Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8998 del 06/05/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 8998 Anno 2015
Presidente: PETTI GIOVANNI BATTISTA
Relatore: D’AMICO PAOLO

SENTENZA

sul ricorso 26076-2009 proposto da:
VISPO DOMENICO VSPDNC31B20L259F,
VSPRRT36T13L259W,

VISPO

NEVIO

VISPO ROBERTO
VSPNVE34T17L259N,

elettivamente domiciliati in ROMA, LUNGOTEVERE
MELLINI 24, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO
NICOLETTI, rappresentati e difesi dall’avvocato
2014
2524

ANTONIO RESCINITI .,giusta procura speciale in d.àlee al
ricorso;
– ricorrenti contro

CONDOMINIO VIA GB MARINO 7 NAPOLI 94028840638, in

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Data pubblicazione: 06/05/2015

persona dell’amministratore pro tempore Dott. NAPOLI
RENATO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
SCIPIONI 132, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO
MARETTO, rappresentato e difeso dagli avvocati
VINCENZO TAFURI, ANTONIO TAFURI giusta procura
speciale a margine del controricorso;
controricorrente nonchè contro

COMUNE NAPOLI , ACE INSURANCE SA NV RAPPRESENTANZA
GENERALE ITALIA , LE ASSICURAZIONI D’ITALIA SPA ;
– intimati –

avverso la sentenza n. 3689/2008 della CORTE
D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 22/10/2008, R.G.N.
10620/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 01/12/2014 dal Consigliere Dott. PAOLO
D’AMICO;
udito l’Avvocato MASSIMO MARETTO per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIUSEPPE CORASANITI che ha concluso
per l’inammissibilità del ricorso.

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Svolgimento del processo

Domenico Vispo, Roberto Vispo e Nevio Vispo convennero
in giudizio il Condominio di via G.B. Marino in Napoli
assumendo di essere proprietari del piano interrato,
sottostante il detto fabbricato condominiale ed i due corpi

Precisarono che i locali di loro proprietà erano stati
adibiti per lungo tempo a garage ed officina meccanica; che
nei primi mesi del 1985 in tali locali si erano verificate
infiltrazioni di acqua che avevano provocato lesioni e
fessurazioni nelle pareti; che essi, a causa del mancato
intervento del condominio e dell’amministrazione comunale
avevano subito notevoli danni.
Per tali ragioni i Vispo chiesero condannarsi il
condominio all’esecuzione dì lavori atti ad eliminare il
pericolo di crolli ed al risarcimento dei danni subiti.
Il convenuto si costituì contestando la domanda e
chiedendone

il

rigetto.

Propose

quindi

domanda

riconvenzionale di risarcimento per la somma di
140.000.000, pagata per i lavori alle fogne. Chiese ed
ottenne di chiamare in causa il Comune di Napoli nonché la
Assitalia spa e la Reliance Insurance che garantivano il
Condominio per la responsabilità civile.
Si costituì la Cigna Insurance Company, già Reliance
Insurance.
Si costituì anche la Assitalia spa.

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aggiunti attigui, facenti parte del medesimo condominio.

Si costituì infine il Comune di Napoli.
Il Tribunale di Napoli, con sentenza del 21 ottobre
2005, condannò il suddetto Comune ad eseguire le opere
indicate dal C.t.u., con addebito al Condominio del 20% della
spesa occorrente; condannò il Condominio al pagamento della

avanzate dal Condominio nei confronti delle due società
assicuratrici e quella di risarcimento proposta da Ace
Insurance (Cigna Insurance) nei confronti del Condominio.
Quest’ultimo propose appello.
Il Comune di Napoli si costituì chiedendo il rigetto
dell’appello e proponendo appello incidentale.
Si costituirono i Vispo e la Assitalia spa.
Si costituì anche la Ace European Group Limited, quale
società cessionaria del portafoglio della Ace Insurance SA.
La Corte d’appello di Napoli, accogliendo parzialmente
l’appello principale del Condominio e quello incidentale
proposto dai Vispo, ha condannato il Condominio

di via G.B.

Marino al pagamento, in favore di Domenico Vispo, Nevio Vispo
e Roberto Vispo, della ridotta somma di C 12.538,33, oltre
accessori, ed ha condannato il Comune di Napoli al pagamento,
in favore dei fratelli Vispo, della somma di E 4.477,97,
oltre accessori; ha condannato i medesimi fratelli Vispo alla
restituzione, in favore del suddetto Condominio, delle somme
loro eventualmente versate in più. Ha dichiarato

somma di E 71.647,76; rigettò le domande di garanzia

inammissibile l’appello incidentale proposto dal Comune di
Napoli.
Propongono ricorso per cassazione Domenico Vispo, Nevio
Vispo e Roberto Vispo, con cinque motivi.
Resiste con controricorso il Condominio che presenta

