Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8999 del 06/05/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 8999 Anno 2015
Presidente: PETTI GIOVANNI BATTISTA
Relatore: D’AMICO PAOLO

SENTENZA
sul ricorso 26092-2009 proposto da:
SAIET TELECOMUNICAZIONI SPA 01846870366, in persona
del

proprio

Presidente

del

Consiglio

di

amministrazione Dott. FURLANETTO DANIELE,
o

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA EMANUELE
FILIBERTO 271, presso lo studio dell’avvocato BERARDO

2014
2525

SERAFINI, che la rappresenta e difende giusta procura
speciale in calce al ricorso;
– ricorrente contro

C.M.I. ARREDI INDUSTRIALI sii

1

(già CARPENTERIA

Data pubblicazione: 06/05/2015

MONTAGGI INDUSTRUALI DI PEZZOLI A & C SNC
00526270160), in persona del suo amministratore unico
e rappresentante legale PIZZOLI ALBINO, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA FABIO MASSIMO 45, presso lo
studio dell’avvocato LUIGI CARMELO MATTEO, che la

GIOVANNI BERTI ARNOALDI VELI giusta procura speciale
in calce al controricorso;
JUNGHEINRICH ITALIANA SRL 00868800152, in persona del
legale rappresentante Amministratore Delegato
DOERPINGHAUS CHRISTOPH, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA BENACO 5, presso lo studio dell’avvocato
MARIA CHIARA MORABITO, che la rappresenta e difende
unitamente all’avvocato LUCA ERCOLANI giusta procura
speciale a margine del controricorso;
– controricorrenti
nonché contro

CATTOLICA ASSICURAZIONI SCARL , GENERAL ACCIDENT FIRE
& LIFE ASSURANCE CORPORATION PLC;
– intimati –

avverso la sentenza n. 535/2009 della CORTE D’APPELLO
di

BOLOGNA,

depositata

il

20/04/2009,

R.G.N.

1064/2003;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 01/12/2014 dal Consigliere Dott. PAOLO
D’AMICO;

2

rappresenta e difende unitamente all’avvocato

udito l’Avvocato BERARDO SERAFINI;
udito l’Avvocato LUCA ERCOLANI;
udito l’Avvocato GIOVANNI BERTI ARNOALDI VELI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIUSEPPE CORASANITI che ha concluso

per l’inammissibilità del ricorso.

3

i

Svolgimento del processo

.

La S.A.I.E.T. Telecomunicazioni s.p.a. (già S.A.I.E.T.
s.p.a.) convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Bologna
la C.M.I. s.n.c. di Pezzoli A. & C. e la Jungheinrich
Italiana s.p.a. chiedendone la condanna al pagamento della

Espose l’attrice: che in data 28 novembre 1995, nello
stabilimento SAIET di Castel Maggiore si era sviluppato un
violentissimo incendio che, in pochi istanti, aveva
completamente distrutto il fabbricato; che una parte degli
ingenti danni era stata indennizzata dalle compagnie che
assicuravano il suddetto rischio, ma che altri danni non erano
stati indennizzati; che il primo focolaio dell’incendio era
collocabile in prossimità di due piccoli locali dove erano in
corso lavori di montaggio di scaffalature metalliche da parte
di operai della C.M.I. s.n.c.; che il giorno dell’incendio la
squadra degli operai della C.M.I. aveva iniziato i lavori
intorno alle ore 8 e che durante le fasi di saldatura si erano
verificati inconvenienti nel funzionamento degli utensili
. t.

elettrici; che alle ore 12,55 si era sviluppato un incendio;

_e

che dagli accertamenti effettuati tale incendio appariva
collegato a fattori impiantistici; che nel procedimento di
A.T.P. promosso dalla S.A.I.E.T. il C.t.u. aveva concluso
affermando che l’incendio era dovuto al collegamento della
saldatrice elettrica di proprietà della C.M.I. ad un punto
sprovvisto di una adeguata presa di tipo C.E.I. e che se gli

4

somma di L 8.466.048.755, oltre accessori.

