Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8993 del 06/05/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 8993 Anno 2015
Presidente: PETTI GIOVANNI BATTISTA
Relatore: CIRILLO FRANCESCO MARIA

SENTENZA

sul ricorso 6173-2013 proposto da:
BARACCO EDOARDO BRCDRD93R26L781R,

BARACCO LUCA,

PADOVANI MONICA, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIALE ANGELICO 38, presso lo studio dell’avvocato
VINCENZO SINOPOLI, che li rappresenta e difende
unitamente agli avvocati CARLO BINELLI, MATTEO BINELLI
2014

giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrenti –

2515
contro

GESTIONE LIQUIDATORIA DISCIOLTA ULSS 25 VENETO
00844850230 in persona del suo Commissario Liquidatore

1

Data pubblicazione: 06/05/2015

Dott.ssa MARIA GIUSEPPINA BONAVINA, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA ORAZIO 3, presso lo studio
dell’avvocato GIUSEPPE GRAZIOSI, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato ELISABETTA VILLA
giusta procura speciale a margine del controricorso;

NSLLCI53C43L781K, BERTANI CRISTINA BRTCST60S52F681B,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ORAZIO 3,
presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE GRAZIOSI, che
li rappresenta e difende unitamente all’avvocato
ELISABETTA VILLA giusta procura speciale a margine del
controricorso;
ASSICURAZIONI GENERALI SPA 00079760328 in persona dei
legali rappresentanti Dott. PAOLO BAVARESCO e Dott.
DARIO DALLA TORRE, INA ASSITALIA SPA 00409920584 in
persona del Procuratore Avv. MATTEO MANDO’,
elettivamente domiciliate in ROMA, VIA GIUSEPPE
FERRARI 35, presso lo studio dell’avvocato MARCO
VINCENTI, che le rappresenta e difende giusta procure
speciali in calce al controricorso;
– controricorrenti nonchè contro

BLAAS GIANFRANCO, PADOVANI GIANCARLO;
– intimati –

avverso la sentenza n. 1687/2012 della CORTE D’APPELLO
di VENEZIA, depositata il 30/07/2012, R.G.N.

2

PERLINI LORELLA PRLLLL60T44L781Y, ANSELMI LICIA

1008/2002;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 28/11/2014 dal Consigliere Dott. FRANCESCO
MARIA CIRILLO;
udito l’Avvocato STELVIO DEL FRATE per delega;

udito l’Avvocato ALDO SEMINAROTI per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MAURIZIO VELARDI che ha concluso per il
rigetto del ricorso;

3

udito l’Avvocato GIUSEPPE GRAZIOSI;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. I coniugi Luca Baracco e Monica Padovani, in proprio e
nella qualità di genitori del minore Edoardo Baracco,
convennero in giudizio, davanti al Tribunale di Verona, i
medici Gianfranco Blaas e Giancarlo Padovani e l’azienda

condannati in solido al risarcimento dei danni conseguenti
alla gravissime negligenze verificatesi in occasione della
nascita del piccolo Edoardo, il quale aveva riportato, a causa
della ipossia prenatale, danni neurologici tali da
compromettere irreversibilmente la sua vita di relazione.
Si costituirono tutti i convenuti, chiedendo il rigetto
della domanda ed estendendo il contraddittorio alle ostetriche
Lorella Perlini, Cristina Bertani e Licia Anselmi, nonché alla
società di assicurazione Assitalia.
Espletata prova per testi ed una c.t.u., il Tribunale
condannò tutti i convenuti, in solido, al pagamento delle
somme di euro 2.359.530,98 in favore di Edoardo Baracco, euro
182.799,49 in favore di Monica Padovani ed euro 142.676,08 in
favore di Luca Baracco, con interessi e con il carico delle
spese; riconobbe poi il Tribunale che la società di
assicurazione fosse tenuta alla manleva in favore del dott.
Blaas nei limiti del massimale di polizza.

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istituti ospedalieri di Verona, chiedendo che fossero

2. La sentenza è stata impugnata in via principale dal
dott. Blaas e in via incidentale dal dott. Padovani e dagli
originari attori.
La Corte d’appello di Venezia, con sentenza del 30 luglio
2012, ha respinto tutti gli appelli ed ha regolato le spese

Per quanto ancora di interesse in questa sede – nella
quale non si discute più dell’an della responsabilità degli
operatori sanitari coinvolti nella vicenda – ha osservato la
Corte territoriale che andavano rigettate le ulteriori
richieste risarcitorie, avanzate dai genitori di Edoardo
Baracco, volte ad ottenere il risarcimento dei danni
conseguenti: l) alla definitiva perdita del lavoro da parte
della madre, in mancanza di prova sull’effettiva sussistenza
del nesso di causalità tra l’eventuale minore reddito e le
lesioni subite dal figlio; 2) all’abbandono dell’attività di
dirigente da parte del padre, per analoghe ragioni; 3) alla
carente liquidazione delle spese già sostenute e di quelle
future, punto sul quale la Corte ha innalzato la liquidazione
nella somma mensile di euro 3.000, pervenendo con la
capitalizzazione ad una somma comunque leggermente inferiore a
quella liquidata dal Tribunale; 4) alle spese necessarie per
l’acquisto di un’autovettura, dovendo essere risarcite solo
quelle necessarie per eventuali adattamenti, dei quali non era
stata peraltro fornita la prova.
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del grado.