Gli altri intimati non svolgono attività difensiva.
Motivi della decisione
Con il primo motivo parte ricorrente denuncia
«Violazione e falsa applicazione di legge degli art. 112 cpe,
art. 342 cpc e 345 cpc.»
Sostengono i ricorrenti che erroneamente la Corte
d’appello ha rigettato la sua eccezione, proposta nella
comparsa di costituzione in appello, di nullità e
inammissibilità dell’atto di appello, per mancata esposizione
dei fatti di causa e per mancata esposizione degli elementi
di diritto su cui si fonda l’impugnazione. Inoltre, sempre ad
avviso dei ricorrenti, l’impugnata sentenza ha omesso di
pronunciarsi sulla loro richiesta di dichiarazione di
inammissibilità dei nuovi documenti prodotti dal Condominio.
Il motivo è infondato.
Posto che il mancato esame da parte del giudice di
appello, o in unico grado, di una questione meramente
processuale sollevata dall’appellato (o dal convenuto in
unico grado), non può dar luogo a un vizio di omessa
pronuncia, che attiene soltanto al mancato esame delle

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memoria.

domande di merito e non può assurgere a causa autonoma di
nullità della sentenza impugnata, può semmai prospettarsi una
nullità della decisione per violazione di norme processuali
diverse da quella di cui all’art. 112 c.p.c. in quanto sia
errata la soluzione implicitamente data dal giudice alla

10073).
Il ricorrente ripropone censure già esaminate in appello
alle quali è stato risposto con congrua e corretta
motivazione.
Infondata è in particolare la censura relativa alla
mancata esposizione dei fatti di causa ed alla mancata
esposizione degli elementi di diritto, avendo l’impugnata
sentenza accertato che l’atto d’appello contenesse tutti gli
elementi necessari, previsti dall’art. 342 c.p.c..
Per quanto riguarda invece la tardività della produzione
di nuovi documenti va rilevato che l’impugnata sentenza non
ha fondato la sua decisione sugli stessi, bensì sulla c.t.u.
per cui si può ritenere che la domanda sia stata
implicitamente rigettata.
Con il secondo motivo si denuncia «violazione e falsa
applicazione dell’art. 345 cpc..»
Il motivo si conclude con il seguente quesito: «dica la
Suprema Corte, sulla base delle risultanze dei verbali di
causa nonché della comparsa di costituzione e della comparsa
conclusionale del condominio, tutti relativi al primo grado

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questione sollevata dalla parte (Cass., 25 giugno 2003, n.

del giudizio,

(doc. 5 e 6) se la sentenza impugnata

dichiarando “fondata la censura dell’appello principale, con
la quale il condominio ha lamentato l’eccessiva
quantificazione dei danni, assumendo che i danneggiati non
avevano goduto dei locali solo per breve periodo dal giugno

dal Tribunale_ Pertanto, solo in relazione al mancato utile
percepito in un anno

e tenendo conto delle percentuali di

responsabilità sopra indicate, può accogliersi la domanda di
risarcimento dei danneggiati” abbia violato l’art. 345 cpc.»
Il motivo è infondato.
Si ha

mutati()

libelli

quando si avanzi una pretesa

obiettivamente diversa da quella originaria, introducendo nel
processo
petendi

un

petítum

diverso e più ampio oppure una

causa

fondata su situazioni giuridiche non prospettate

prima e particolarmente su un fatto costitutivo radicalmente
differente, di modo che si ponga al giudice un nuovo tema
d’indagine e si spostino i termini della controversia, con
l’effetto di disorientare la difesa della controparte ed
alterare il regolare svolgimento del processo; si ha, invece,
semplice emendati° quando si incida sulla

causa petendi,

in

modo che risulti modificata soltanto l’interpretazione o
qualificazione giuridica del fatto costitutivo del diritto,
oppure sul petitum,

nel senso di ampliarlo o limitarlo per

renderlo più idoneo al concreto ed effettivo soddisfacimento
della pretesa fatta valere (Cass., 20 luglio 2012, n. 12621).

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1987 all’agosto del 1988 e non per quattro anni come deciso

Emerge

dall’impugnata

sentenza

che,

sulla

base

dell’accertamento di fatto compiuto dal c.t.u. e delle
dichiarazioni testimoniali, sussiste la prova certa della
interruzione dell’attività imprenditoriale dei fratelli
Vispo, per il solo periodo da agosto 1987 ad agosto 1988,

di ripavimentazione dei locali; non risulta invece da quali
elementi l’ausiliare abbia tratto la considerazione che, dopo
il termine dei lavori del 1988, il tentativo di riprendere
l’attività da parte dei Vispo fu vana. Tale circostanza non
risulta da alcuna altra prova.
Nel caso in esame non sussiste la denunciata violazione
del divieto di domanda nuova da parte dei ricorrenti in
quanto l’appellante ha semplicemente contestato il

quantum

della pretesa risarcitoria, così come statuita dalla sentenza
di primo grado. Tale richiesta non comporta il mutamento dei
fatti costitutivi del diritto fatto valere e l’introduzione
nel processo di un nuovo thema decidendum.
Con il terzo motivo si denuncia «violazione e falsa
applicazione di legge degli art. 342 e 345 cpc»
Ad avviso dei ricorrenti la Corte d’appello avrebbe
dovuto dichiarare inammissibile l’appello del Condominio per
specifica carenza di motivi di gravame.
Il motivo è infondato.
L’indicazione dei motivi di appello richiesta dall’art.
342 cod. proc. civ. e, nel rito del lavoro, dall’art. 434