2.

operai della C.M.I. avessero utilizzato una presa idonea

*s

l’incendio non si sarebbe verificato; che gli operai della
C.M.I. avevano operato su incarico della Jungheinrich.
Si costituì la C.M.I. eccependo: di essersi occupata del
montaggio delle suddette scaffalature, presso lo stabilimento

che i propri operai avevano chiesto alla S.A.I.E.T. a quale
quadro elettrico avrebbero dovuto collegarsi per utilizzare
una saldatrice; che a scopo precauzionale avevano cambiato la
saldatrice utilizzandone una fornita dalla S.A.I.E.T.; che
essa convenuta non poteva essere chiamata a rispondere
dell’inadeguatezza ed insicurezza dell’impianto elettrico
della S.A.I.E.T.; che era assai discutibile la validità
dell’A.T.P.; che era arguibile che qualcuno, durante la pausa
pranzo avesse avuto accesso allo stabilimento ed avesse
manomesso le attrezzature; che la responsabilità dell’evento
doveva comunque essere ascritta all’attrice per la sua
inottemperanza agli obblighi di custodia e manutenzione del
proprio impianto elettrico.
:.
k

Si

costituì

anche

la

Jungheinrich rilevando

la

temerarietà della domanda ed assumendo che i dipendenti della
C.M.I. avevano operato in piena autonomia.
Si costituì la Generai Accident, terza chiamata, aderendo
nel merito alle difese già formulate da C.M.I..
Con sentenza del 30 gennaio 2003 il Tribunale di Bologna
condannò la S.A.I.E.T. a corrispondere alla C.M.I. s.n.c. di

5

dell’attrice, su incarico della Jungheinrich italiana s.r.1.;

Pezzoli A. & C. la somma di C 4.331,26, oltre accessori;
rigettò le domande proposte dalla S.A.I.E.T. e dalla Cattolica
Assicurazioni S.c.a.r.1..
Propose appello la

S.A.I.E.T. chiedendo disporsi C.t.u.

sulle cause dell’incendio nonché prove per testi.
Si costituì la Cattolica Assicurazioni formulando appello
incidentale e concludendo come la S.A.I.E.T.
Si costituì la C.M.I. concludendo per il rigetto
dell’appello principale e di quello incidentale.
Si costituì anche la Jungheinrich concludendo per il
rigetto dell’appello e la conferma dell’impugnata sentenza.
Si costituì infine la Generai Accident

concludendo

anch’essa per il rigetto dell’appello.
La Corte d’appello di Bologna ha rigettato l’appello
principale proposto da S.A.I.E.T. s.p.a. e quello incidentale
formulato da Cattolica Assicurazioni S.c.a.r.l. ed ha
confermato la sentenza del Tribunale.
Ha condannato la S.A.I.E.T. s.p.a. e la Cattolica
Assicurazioni S.c.a.r.1., in solido, a rifondere a C.M.I.
s.n.c. di Pezzoli A. & C., a General Accident Fire e Life
Assurance Corporation P.L.C. ed a Jungheinrich Italiana s.r.l.
le spese processuali del grado.
Propone ricorso per cassazione la S.A.I.E.T. con sette
motivi.
Resistono con separati controricorsi la C.M.I.
Jungheinrich Italiana s.r.l.

6

e

e

z

Gli altri intimati non svolgono attività difensiva.
Motivi della decisione

,

Con il primo motivo del ricorso parte ricorrente denuncia
«ex art. 360 n. 3 cpc. Violazione degli artt. 184 e 113 c.p.c.

Violazione del diritto alla prova in danno di SAIET spa

conseguente violazione del secondo comma dell’art. 111 della
Costituzione.»
Il ricorrente denuncia l’erroneità dell’affermazione
della Corte d’appello che ha giudicato tardive le prove
articolate in una memoria ex art. 184 c.p.c., a suo avviso
tempestivamente depositata e conclude con il seguente quesito
di diritto:

«2 legittimo e compatibile con l’art. 184 c.p.c.,

nella formulazione vigente all’epoca dell’instaurazione del
giudizio di primo e secondo grado, imporre la formulazione dei
mezzi istruttori nell’atto di citazione e consentire
l’articolazione dei mezzi istruttori autorizzando la Memoria
ex art. 184 c.p.c., solo per l’indicazione di mezzi di prova
che siano nuovi rispetto a quelli già indicati nell’atto di
e

citazione ? L’aver giudicato tardive le prove articolate in

. una Memoria 184 c.p.c. tempestivamente depositata, viola il
diritto alla prova di SAIET spa, è compatibile con l’art. 113
che impone che il Giudice debba pronunciarsi sulla causa
seguendo le norme di diritto tra cui l’art. 184 cpc ed è
provvedimento che ha violato in danno di SAIET spa l’art. 111
secondo comma della Costituzione perché inficiante il

