Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9002 del 15/05/2020

Cassazione civile sez. II, 15/05/2020, (ud. 16/10/2019, dep. 15/05/2020), n.9002

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27889/2015 proposto da:

B.M.T., P.S., P.L.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CARONCINI 6, presso lo studio

dell’avvocato GENNARO CONTARDI, che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE – in qualità di

successore dell’INPDAP nonchè quale procuratore speciale e

successore di SCIP SOCIETA’ CARTOLARIZZAZIONE IMMOBILI PUBBLICI SRL,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso lo

studio dell’avvocato MARIA MORRONE che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6093/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 03/11/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/10/2019 dal Consigliere Dott. ELISA PICARONI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato Gennaro Contardi, difensore dei ricorrenti, che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso e della memoria depositata ex

art. 378 c.p.c.;

udito l’Avvocato Filippo Mangiapane, con delega orale dell’avvocato

Maria Morrone, difensore del resistente che ha chiesto il rigetto

del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Oggetto del ricorso è la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 6093 pubblicata il 3 novembre 2015, che ha accolto l’appello proposto da Scip s.r.l. e INPDAP – al quale è succeduto nel 2012 l’INPS – avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 6754 del 2007 e nei confronti di P.S., B.M.T. e P.L..

1.1. Il Tribunale aveva accolto la domanda proposta dai sigg. P. – B., e per l’effetto aveva trasferito alla B. ai sensi dell’art. 2932 c.c., l’immobile sito in (OMISSIS), di proprietà dell’INPDAP, poi trasferito a SCIP s.r.l. con D.M. 30 novembre 2001 e condotto in locazione dal P. a far tempo dal 1969.

2. La sentenza è stata riformata dalla Corte d’appello.

2.1. Sulla premessa generale che, in materia di dismissione del patrimonio immobiliare degli Enti previdenziali pubblici, il diritto di opzione-prelazione a favore del conduttore non scaturisca direttamente dalla legge, la Corte territoriale ha rilevato che la B. non era mai stata destinataria di proposta di acquisto, oltre a non essere in possesso dei requisiti per rendersi acquirente dell’immobile in oggetto.

2.1. Più in dettaglio, la Corte d’appello ha accertato che il suddetto immobile era stato concesso in locazione per uso non abitativo dalla Cassa per le Pensioni ai Dipendenti degli Enti Locali (CPDEL, poi INPDAP) a P.S. nel 1969; che nel 2003 la società SCIP srl, alla quale l’immobile era stato trasferito nell’ambito della “cartolarizzazione”, l’aveva offerto in opzione al P. al prezzo previsto per gli immobili destinati ad uso diverso dall’abitazione; che il P. aveva rifiutato di esercitare l’opzione, ritenendo di avere diritto al prezzo agevolato, atteso l’avvenuto mutamento di destinazione dell’immobile.

2.2. Secondo la Corte territoriale non vi era stato l’incontro delle volontà negoziali tra P. e la SCIP, mentre non risultava formulata alcuna opzione alla B. ed erano ininfluenti gli accordi raggiunti dai coniugi P. – B. in sede di separazione consensuale nel 2002, giacchè a quel tempo il diritto di opzione “non era entrato nella loro sfera giuridica”.

2.3. Ulteriormente, la Corte d’appello ha rilevato che la B. non avrebbe comunque potuto rendersi acquirente dell’immobile, essendo proprietaria della metà dell’appartamento situato nel medesimo complesso immobiliare, al (OMISSIS), acquistato in regime di comunione dei beni nel (OMISSIS), a seguito di opzione esercitata dal P. che era conduttore anche di quell’immobile.

3. Ricorrono per la cassazione della sentenza P.S., B.M.T. e P.L. sulla base di tre motivi. Resiste con controricorso l’INPS in qualità di successore ex lege di INPDAP nonchè procuratore speciale e successore di SCIP srl (Società di cartolarizzazione degli immobili pubblici). I ricorrenti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1 Con il primo motivo è denunciata violazione o falsa applicazione della L. n. 392 del 1978, art. 6, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia.

Assumono i ricorrenti che, per effetto degli accordi intervenuti in sede di separazione consensuale omologata, la B. era subentrata ope legis nella conduzione dell’immobile sito in (OMISSIS), come peraltro comunicato tempestivamente all’INPDAP, e pertanto doveva ritenersi trasferita alla B. anche l’offerta di acquisto dell’immobile inviata al P. nel 2003, che la B. aveva accettato.

Inoltre, in data (OMISSIS) P.L., figlio della coppia, aveva trasferito la residenza nell’immobile in oggetto, con la conseguenza che, in ipotesi di ritenuta impossibilità di acquisto in capo alla conduttrice B., l’acquisto avrebbe potuto perfezionarsi in capo al figlio convivente che aveva agito unitamente alla madre per ottenere il trasferimento dell’immobile.