3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Venezia
propongono ricorso Edoardo Baracco, frattanto divenuto
maggiorenne, tramite il proprio amministratore di sostegno
Luca Baracco, nonché Luca Baracco e Monica Padovani in
proprio, con unico atto affidato a otto motivi.

liquidatoria della USL 25, Lorella Perlini, Cristina Bertani e
Licia Anselmi, e l’INA Assitalia.
I ricorrenti e la Gestione liquidatoria della USL 25 hanno
presentato memorie.
Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva in
questa sede.
MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo, il secondo ed il terzo motivo di ricorso
si lamenta,
lamenta, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 4) e
n. 5), cod. proc. civ., violazione degli artt. 1218 e 1226
cod. civ. e dell’art. 112 cod. proc. civ., oltre ad illogicità
della motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il
giudizio.
Rilevano i ricorrenti che la sentenza, nel provvedere ad
una nuova liquidazione delle spese sanitarie che i familiari
del ragazzo avevano sostenuto e dovevano sostenere, avrebbe
limitato il risarcimento a quelle future, in tal modo
escludendo l’esistenza di analogo diritto anche in riferimento
alle spese precedenti la pronuncia di primo grado, o comunque
6

Resistono con tre separati controricorsi la Gestione

già affrontate. La sentenza, poi, avrebbe liquidato il
fabbisogno mensile per le spese future nella somma di euro
3.000, senza offrire al riguardo alcuna soddisfacente
motivazione.
1.1.

I tre motivi,

da trattare congiuntamente in

medesima ratio,

sono tutti privi di fondamento. Essi poggiano,

in sostanza, sulla argomentazione, peraltro di per sé assai
poco credibile, che la sentenza impugnata, pur avendo
innalzato la somma riconosciuta in favore del danneggiato e
dei suoi familiari, avrebbe in realtà limitato la liquidazione
ai soli danni

futuri,

escludendo in tal modo le spese di

assistenza per il periodo che va dal 1993 (anno di nascita di
Edoardo) fino al 2002 (anno in cui è stata emessa la sentenza
di primo grado).
Osserva il Collegio, innanzitutto, che non sussiste la
violazione di cui all’art. 112 cod. proc. civ. di cui al primo
motivo di ricorso, perché la Corte d’appello ha deciso e
pronunciato sul punto, per cui non c’è alcuna

omissione;

e i

motivi in esame sono di per sé alquanto generici, in quanto la
rigorosa osservanza del principio di autosufficienza avrebbe
imposto una precisa indicazione, nel ricorso per cassazione,
delle sedi di merito nelle quali furono proposte le domande
risarcitorie e le conseguenti omissioni della sentenza della
Corte d’appello.
7

considerazione della riconducibilità delle censure ad una

Ad ogni modo, anche trascurando tali aspetti formali nei
quali il ricorso è lacunoso, la Corte rileva che le spese
pregresse,

cioè quelle che erano state

già sostenute

nel

momento dell’emissione della sentenza del Tribunale, sono
spese per le quali non è necessario alcun calcolo previsionale

documentate e provate e il giudice di merito provvede alla
liquidazione sulla base di quanto dimostrato. Che è
esattamente quanto la Corte d’appello ha fatto, conformandosi
alla sentenza del Tribunale; d’altra parte la sentenza di
primo grado, alla quale questa Corte può accedere in
considerazione della natura delle censure, aveva riconosciuto
una serie di somme per esborsi già sostenuti anche per spese
mediche all’estero, con la sola esclusione della spesa per
l’acquisto di una nuova vettura (punto sul quale si tornerà in
seguito).
Il vero punto in discussione era, quindi, il computo delle
spese future, destinate a durare per tutta la vita di Edoardo,
per le quali la Corte ha proceduto col sistema della
capitalizzazione, praticamente raddoppiando la somma liquidata
dal Tribunale (a fronte di una spesa mensile di lire 3.000.000
liquidata dal primo giudice, la Corte ha riconosciuto 3.000
euro mensili).
E palese, dunque, che nessuna omissione è imputabile alla
Corte d’appello, essendo state le spese pregresse liquidate
8

