo od alla ritardata presentazione di essa. Ne’ l’innovazione introdotta dal D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 54, comma 2, convertito con L. 6 agosto 2008, n. 133, secondo cui la domanda non e’ proponibile se nel giudizio davanti al giudice amministrativo, in cui si assume essersi verificata la violazione, non sia stata presentata l’istanza “di prelievo” ai sensi del R.D. 17 agosto 1907, n. 642, art. 51 puo’ incidere sugli atti anteriormente compiuti, i cui effetti, in difetto di una disciplina transitoria o di esplicite previsioni contrarie, restano regolati, secondo il fondamentale principio del “tempus regit actum”, dalla norma sotto il cui imperio siano stati posti in essere (Cass. 2008/28428);

4. in base alle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere accolto con conseguente annullamento del decreto impugnato; non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa puo’ essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2; in particolare, determinato in determinato in quattro anni e otto mesi il periodo di durata non ragionevole del giudizio presupposto, protrattosi complessivamente per circa sette anni e otto mesi, in quanto promosso con ricorso depositato il 26 aprile 2000 e non ancora definito alla data di presentazione del ricorso per equa riparazione (2 dicembre 2008) – previa detrazione da tale durata complessiva del periodo di durata ragionevole di tre anni -, il parametro per indennizzare la parte del danno non patrimoniale subito in detto giudizio va individuato nell’importo non inferiore ad Euro 750,00 per anno di ritardo, alla stregua degli argomenti svolti nella sentenza di questa Corte n. 16086 del 2009; secondo tale pronuncia, in tema di equa riparazione per violazione del diritto alla ragionevole durata del processo e in base alla giurisprudenza della Corte dei diritti dell’uomo (sentenze 29 marzo 2006, sui ricorsi n. 63261 del 2000 e nn. 64890 e 64705 del 2001), gli importi concessi dal giudice nazionale a titolo di risarcimento danni possono essere anche inferiori a quelli da essa liquidati, “a condizione che le decisioni pertinenti” siano “coerenti con la tradizione giuridica e con il tenore di vita del paese interessato”, e purche’ detti importi non risultino irragionevoli, reputandosi, peraltro, non irragionevole una soglia pari al 45 per cento del risarcimento che la Corte avrebbe attribuito, con la conseguenza che, stante l’esigenza di offrire un’interpretazione della L. 24 marzo 2001, n. 89 idonea a garantire che la diversita’ di calcolo non incida negativamente sulla complessiva attitudine ad assicurare l’obiettivo di un serio ristoro per la lesione del diritto alla ragionevole durata del processo, evitando il possibile profilarsi di un contrasto della medesima con l’art. 6 della CEDU (come interpretata dalla Corte di Strasburgo), la quantificazione del danno non patrimoniale deve essere, di regola, non inferiore a Euro 750,00 per ogni anno di ritardo eccedente il termine di ragionevole durata; tali principi vanno confermati in questa sede, con la precisazione che il suddetto parametro va osservato in relazione ai primi tre anni eccedenti la durata ragionevole, dovendo invece aversi riguardo per quelli successivi, al parametro di Euro 1.000,00 per anno di ritardo, tenuto conto che l’irragionevole durata eccedente tale periodo comporta un evidente aggravamento del danno (Cass. 2009/16086; 2010/819); nel caso di specie si deve, di conseguenza, riconoscere al ricorrente, in relazione ad una durata non ragionevole di quattro anni e otto mesi, l’indennizzo di Euro 3.917,00, oltre agli interessi legali dalla domanda al saldo, al cui pagamento deve essere condannato il Ministero soccombente;

le spese del giudizio di merito e quelle del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo, in base alle tariffe professionali previste dall’ordinamento italiano con riferimento al giudizio di natura contenziosa (Cass. 2008/23397;

2008/25352), con distrazione delle spese di entrambi i giudizi in favore del ricorrente, avv. Gabriele De Paola, dichiaratosi antistatario.

PQM

LA CORTE accoglie il ricorso. Cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento in favore del ricorrente della somma di euro 3.917,00, oltre agli interessi legali a decorrere dalla domanda.

Condanna inoltre il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento delle spese del giudizio di merito, che si liquidano in Euro 873,00, di cui Euro 378,00 per competenze ed Euro 50,00 per esborsi, oltre a spese generali e accessori di legge, nonche’ di quelle del giudizio di cassazione, che si liquidano in Euro 665,00 di cui Euro 565,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, con distrazione, per le spese di entrambi i giudizi, in favore del difensore del ricorrente, avv. De Paola Gabriele, dichiaratosi antistatario.

Cosi’ deciso in Roma, il 11 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 19 aprile 2011

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