Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8997 del 06/05/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 8997 Anno 2015
Presidente: PETTI GIOVANNI BATTISTA
Relatore: D’AMICO PAOLO

SENTENZA
sul ricorso 20564-2009 proposto da:

CARIGE ASSICURAZIONI SPA 01677730138, (già LEVANTE
NORDITALIA ASSICURAZIONI S.P.A.), in persona del suo
legale rappresentante pro tempore procuratore Dott.
D’ALBERTO GIANCARLO, elettivamente domiciliata in
4
2014
2523

ROMA, VIA DI VILLA PATRIZI, 13, presso lo studio
dell’avvocato ANDREA GEMMA, che la rappresenta e
difende giusta procura speciale del Dott. Notaio
MARIO ERBA in Milano il 18/11/2014, rep. n. 90826;
– ricorrente contro

1

Data pubblicazione: 06/05/2015

IMPRESA

GIORGIO

SPA

LANZETTA

,in

persona

dell’Amministratore Unico dott. GIORGIO LANZETTA,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE BRUNO BUOZZI
82, presso lo studio dell’avvocato GREGORIO IANNOTTA,
che la rappresenta e difende giusta procura speciale

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2169/2009 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 21/05/2009, R.G.N.
6244/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 01/12/2014 dal Consigliere Dott. PAOLO
D’AMICO;
udito l’Avvocato ALESSANDRA IANNOTTA per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIUSEPPE CORASANITI che ha concluso
per l’inammissibilità del ricorso.

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in calce al controricorso;

Svolgimento del processo

L’impresa Giorgio Lanzetta s.p.a. esponeva: che nel
gennaio 1998 aveva stipulato con Telecom Italia s.p.a. un
contratto di appalto avente ad oggetto la realizzazione di
opere edili, nella sede della società in Roma; che nella notte

seguito il sequestro del cantiere; che per realizzare i lavori
appaltati nei tempi previsti aveva provveduto alla diretta
eliminazione dei danni provocati dall’incendio sostenendo un
costo complessivo di f. 758.289.528; che era assicurata per la
responsabilità civile presso la società assicuratrice Levante,
alla quale aveva richiesto l’indennizzo; che quale custode
del cantiere l’appaltante era responsabile ex art. 2051 c.c.
per i danni verificatisi a carico di Telecom.
Per tali ragioni l’impresa Lanzetta convenne in giudizio
la Levante e chiese che la stessa fosse condannata a pagare g
391.623,86, oltre accessori.
L’assicuratore si costituì e contestò la fondatezza della
domanda della Lanzetta.
Il Tribunale accolse la domanda e condannò la Levante al
– pagamento dell’indennizzo nella misura richiesta.
Propose appello la Carige s.p.a. (già Levante s.p.a.) che
contestò che vi fosse prova dell’avvenuto risarcimento da
parte dell’Impresa Lanzetta in favore di Telecom. Dedusse.anzi
che quest’ultima sarebbe stata indennizzata dalla propria

3

del 4 aprile 2000 si era verificato un incendio cui era

società assicuratrice Meieaurora, come da atto di quietanza e
transazione del 6 giugno 2003.
Si costituì la società appellata che resistette al
.

gravame.
La Corte d’appello ha respinto l’appello proposto da

Propone ricorso per cassazione quest’ultima.
Resiste con controricorso l’Impresa Giorgio Lanzetta
s.p.a.
Le parti presentano memorie.
Motivi della decisione

Con il primo motivo parte ricorrente denuncia «falsa
applicazione dell’art. 167 c.p.c. in relazione all’art. 163 n.
3, n. 4 e n. 5 c.p.c. nonché in relazione all’art. 345 co. 3
c.p.c. e agli articoli 1882, 1917 e 2967 c.c.. Violazione
dell’art. 345 co. 2 e co. 3 c.p.c. in relazione all’art. 167
co. 1 c.p.c. e agli articoli 1882, 1917 e 2967 c.c. (art. 360
n. 3 c.p.c.).»
L’impugnata sentenza ha invocato l’art. 167 c.p.c. ed il
sotteso

principio

giurisprudenziale

della

rilevanza

• processuale della mancata contestazione da parte del convenuto
dei fatti dedotti dall’attore, con la conseguenza che i fatti
non contestati devono ritenersi pacifici, con effetti
vincolanti per il giudice.
Ad avviso della ricorrente l’art. 167 c.p.c. non poteva
trovare applicazione in quanto la genericità, le omissioni,

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Carige Assicurazioni.

l’insufficienza del contenuto, nonché l’inidoneità delle
allegazioni attoree a configurare l’elemento costitutivo della
domanda di rivalsa, non consentivano l’esercizio del potere di
contestazione.
Il ricorrente, in altri termini, sostiene di non aver

era generico e non si riusciva a capire quale fosse la
domanda, tanto da non consentire, la contestazione.
Con il secondo motivo si lamenta «omessa siccome
apparente e,

comunque, insufficiente motivazione in ordine al

fatto controverso e decisivo dell’indennizzo versato a Telecom
dal suo assicuratore Meie (art. 360 n. 5 c.p.c.).
Contraddittoria e, comunque insufficiente motivazione sul
fatto controverso e decisivo della copertura totale di tutti i
danni subiti da Telecom e indennizzati da Meie nonché sulla
pretesa irrilevanza della relativa quietanza rilasciata da
Telecom (art. 360 n. 5 c.p.c.).»
Sostiene la ricorrente che la motivazione della sentenza
impugnata non espone in modo giuridicamente corretto ed
adeguato il percorso logico e la

ratio decidendi

della

sentenza stessa.
I motivi, che per la stretta connessione devono essere
congiuntamente esaminati, sono inammissibili perché privi sia
del quesito di diritto sia del necessario momento di sintesi
ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. Infatti, ai ricorsi proposti
contro le sentenze pubblicate a partire dal 2 marzo 2006, data

5

contestato le domande attrici in quanto l’atto di citazione

di entrata in vigore del d.lgs. n. 40/2006, si applicano,
ratione temporis, le disposizioni dettate nello stesso decreto
al capo I. Secondo l’art. 366

bis

c.p.c. introdotto

dall’art. 6 del suddetto decreto – i motivi del ricorso
debbono essere formulati, a pena di inammissibilità, nel modo

n. 1, 2, 3, 4, l’illustrazione di ciascun motivo si deve
concludere con la formulazione di un quesito di diritto,
mentre nel caso previsto dall’art. 360, I ° c., n. 5 c.p.c.
l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere la chiara
indicazione del fatto controverso in relazione al quale la
motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le
ragioni per le quali la dedotta insufficienza della
motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.
I motivi sono comunque infondati in quanto la sentenza
impugnata si sottrae alle critiche delle quali è stata oggetto
con il ricorso, mentre la ricorrente si limita a prospettare
una diversa valutazione di merito, senza muovere specifiche
contestazioni alla ratio decidendi della sentenza stessa.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato
inammissibile, con condanna di parte ricorrente alle spese del
giudizio di cassazione che si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna
parte ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che

6

descritto e, in particolare, nei casi previsti dall’art. 360,

liquida in

12.200,00, di cui C 200,00 per esborsi, oltre

spese generali ed accessori di legge.

Roma, 1 dicembre 2014

Il Consigliere estensore

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Il Presidente
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