e, come tale, ipotetico. Le spese sostenute devono essere solo

nei limiti delle prove fornite; né in questa sede tale
liquidazione potrebbe essere in alcun modo rimessa in
discussione, trattandosi di accertamenti di merito preclusi
alla Corte di legittimità.
2. Con il quarto motivo di ricorso si lamenta, in

proc. civ., violazione del r.d. 9 ottobre 1922, n. 1403, oltre
ad illogicità della motivazione circa un fatto controverso e
decisivo per il giudizio.
Rilevano i ricorrenti che il calcolo delle spese future
sarebbe illegittimo perché la Corte d’appello non avrebbe
indicato né il coefficiente applicato, né come esso sia stato
applicato, né «quale ne sia la provenienza»; in particolar
modo, non sarebbe chiaro quale età del ragazzo i giudici di
appello abbiano preso in considerazione, se cioè sia la stessa
(otto anni) assunta come base dal Tribunale di Verona.
2.1. Il motivo, quando non inammissibile, è comunque
infondato.
I ricorrenti, intanto, non precisano nel ricorso – come
sarebbero tenuti a fare, in considerazione del tipo di censura
– quale sarebbe la somma corrispondente ad una corretta
liquidazione, limitandosi solo a dire che il r.d. n. 1403 del
1922 non prevede alcun coefficiente di capitalizzazione per un
bambino di nove anni di età, senza peraltro specificare quale

9

riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3) e n. 5), cod.

altro criterio di capitalizzazione sarebbe utilizzabile nella
specie.
I controricorrenti osservano, correttamente, che la somma
di euro 36.000 annuali, moltiplicata per il coefficiente di
21, dà esattamente quella di euro 756.000, riconosciuta dalla

quella liquidata dal Tribunale); e poiché il coefficiente
massimo di cui al r.d. n. 1403 è pari a 20,048 (per un’età di
dodici anni), è palese che nessuna lesione è ravvisabile nel
computo fatto dalla Corte veneziana (ipotizzando, appunto, un
coefficiente pari a 21, cioè superiore a quello massimo).
Le censure, d’altra parte, sono sul punto del tutto
generiche.
3. Con il quinto motivo di ricorso si lamenta, in
riferimento all’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ.,
violazione dell’art. 112 del codice di procedura civile.
Si rileva, in proposito, che con l’atto di appello ci si
era doluti della liquidazione per le spese mediche
documentate, anche perché il Tribunale aveva negato il diritto
ad ottenere il risarcimento del costo di una vettura dotata di
attrezzature particolari per il piccolo Edoardo. La Corte
sarebbe incorsa in un’omissione, non pronunciandosi sul fatto
che non tutte le spese documentate erano state riconosciute.

10

Corte d’appello in via equitativa (siccome più elevata di

4.

Con il sesto motivo di ricorso si lamenta, in

riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3) e n. 5), cod.
proc. civ., violazione dell’art. 1218 del codice civile.
Si osserva, in proposito, che la sentenza avrebbe errato
nel negare il diritto al rimborso del costo necessario per

quale era (ed è) nell’evidente impossibilità di muoversi.
5.

I due motivi, da trattare congiuntamente in quanto

aventi ad oggetto lo stesso problema, sono l’uno inammissibile
e l’altro infondato.
5.1. Il quinto motivo è evidentemente inammissibile per
genericità, poiché i ricorrenti si limitano a censurare la
sentenza d’appello rilevando di essersi doluti in quella sede
del «mancato riconoscimento di certune spese pur documentate»
e non riconosciute dal Tribunale. La contestazione contenuta
nel ricorso non consente a questa Corte una verifica; e
comunque, in sede di legittimità non si potrebbe procedere ad
alcun accertamento su questo punto.
5.2. Il quinto motivo, del resto, si collega direttamente
col sesto e con la questione del rimborso delle spese per
l’acquisto di una vettura nuova, idonea fronteggiare le gravi
esigenze di salute di Edoardo.
Osserva la Corte che la sentenza d’appello ha condiviso,
su questo punto, la decisione del Tribunale, che aveva negato
il rimborso della spesa di lire 65.156.000 rilevando che
11

l’acquisto di una vettura nuova per il piccolo Edoardo, il

potevano tutt’al più essere riconosciuti i maggiori costi
necessari per l’adattamento del mezzo di trasporto alle
esigenze del piccolo Edoardo. Tale

ratio decidendi non è, in

sostanza, contestata in questa sede, dove i ricorrenti
continuano a ribadire la loro tesi e cioè che essi avevano