7

determinante una condizione di disparità tra le parti con

contraddittorio tra le parti che conseguentemente non sono
state messe in condizione di parità ?»
Il motivo è inammissibile.
Le considerazioni dei due controricorrenti sono fondate e
corrette.

ammise le prove dedotte dall’odierna ricorrente con la
seguente motivazione: «questo giudice ha rigettato tutte le
istanze istruttorie, avanzate dalla SpA SAIET
Telecomunicazioni per differenti motivi. I capitoli di prova
dedotti nell’atto di citazione si ritengono, infatti, del
tutto irrilevanti ai fini dell’affermazione della
responsabilità delle società convenute invocata dall’attrice,
mentre i capitoli di prova di cui alla memoria istruttoria
depositata il 30-1-2001, oltre ad afferire a fatti totalmente
nuovi e non dedotti nei termini di decadenza previsti dalla
disciplina processualcivilistica per la fissazione del
decidendi,

thema

sono anche in aperto contrasto con documenti

fidefacienti fino a querela di falso, nonché con plurimi
elementi emergenti dalle indagini di cui al fascicolo P.M.
acquisito in copia alla presente causa.»
La sentenza impugnata aderisce alla motivazione del
Tribunale e sostiene che correttamente il primo giudice non ha
ammesso le prove testimoniali richieste da SAIET spa, attesa
la loro irrilevanza ai fini del decidere, nonché le prove di
cui alla memoria 30 gennaio 2001 perché tardive, nel senso che

8

Sostengono infatti questi ultimi che il Tribunale non

la tardività non riguarda il mancato rispetto dei termini di
cui all’art. 184, bensì la deduzione dei fatti oggetto del
giudizio.
In particolare, la memoria del 30 gennaio 2001 era tesa a
provare circostanze in fatto che la SAIET non aveva mai

inammissibili e tardivi, essendo tardive le circostanze che
essi erano finalizzati a provare.
L’inammissibilità dei mezzi di prova dedotti nella
memoria della SAIET ha due rationes decidendi:
a)

l’una si incentra sul fatto che la memoria del

30.1.2001 è inammissibile perché riguarda deduzione di fatti
nuovi rispetto alla domanda proposta in citazione;
b)

l’altra sul fatto che una prova per testi non può

andare contro una prova documentale fidefaciente.
Il ricorrente in questo primo motivo deduce soltanto una
di queste ragioni mentre le ragioni sono due; quindi è
inammissibile per le ragioni indicate dal controricorrente.
La violazione non c’è nei termini in cui è stata dedotta
dalla SAIET.
Il motivo è inammissibile perché è incompleta la
deduzione del vizio.
Per consolidata giurisprudenza di questa Corte, ove la
sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed
autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente
sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa

9

dedotto sino a quel momento. Pertanto i mezzi di prova erano

impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto
di interesse, la censura relativa alle altre, la quale,
essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non
impugnata, non potrebbe produrre in nessun caso l’annullamento
della sentenza (Cass., 3 novembre 2011, n. 22753).

Violazione degli artt. 2699, 2701, 2702 c.c. la cui esatta
applicazione è imposta

ex

art. 113 cpc per avere la Corte

considerato atto pubblico e comunque documento fidefaciente
una scheda di intervento dei Vigili del Fuoco non redatta con
le formalità richieste dalla legge e non da un pubblico
ufficiale competente, considerando tale atto prevalente su
veri atti pubblici ex art. 2699 c.c. quali la Relazione di
Polizia Giudiziaria dell’Ispettore Maggio e la CTU relativa
all’espletato ATP.»
Parte ricorrente censura le sentenze di merito per avere
considerato atto pubblico la “scheda d’intervento” dei Vigili
del Fuoco.
Il motivo si conclude con il seguente quesito di diritto:
«è legittimo che la Corte di merito abbia fondato il rigetto
della domanda sostenendo che l’incendio è stato innescato da
cartoni posti all’esterno della SAIET spa, considerando atto
pubblico e comunque documento fidefaciente una scheda
d’intervento dei Vigili del Fuoco non redatta con le formalità
richieste dalla legge e non da pubblico ufficiale competente,
considerando tale atto prevalente sulla relazione di polizia

lo

Con il secondo motivo si denuncia «ex art. 360 n. 3 cpc.