2. Con il secondo motivo è denunciata violazione o falsa applicazione della L. n. 392 del 1978, art. 80, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

I ricorrenti evidenziano che il mutamento di destinazione dell’immobile si era verificato in epoca risalente, poichè l’immobile era stato utilizzato come abitazione e l’INPDAP non aveva chiesto la risoluzione del contratto entro l’anno dal mutamento di destinazione. Di qui il diritto della B. o, in subordine, del figlio convivente P.L., ad acquistare l’immobile al prezzo agevolato in quanto conduttori di immobile adibito ad uso abitativo.

3. Con il terzo motivo di ricorso è denunciata violazione o falsa applicazione dell’art. 2932 c.c., D.Lgs. n. 104 del 1996, art. 6, comma 5, L. n. 622 del 1996, art. 3, comma 109, D.L. n. 351 del 2001, art. 3, comma 29 (recte, art. 20), conv. con modif. dalla L. n. 410 del 2001, D.M. 18 dicembre 2001, D.M. 21 novembre 2002 e D.M. 28 novembre 2002, n. 279, nonchè insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia.

I ricorrenti sostengono che, diversamente da quanto affermato dalla Corte d’appello, il P. e la B., subentrata ope legis nella conduzione dell’immobile, avevano risposto alla proposta di alienazione formulata da SCIP al P., e l’avevano accettata evidenziando però che il prezzo doveva riferirsi all’uso abitativo.

4. I motivi sono privi di fondamento, ove non inammissibili.

4.1. Il vizio di motivazione, come denunciato nel primo e nel terzo motivo, è inammissibile strutturalmente.

Secondo l’orientamento ormai assurto a diritto vivente (ex plurimis, Cass. Sez. U. 07/04/2014, n. 8053), con l’art. 360 c.p.c., n. 5, nel testo modificato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. b), conv. con modif. dalla L. n. 134 del 2012, applicabile ratione temporis, è assicurato al ricorso per cassazione solo una sorta di “minimo costituzionale”, sicchè non è più consentito denunciare un vizio di motivazione se non quando esso dia luogo, in realtà, ad una vera e propria violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4.

Ciò si verifica soltanto in caso di mancanza grafica della motivazione, o di motivazione del tutto apparente, oppure di motivazione perplessa od oggettivamente incomprensibile, oppure di manifesta e irriducibile sua contraddittorietà e sempre che i relativi vizi emergano dal provvedimento in sè, esclusa la riconducibilità in detta previsione di una verifica sulla sufficienza e razionalità della motivazione medesima mediante confronto con le risultanze probatorie, come invece denunciato nell’odierno ricorso.

4.2. Non può essere esaminata nel merito la doglianza riguardante la domanda subordinata, di acquisto della proprietà dell’immobile in capo a P.L., figlio di P.S. e B.M.T., all’epoca convivente con la madre.

La Corte d’appello ha affermato (pag. 10 della sentenza) che “la domanda subordinata va ritenuta abbandonata”, e l’affermazione non è in alcun modo censurata dai ricorrenti.

4.3. Le ulteriori doglianze di violazione di legge, che possono essere esaminate congiuntamente, sono infondate.

5. In premessa si devono richiamare i principi progressivamente enucleati dalla giurisprudenza di questa Corte in materia di dismissione del patrimonio immobiliare dello Stato e degli enti pubblici, disciplinata inizialmente dal D.Lgs. n. 104 del 1996 e in seguito, per quanto di rilievo in questa sede, dal D.L. n. 351 del 2001, conv. con modif. dalla L. n. 410 del 2001 (ex plurimis, in ordine cronologico, Cass. Sez. U. 12/03/2007, n. 5593; Cass. Sez. U. 02/12/2010, n. 24417; Cass. 13/07/2012, n. 12016; Cass. Sez. U. 22/04/2013, n. 9692; Cass. Sez. U. 25/03/2016, n. 6023; Cass. Sez. U. 19/07/2018, n. 19281).

5.1. Come rilevato nelle numerose pronunce, con il D.L. n. 351 del 2001, art. 3, nel testo risultante dalle successive modifiche (apportate dalla Legge di Conversione n. 410 del 2001, dal D.L. n. 269 del 2003, e infine dalla L. n. 350 del 2003), il legislatore ha riconosciuto in capo al conduttore di unità immobiliare adibita ad uso residenziale il diritto di opzione per l’acquisto dell’immobile condotto in locazione, al prezzo determinato secondo quanto disposto dai commi 7 e 8 del medesimo articolo. Tale diritto si aggiunge a quello di prelazione già configurato dal D.Lgs. n. 104 del 1996.

5.2. L’opzione è parificata nel regime normativo alla proposta irrevocabile ex artt. 1331 e 1329 c.c. e si sostanzia di un rapporto in base al quale l’ente interessato alla dismissione, o la società mandataria si obbliga a rimanere vincolato alla propria dichiarazione, e il conduttore ha facoltà di accettarla o meno.

