Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8996 del 15/05/2020

Cassazione civile sez. VI, 15/05/2020, (ud. 19/12/2019, dep. 15/05/2020), n.8996

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25504-2018 proposto da:

F.LLI G. SNC IN LIQUIDAZIONE, in persona del Liquidatore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GOLAMETTO 4, presso

lo studio dell’avvocato GURCIARIELLO ILARIA, rappresentata e difesa

dall’avvocato NOBILE CARLANTONIO;

– ricorrente –

contro

P.P., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

DE GIOVANNI GIOVANNI PIO;

– controricorrente –

contro

+ ALTRI OMESSI;

– intimati –

avverso l’ordinanza n. 907/2018 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE di

ROMA, depositata il 17/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19/12/2019 dal Consigliere Relatore Dott. PORRECA

PAOLO.

Fatto

RILEVATO

Che:

La F.lli G. s.n.c. domanda la revocazione dell’ordinanza di questa Corte, n. 907 del 2018, che ha parzialmente accolto il ricorso della società deducente avverso la sentenza con cui la Corte di appello di Bari, a sua volta, aveva rigettato il gravame di merito avverso la dichiarazione, pronunciata in prime cure, di responsabilità per la morte di un congiunto degli originari attori, dipendente della suddetta s.n.c., con conseguente liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale;

il ricorso contiene un unico motivo, corredato da memoria;

resiste con controricorso P.P. mentre non hanno svolto difese gli altri intimati;

Vista la proposta formulata del relatore ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Diritto

RILEVATO

Che:

con l’unico motivo si prospetta l’errore di fatto ex artt. 391-bis c.p.c., e art. 395 c.p.c., n. 4, poichè la Corte di appello avrebbe accolto il ricorso “per quanto di ragione” limitatamente alla prova del danno e della sua entità nei confronti dei germani della vittima, dando per supposta l’allegazione dei fatti costitutivi dello stesso e discriminando, contraddittoriamente, le posizioni dei fratelli da quelle della moglie e del figlio della vittima, nonostante la generale riferibilità a ognuna delle fattispecie scrutinate dell’affermata necessità d’indicazione assertiva e supporto probatorio;

Rilevato che:

il ricorso è improcedibile;

infatti, non è stata prodotta la copia conforme dell’ordinanza impugnata bensì solo la copia comunicata telematicamente della stessa, priva di asseverazione (Cass., 07/02/2017, n. 3268);

degli intimati ha svolto difese solo P.P., sicchè non può operare il principio della non contestazione avversaria (Cass., Sez. U., 24/09/2018, n. 22438, Cass., Sez. U., 25/03/2019, n. 8312);

il ricorso sarebbe stato comunque inammissibile;

infatti, secondo la prospettiva della società istante questa Corte avrebbe dapprima condivisibilmente affermato la generale necessità di allegazione dei fatti costitutivi del danno e conseguente prova (concreta sussistenza e consistenza della relazione parentale lesa) per poi affermarne conclusivamente la necessità limitatamente ai germani, con erronea esclusione della moglie e dei figli;

il suddetto preteso fatto che sarebbe stato erroneamente supposto da questa Corte è assente nella motivazione dell’ordinanza revocanda, tanto che è indicato come supposto per implicito;

in tal modo si assume che il paradigma dell’art. 395 c.p.c., n. 4, possa essere integrato quando la supposizione di un fatto sia non espressa, cioè non si colga in una affermazione della sentenza, e nemmeno si faccia discendere come implicazione necessaria da un “modus procedendi” della corte;

nel caso di specie non vi è questo rapporto d’implicazione necessaria per l’assorbente ragione che questa Corte potrebbe avere ritenuto riconosciuta, giudicando, l’esistenza del danno per i congiunti stretti in parola, senza esplicitarla;

fermo che si tratta quindi di un’attività di giudizio e non di errore percettivo, ciò che parte ricorrente suppone come “fatto” inesistente non è un fatto, ma una risultanza probatoria, che era stata evidenziata come correlata ragione fondante propria dei due motivi, tanto che, secondo quanto si riferisce, nel ricorso era stata stigmatizzata la carenza di prova;

infine, in via ulteriore e proprio per quanto appena qui rilevato, il preteso errore revocatorio finisce per attingere un punto che era stato dedotto nella fase ordinaria come controverso;

le spese non debbono liquidarsi poichè P. non era destinatario dell’impugnazione, atteso che essa attingeva la moglie e i figli, sicchè si è difeso in carenza d’interesse.

PQM

La Corte dichiara improcedibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 19 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 maggio 2020

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