±

Giudiziaria dell’Ispettore Maggio e su una CTU relativa

.

all’espletata ATP, documenti questi sicuramente atti pubblici
ex art. 2699 c.c. ?»
Il motivo è infondato.
La fede privilegiata, che conformemente al disposto

pubblici ufficiali ai sensi e per gli effetti di cui alla
legge 24 novembre 1981 n. 689, riguarda la constatazione senza
alcun margine di apprezzamento di un fatto avvenuto in
presenza del pubblico ufficiale e, pertanto, non può
estendersi a quelle circostanze che, pur contenute nel
documento, si risolvano in suoi apprezzamenti personali,
perché mediati attraverso una percezione sensoriale che non
può ritenersi fornita, in capo al pubblico ufficiale, di una
indiscutibilità maggiore di quella normalmente presenze in
ciascun soggetto (Cass. 14 aprile 2000, 4844).
Nell’ambito

dell’attività

di

polizia

giudiziaria,

attribuita dall’art. 2 del d.lgs. 13 ottobre 2005, n. 217 al
Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco, l’accertamento redatto
±

dal Capo partenza ha valore di atto pubblico fino a querela di
falso. In particolare l’impugnata sentenza ha ritenuto che il
primo focolaio dell’incendio non si sviluppò nella zona ove
operavano i dipendenti della C.M.I., ma sotto una tettoia
metallica sita nel cortile ove bruciavano numerosi cartoni da
imballo; non essendovi, a protezione, un muro tagliafuoco, il
forte calore si era presto propagato attraverso i pannelli di

11

dell’art. 2700 c.c., deve riconoscersi ai verbali redatti da

copertura e laterali con all’interno lana di vetro (prima
relazione dei Vigili del Fuoco); ciò trova poi conferma nelle
dichiarazioni rese dal magazziniere Corradini il quale ha
precisato che le aree di lavorazione poste ad ovest, verso le
12,55 del 28 novembre 1995 non erano ancora state interessate

il teste, era la parte terminale della tettoia metallica.
Quindi il Tribunale ha ritenuto che l’innegabile coincidenza
fra la relazione dei Vigili del Fuoco e le dichiarazioni del
Corradini abbiano fornito prova certa che l’incendio si
sviluppò all’esterno dello stabilimento e non all’interno,
nella zona ove operavano i dipendenti della C.M.I..
Correttamente l’impugnata sentenza ha attribuito quindi
valore privilegiato alla relazione dei Vigili del Fuoco, per i
fatti percepiti al momento del loro arrivo, ed alle
dichiarazioni del teste Corradini in quanto costoro furono i
primi ad esser presenti sul luogo dell’incendio.
Con il terzo motivo si denuncia «ex art. 360 primo coma
n. 5 c.p.c. Illustrazione del motivo ex art. 366 bis cpc:
a) omessa motivazione sul perché la Corte di appello
abbia attribuito valore prevalente, ponendolo a fondamento
della decisione, ad un documento (la scheda del primo
intervento dei Vigili del Fuoco) rispetto alla Relazione
Tecnica redatta su incarico del P.M. e alla CTU effettuata per
l’espletato ATP; contraddittorietà ed illogicità della
motivazione della sentenza d’appello nella parte in cui

12

dall’incendio. L’unica zona interessata dall’incendio, secondo

estrapola dal fascicolo penale la scheda del primo intervento
dei Vigili del Fuoco, costruendo con i relativi dati i
presupposti per il rigetto della domanda, tuttavia ignorando
completamente il contenuto e le conclusioni della Relazione
Tecnica della Procura alla quale la suddetta scheda era