discussione che la spesa in questione è una conseguenza delle
compromesse condizioni di salute del danneggiato, ciò non è
sufficiente per l’accoglimento del sesto motivo di ricorso,
perché la scelta in ordine al rimborso del prezzo di un’auto
nuova o, viceversa, delle sole spese di adattamento dell’auto
precedente è una decisione che spetta al giudice di merito. La
sentenza ha fornito una motivazione, congrua e priva di vizi
logici, né i ricorrenti si sono attivati, in sede di appello,
per fornire la prova delle spese di adattamento del mezzo,

diritto al rimborso di un’auto nuova. Ora, pur essendo fuori

“’l

cosa che avrebbe consentito loro, di sicuro, un ristoro almeno
parziale dell’esborso sopportato.
6. Con il settimo motivo di ricorso si lamenta, in
riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3) e n. 5), cod.
proc. civ., violazione degli artt. 1218, 1223 e 1226 cod.
civ., dell’art. 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, oltre
ad illogicità della motivazione circa un fatto controverso e
decisivo per il giudizio.
Si osserva che la sentenza avrebbe erroneamente negato il
diritto della Padovani al risarcimento dei danni da perdita
12

del lavoro di infermiera in conseguenza della gravissima
situazione del figlio. La sentenza, infatti, ha riconosciuto
il danno patrimoniale per gli anni 1994-1995 e l’ha escluso
per il periodo successivo, mentre è palese che, se la madre si
era dedicata a tempo pieno al figlio nei primi due anni di

inconciliabile con qualsiasi attività lavorativa.
6.1. Il motivo non è fondato.
La sentenza impugnata, confermando in pieno la decisione
del giudice di primo grado, ha stabilito che alla Padovani,
madre di Edoardo, doveva essere riconosciuto il diritto al
risarcimento del danno patrimoniale per gli anni 1994 e 1995,
mentre ha escluso analogo diritto «per il periodo successivo,
non essendo stata documentata né chiaramente allegata
l’evoluzione del rapporto di lavoro per il periodo successivo
né il nesso di causalità tra l’eventuale minore reddito e le
lesioni subite dal figlio».
Si tratta, come facilmente si comprende, di una decisione
di merito correttamente argomentata e priva di vizi logici, e
per di più del tutto coerente con la costante giurisprudenza
di questa Corte secondo la quale il danno patrimoniale – e
soprattutto quello da perdita del lavoro o da diminuzione
delle entrate in conseguenza di un fatto dannoso – deve essere
rigorosamente dimostrato dal danneggiato che invoca il
relativo risarcimento.
13

vita, certamente avrebbe continuato a farlo, il che è

A fronte di simile motivazione, il motivo in esame adduce
delle considerazioni generiche, in parte ovvie e in parte non
calzanti, che comunque non spostano i termini del problema,
che rimane quello di una mancanza di prova, non discutibile in
sede di legittimità.

1992, poi, introduce questioni che paiono anche del tutto
nuove e, come tali, inammissibili.
7. Con l’ottavo motivo di ricorso si lamenta, in
riferimento all’art. 360, primo comma, n. 4) e n. 5), cod.
proc. civ., violazione dell’art. 93 cod. proc. civ. e
dell’art. l del d.m. n. 127 del 2004.
Si contesta, al riguardo, che la liquidazione delle spese
compiuta dalla Corte d’appello sarebbe inferiore rispetto ai
minimi riconosciuti dalla tariffa professionale.
7.1. Il motivo è inammissibile, stante la sua evidente
genericità. Per costante insegnamento di questa Corte,
infatti, la censura in punto di liquidazione delle spese che
contesti il superamento dei limiti minimi previsti dalla
tabella deve essere analiticamente svolta, indicando per
ciascuna voce la liquidazione che sarebbe corretta e la
conseguente violazione compiuta dal giudice di merito; il che
non è avvenuto nel caso di specie.

14

Il profilo della ipotizzata lesione della legge n. 104 del

9)

Del tutto improprio, poi, è il richiamo all’art. 93 cod.
proc. civ., che concerne il regime della distrazione delle
spese in favore del difensore antistatario.
8. Il ricorso, pertanto, è rigettato.
In considerazione, tuttavia, della drammaticità della

trattate, il Collegio stima equo compensare integralmente tra
tutte le parti le spese del giudizio di cassazione.
Sussistono peraltro le condizioni di cui all’art. 13,
comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per porre a
carico dei ricorrenti l’obbligo di versamento dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto
per il ricorso presentato.
PER QUESTI

La Corte

rigetta il

ricorso

moTrvI
e

compensa integralmente le

spese del giudizio di cassazione tra tutte le parti.
Sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma

1-

quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per porre a carico

dei ricorrenti, in solido, l’obbligo di versamento
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso presentato.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza
Sezione Civile, il 28 novembre 2014.

vicenda e della complessità e delicatezza delle questioni

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