L’individuazione del prezzo di vendita dell’immobile, ancorchè da individuarsi in base ai criteri normativi, rientra nella disponibilità dell’offerente e non costituisce un diritto dell’oblato. Soltanto con l’accettazione, che costituisce esercizio del diritto di opzione al prezzo indicato dall’ente al momento dell’offerta in vendita, si realizza l’incontro delle volontà che dà luogo ad un contratto preliminare.

6. Nella fattispecie in esame si discute di un diritto di opzione che, come correttamente evidenziato dalla Corte d’appello, non è stato esercitato dal soggetto al quale era stata indirizzata l’offerta. Il P., infatti, non accettò l’offerta inviatagli nel 2003 di acquistare l’immobile a prezzo intero, ritenendo di avere diritto alla riduzione prevista per gli immobili destinati ad abitazione, mentre la B. non è stata destinataria di alcuna offerta.

6.1. I ricorrenti assumono che la B. sarebbe subentrata al P. nella qualità di conduttore dell’immobile per effetto dell’accordo raggiunto in sede di separazione consensuale nel 2002, e che perciò sarebbe stata destinataria dell’offerta in vendita del 2003, che avrebbe poi accettato.

La tesi è priva di fondamento.

6.1. L’invocato della L. n. 392 del 1978, art. 6, recante la disciplina della successione nel contratto di locazione, prevede: ” In caso di morte del conduttore, gli succedono nel contratto il coniuge, gli eredi ed i parenti ed affini con lui abitualmente conviventi.

In caso di separazione giudiziale, di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili dello stesso, nel contratto di locazione succede al conduttore l’altro coniuge, se il diritto di abitare nella casa familiare sia stato attribuito dal giudice a quest’ultimo.

In caso di separazione consensuale o di nullità matrimoniale al conduttore succede l’altro coniuge se tra i due si sia così convenuto”.

La norma riguarda la successione nel contratto di locazione dell’immobile che costituisce la casa familiare, nel quale il conduttore vive unitamente alla famiglia (nell’accezione ampliata da Corte costituzionale n. 404 del 1988), non di qualsiasi immobile condotto in locazione da uno dei due coniugi.

La ratio legis risiede, infatti, nella tutela del diritto all’abitazione delle persone che convivono con il conduttore nel caso in cui il predetto cessi di occupare l’immobile per morte o per separazione o divorzio (commi 2 e 3). In tali ipotesi, al posto del conduttore originario subentra un familiare convivente, il coniuge separando o divorziando, che invece continua ad occupare quell’immobile.

6.2. Niente di ciò è avvenuto nella fattispecie in esame nella quale, per quanto riferito dagli stessi ricorrenti (pagina 17 del ricorso), l’accordo di separazione prevedeva l’allontanamento della B. dalla casa familiare – sita al (OMISSIS) – nella quale è rimasto a vivere il P.. L’appartamento situato in (OMISSIS), condotto in locazione dal P., nel quale la B. si è trasferita (poco conta se prima o contestualmente all’accordo di separazione), non era la casa familiare, e dunque non poteva verificarsi l’invocato subentro nel contratto di locazione.

7. La questione della successione nel contratto di locazione risulta, peraltro, non decisiva in ragione del fatto che il ricorso non confuta l’ulteriore, autonoma ratio decidendi espressa dalla Corte d’appello a sostegno della decisione, vale a dire la carenza in capo alla B. del requisito previsto dal D.L. n. 351 del 2001, art. 3, comma 6, essendo la predetta già proprietaria di immobile ad uso abitativo nel comune di residenza.

7.1. E’ pacifico, infatti, che la B. aveva acquistato nel (OMISSIS) in regime di comunione legale l’immobile sito al (OMISSIS)), con le agevolazioni previste dal D.Lgs. n. 104 del 1996, art. 6, comma 8.

I ricorrenti sostengono (pag. 22 del ricorso) che la sig.ra B. “si era spogliata della quota dell’altro appartamento (…) acquistato in comunione con il marito”, ma l’affermazione è contraddetta dal tenore dell’accordo di separazione nel quale la B. si era impegnata a trasferire la sua quota di proprietà al P., non l’aveva trasferita, nè risulta se e quando l’abbia fatto.

7.2. In ogni caso, il ricorso non affronta nè tanto meno illustra la questione della ammissibilità, in capo al medesimo soggetto, di un duplice godimento del beneficio accordato dalla legge per due immobili ubicati nel medesimo complesso edilizio e per lo stesso titolo abitativo.

8. Al rigetto del ricorso segue la condanna dei ricorrenti alle spese del presente giudizio, nella misura indicata in dispositivo. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti a rifondere all’INPS le spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 16 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 maggio 2020

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