Il motivo è infondato in quanto la Corte d’appello, con
una motivazione immune da contraddizioni, ha ritenuto che
l’incendio si è sviluppato all’esterno dello stabilimento e
non all’interno dello stesso. La ricorrente, lungi dal
dimostrare una erronea motivazione, mira sostanzialmente ad
una diversa ed a lei più favorevole rivalutazione dei fatti di
causa. E comunque il motivo è una duplicazione di quello
precedente.
Con il quarto motivo si denuncia «ex art. 360 primo comma
n. 5 c.p.c. Illustrazione del motivo ex art. 366 bis cpc:
a)

contraddittorietà ed illogicità della motivazione

della sentenza d’appello nella parte in cui ritiene che
l’impianto elettrico della SAIET spa e la relativa struttura
non fossero conformi alla normativa di prevenzione incendi,
giustificando la Corte tale fondamentale assunto ai fini del
decidere, su una CTU di ATP che nulla dice in tal senso;
b)

contraddittorietà della

conformità
prevenzione

dell’impianto
incendi,

sia

suddetta ritenuta non

elettrico
con

alla
la

normativa

Relazione

di

Tecnica

dell’Ispettore Maccio e sia con la disposta archiviazione del

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allegata.»

procedimento penale instauratosi proprio per l’ipotesi di
omissione di collocazione di impianti destinati a prevenire
incendi o disastri.»
Il motivo è infondato.
Il vizio di omessa o errata motivazione deducibile in

giudice del merito, quale risulti dalla sentenza, sia
riscontrabile il deficiente esame di punti decisivi della
controversia e non può, invece, consistere in un apprezzamento
in senso difforme da quello preteso dalla parte perché l’art.
360, coma primo, n. 5), c.p.c. non conferisce alla Corte di
legittimità il potere di riesaminare il merito della causa, ma
solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e
della correttezza giuridica, l’analisi e la valutazione fatte
dal giudice del merito al quale soltanto spetta individuare le
fonti del proprio convincimento e, in proposito, valutare le
risultanze processuali, controllarne l’attendibilità e la
concludenza, scegliendo, tra le stesse, quelle ritenute più
idonee per la decisione.
La motivazione della Corte sul punto è senz’altro
adeguata ed evidenzia che lo stabilimento industriale della
S.A.I.E.T. non era dotato di un impianto elettrico, così come
previsto dal D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547. Lo stesso A.T.P.
dà atto infatti di una scatola di marca Ticino, corredata da
una presa di corrente di tipo civile e non industriale.
Inoltre fu lo stesso magazziniere Corradini a fornire in uso

14

sede di legittimità sussiste solo se nel ragionamento del

agli operai della C.M.I., una diversa saldatrice elettrica,
indicando anche un diverso quadro elettrico. E comunque non
esiste alcuna prova della circostanza che la prima saldatrice,
di proprietà della C.M.I., fosse difettosa.
In sintesi, secondo la Corte, la S.A.I.E.T. non ha

addebitare ai dipendenti della C.M.I. e si è limitata a
formulare mere ipotesi che l’incendio si fosse sviluppato ed
avesse avuto origine nella zona dove lavoravano i dipendenti
della C.M.I. Va in tal senso rilevato che i Vigili del Fuoco,
intervenuti subito dopo la chiamata, nella loro prima
relazione, dichiararono che l’incendio si era sviluppato sotto
la tettoia sita nel cortile ove bruciavano i cartoni.
Con il quinto motivo si denuncia «ex 360 primo coma n. 5
c.p.c. Illustrazione del motivo ex art. 366 bis cpc:
a)

insufficiente motivazione della sentenza d’appello,

rilevante nella parte in cui la Corte di appello ritiene che
la CTU

non possa essere ammessa per il lasso di tempo

trascorso dall’incendio il che ne impedirebbe l’espletamento,
motivo questo obiettivamente mancante di criterio logico in
quanto tutti i disastri da incendio sono scientificamente
accertati da Consulenze effettuate anche su atti;
b) difetto di motivazione su una fondamentale questione
di fatto (accertamento scientifico e tecnico delle cause

e

responsabilità dell’incendio) per avere la Corte rigettato la
richiesta di CTU con argomentazioni non idonee a decidere su

15

fornito alcuna prova che la causa dell’incendio fosse da

un mezzo istruttorio che, seppur riservato al Giudice

ex art.