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data di conclusione dei lavori di rifacimento della fogna e

cod. proc. civ., non deve necessariamente consistere in una
rigorosa e formalistica enunciazione delle ragioni invocate a
sostegno dell’appello stesso, richiedendosi invece soltanto
una esposizione chiara ed univoca, anche se sommaria, sia
della domanda rivolta al giudice del gravame sia delle

gravame, dovendo essere idonei a contrastare la motivazione
della sentenza impugnata, avranno la necessità di essere più
o meno articolati, a seconda della maggiore o minore
specificità nel caso concreto di quella motivazione (Cass., l
aprile 2004, n. 6403). Nella fattispecie, come correttamente
rileva la Corte d’appello, i motivi di impugnazione
contengono specifiche argomentazioni di censura della
decisione di primo grado, nonché una diffusa esposizione dei
fatti di causa, così come richiesto dall’art. 342 c.p.c.
Con il quarto motivo si denuncia «omessa, insufficiente
e contraddittoria motivazione.»
Sostengono i ricorrenti che la Corte d’appello ha errato
nel ritenere che l’interruzione dell’attività imprenditoriale
si verificò esclusivamente nel periodo fra agosto del 1997 ed
agosto 1998, allorché terminarono i lavori. Senza considerare
che il tentativo di riprendere l’attività da parte degli
stessi ricorrenti fu vano. A loro avviso pertanto il danno
andava liquidato ben oltre i quattro anni indicati nella
sentenza di primo grado.
Il motivo è infondato.

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ragioni della doglianza,all’interno della quale i motivi di

Il vizio di omessa o insufficiente motivazione,
deducibile in sede di legittimità ex art. 360, n. 5, c.p.c.,
sussiste qualora il giudice di merito non abbia tenuto conto
alcuno delle inferenze logiche che possono essere desunte
dagli elementi dimostrativi

addotti in giudizio ed indicati

limitato ad assumere l’insussistenza della prova, senza
compiere una analitica considerazione delle risultanze
processuali (Cass., 2 marzo 2012, n. 3370).
La sentenza impugnata, con una congrua e corretta
motivazione, ha ritenuto che la quantificazione dei danni era
eccessiva perché vi era prova certa dell’interruzione
dell’attività imprenditoriale dei fratelli Vispo, solo per il
periodo compreso fra agosto 1997, data dell’allagamento ed
agosto 1988, data finale dei lavori di rifacimento della
fogna e ripavimentazione dei locali; non risulta invece, dopo
il termine dei lavori, alcuna prova certa del mancato utile
percepito.
Le

critiche

dei

ricorrenti

non

superano

le

argomentazioni della suddetta sentenza e mirano soltanto ad
una diversa ed a loro più favorevole ricostruzione dei fatti
di causa.
Con il quinto motivo si denuncia «violazione e falsa
applicazione di legge dell’art. 1131 c.c. e 360 c.p.c. e 1129
C.

C.

»

lo

nel ricorso con autosufficiente ricostruzione, e si sia

I ricorrenti lamentano che la Corte ha errato per aver
respinto la loro eccezione di inammissibilità dell’appello
per mancanza di legittimazione processuale
dell’amministratore del condominio.
Il motivo è infondato.

in giudizio il Condominio perché lo stesso fosse condannato
all’esecuzione dei lavori necessari alle parti comuni ed al
risarcimento dei danni subiti dai ricorrenti in conseguenza
della rovina di tali parti, legittimamente l’amministratore,
condannato in primo grado, ha proposto appello avverso la
relativa decisione.
In tema di controversie condominiali, la legittimazione
dell’amministratore del condominio dal lato attivo coincide
con i limiti delle sue attribuzioni (art. 1131 c.c.), mentre
dal lato passivo non incontra limiti e sussiste in ordine ad
ogni azione, anche di carattere reale o possessorio,
concernente le parti comuni dell’edificio. In tale contesto
l’amministratore ha la facoltà di proporre tutti i gravami
che successivamente si rendano necessari in conseguenza della
vocatío in ius (Cass., 21 maggio 2003, n. 7958).
La sentenza impugnata si è attenuta ai suddetti principi
con congrua e chiara motivazione.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato con
condanna di parte ricorrente alle spese del giudizio di
cassazione che si liquidano come in dispositivo.

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Osserva al riguardo la Corte che, essendo stato chiamato

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente
alle spese del giudizio di cassazione che si liquidano in E
7.200,00, di cui

e

200,00 per esborsi, oltre spese generali

Roma, 1 dicembre 2014

ed accessori di legge.

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