61 cpc era necessario per formare una fonte oggettiva di prova
in quanto tendente “ad accertare situazioni di fatto
rilevabili solo con ricorso a determinate cognizioni
tecniche”.

secondo comma della costituzione.»
Il motivo si conclude con il seguente quesito di diritto:
«è legittimo motivare il rifiuto di espletare una CTU di
rilevante importanza quale l’accertamento delle cause e delle
responsabilità di un incendio, con l’assorbente pregiudizio,
contrario alla scienza, alla tecnica, all’ingegneria elettrica
ed a quella strutturale, che il tempo trascorso impedisce
l’espletamento di una CTU ? 2 legittimo rifiutare una CTU che
espletabile sugli atti, sui documenti, su una Consulenza dei
Vigili del Fuoco e su una CT0 in ATP si risolva “in una fonte
oggettiva di prova in quanto tendente ad accertare situazioni
di fatto rilevabili solo con ricorso a determinate cognizioni
tecniche”, come codificato da giurisprudenza di legittimità
(Cass. 00/10916, 00/8395) ? Tenuto conto dei suddetti quesiti
di diritto, il rifiuto alla CTU quale fonte oggettiva di
prova, viola il diritto alla prova di SAIET spa ex art. 113
primo comma cpc e 111 secondo comma della costituzione ?»
Il motivo è infondato.
Si deve osservare al riguardo che la consulenza tecnica,
essendo finalizzata alla valutazione di fatti già dimostrati,

16

.5r!

Violazione del diritto alla prova ex art. 113 cpc e 111

non può costituire mezzo di prova o di ricerca di fatti che le
parti debbono provare, fermo il presupposto che il Giudice,
nell’esercizio del suo potere discrezionale, può disporla in
ogni momento se necessita di chiarimenti o di valutazioni
tecniche degli elementi già acquisiti. La consulenza tecnica

specialistici in atti, in modo da servire a lumeggiare la
questione dibattuta affinché il giudice possa trame elementi
chiarificatori ai fini della sua decisione. Deriva, da quanto
sopra, che la consulenza tecnica d’ufficio:
– non può essere disposta al fine di esonerare la parte
dal fornire la prova di quanto assume ed è quindi
legittimamente negata dal giudice qualora la parte tenda con
essa a supplire alla deficienza delle proprie allegazioni o
offerta di prove ovvero a compiere un’indagine esplorativa
alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati;
– non è mezzo istruttorio in senso proprio e spetta al
Giudice di merito lo stabilire se essa è necessaria o
opportuna, fermo restando l’onere probatorio delle parti, e la
relativa valutazione, se adeguatamente motivata in relazione
al punto di merito da decidere, non può essere sindacata in
sede di legittimità;
– legittimamente non è disposta dal giudice se è
richiesta per compiere un’indagine esplorativa sull’esistenza
di circostanze, il cui onere di allegazione è invece a carico
delle parti.

17

d’ufficio – in altri termini – si traduce in un esame dei dati

Certo quanto precede è palese che esattamente i Giudici
del merito non hanno dato ingresso alla richiesta consulenza
tecnica atteso che la stessa non può essere ammessa tutte le
volte in cui – come nella specie – è sollecitata da una delle
parti al solo scopo di colmare le carenze delle proprie

19458).
Con il sesto motivo, erroneamente indicato come settimo,
si denuncia «ex art. 360 n. 3 c.p.c. Violazione dell’art. 345
terzo coma cpc nel testo vigente precedentemente alla novella
entrata in vigore dal 4/7/2009, anche tenuto conto del
principio statuito dalla Sentenza delle Sezioni Unite del
20/4/2005 n. 8203, in merito alla mancata ammissione della
produzione indicata dai documenti da 69 a 82 ed allegati
all’atto d’appello. Falsa applicazione dell’art. 115 secondo
comma cpc e violazione degli artt. 115 primo coma cpc e 113
cpc per avere la corte di merito condiviso i fatti notori con
i quali il Tribunale ha deciso sulla non conformità
dell’impianto elettrico della SAIET spa con sostituzione alle
prove di fatti asseritamente ma falsamente notori e pacifici.
Violazione del principio del contraddittorio come previsto
dall’art. 111 secondo coma della Costituzione per avere la
Corte di merito impedito alla SAIET spa di confutare con i
documenti allegati all’atto di appello le pseudo
argomentazioni tecniche in materia di ingegneria elettrica con

18

istanze istruttorie (fra le altre, Cass., 15 luglio 2008, n.

le quali il Tribunale ha personalmente ricostruito le cause
dell’incendio.»
Il motivo si conclude con il seguente quesito di diritto:
«è legittimo che la Corte d’appello, in vigenza dell’art. 345
terzo comma cpc nel testo

ante novellam

efficace fino al

dalla Sentenza delle Sezioni Unite del 24/4/2005 n. 8203,
abbia rigettato la richiesta di ammissione dei documenti
prodotti dalla SAIET spa ed allegati all’atto di appello del
16/5/2003, considerandoli tardivi ed ignorando che tale
produzione si era resa necessaria a seguito del deposito della
sentenza di primo grado per confutare, con i motivi indicati
ai paragrafi n. 3 della pag. 19, n. 5, 6 e 7 della pag. 20
dell’atto di appello, i fatti notori sui quali il Tribunale ha
costruito le pseudo argomentazioni tecnico-scientifiche in
materia di ingegneria elettrica, per fondare il rigetto della
domanda ? E legittimo che la Corte di merito abbia considerato
conforme al diritto l’applicazione da parte del Tribunale
dell’art. 115 secondo comma cpc, in deroga al primo coma del
medesimo art. 115 cpc, decidendo complesse questioni tecniche
0 con proprie personali valutazioni ed ignorando le prove
documentali che già presenti negli atti del giudizio di primo
grado confutavano detti fatti notori ?»
Il motivo è articolato in plurime censure.
Per quanto riguarda la prima censura sulla non ammissione
dei nuovi documenti, è la stessa sentenza riportata dal

19

4/7/2009, anche tenuto conto del principio di diritto statuito

ricorrente ad affermare che nel rito ordinario, con riguardo
• alla produzione di nuovi documenti in grado di appello, l’art.
345, terzo comma, c.p.c. va interpretato nel senso che esso
fissa sul piano generale il principio della inammissibilità di
mezzi di prova “nuovi” – la cui ammissione, cioè, non sia

produzioni documentali, indicando nello stesso tempo i limiti
di tale regola, con il porre in via alternativa i requisiti
che tali documenti, al pari degli altri mezzi di prova, devono
presentare per poter trovare ingresso in sede di gravame
(sempre che essi siano prodotti, a pena di decadenza, mediante
specifica indicazione degli stessi nell’atto introduttivo del
giudizio di secondo grado, a meno che la loro formazione non
sia successiva e la loro produzione non sia stata resa
necessaria in ragione dello sviluppo assunto dal processo):
requisiti consistenti nella dimostrazione che le parti non
abbiano potuto proporli prima per causa ad esse non
imputabile, ovvero nel convincimento del giudice della
indispensabilità degli stessi per la decisione. Peraltro, nel
rito ordinario, risultando il ruolo del giudice nell’impulso
e del processo meno incisivo che nel rito del lavoro,
l’ammissione di nuovi mezzi di prova ritenuti indispensabili
non può comunque prescindere dalla richiesta delle parti
(Cass., 20 aprile 2005, n. 8203).
Correttamente l’impugnata sentenza ha rilevato che non
possono essere ammessi tutti i documenti nuovi in quanto

20

stata richiesta in precedenza e, quindi, anche delle

r

avrebbero potuto e dovuto essere prodotti in prime cure, nei
w tempi e nei modi di cui agli artt. 183 e 184 c.p.c.,
trattandosi di documenti non formati dopo la sentenza
impugnata, per cui non è stata fornita la prova
dell’impossibilità di produrli in prime cure.

che l’impugnata sentenza non si è avvalsa di fatti notori ma
si è fondata sull’ATP del geom. Maccio e sulla testimonianza
del magazziniere Corradini. Il primo ha individuato la
presenza di una presa elettrica di tipo civile, anziché
industriale; il secondo fornì in uso agli operai della C.M.I.
una diversa saldatrice elettrica, indicando anche un diverso
quadro elettrico adatto alla necessità.
Il ricorrente contesta comunque circostanze di merito in
relazione alle quale l’impugnata sentenza ha formulato
adeguata motivazione.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato con
condanna di parte ricorrente alle spese del giudizio in favore
di ciascun controricorrente che si liquidano come in
..*
.e

dispositivo.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente
alle spese del giudizio di cassazione che si liquidano in E
22.400,00, di cui E 200,00 per esborsi a favore di ciascun
controricorrente, oltre spese generali ed accessori di legge.

21

Per quanto riguarda poi la seconda censura deve rilevarsi

Roma, 1 dicembre 2014

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