Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8991 del 19/04/2011

Cassazione civile sez. III, 19/04/2011, (ud. 23/03/2011, dep. 19/04/2011), n.8991

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. PETTI Giovanni Battista – Consigliere –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 29033-2006 proposto da:

ZENITH SERVIZI INTEGRATI IMMOBILIARI SRL (OMISSIS), in persona

del legale rappresentante p.t. Geom. S.V., considerato

domiciliato “ex lege” in ROMA, presso CANCELLERIA CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ROMANO MARIO giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

AMM. PROVINCIA CASERTA (OMISSIS), in persona del Presidente

legale rappresentante pro tempore, Dottor D.F.A.,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. CANDIANI 35, presso lo

studio dell’avvocato BASSO SALVATORE, rappresentato e difeso

dall’avvocato BUONPANE ANGELA RAFFAELLA giusta delega a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2609/2005 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

Sezione 1^, emessa il 11/07/2005, depositata il 08/09/2005; R.G.N.

333/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/03/2011 dal Consigliere Dott. GIOVANNI GIACALONE;

udito l’Avvocato ROMANO MARIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

1. La S.r.l. Zenith Servizi integrati di Immobiliare impugna per cassazione, sulla base di otto motivi, la sentenza della Corte d’appello di Napoli, depositata il 8.9.2005, con la quale è stata confermata la sentenza di primo grado, che aveva rigettato la domanda, proposta dalla società nei confronti della Provincia di Caserta, di risoluzione del contratto di locazione per inadempimento della convenuta. Premesso che la Zenith non aveva impugnato la parte della motivazione con cui il primo giudice aveva negato la configurabilità nella specie di una responsabilità extracontrattuale, la Corte territoriale affermava che non poteva esservi dubbio sull’essenzialità del termine apposto dalla Provincia, per le espressioni usate nella delibera dell’ente relativa alla formalizzazione del contratto e per la natura e l’oggetto del contratto, trattandosi di edificio da adibire a struttura scolastica ad anno scolastico già iniziato; nè era generica la richiesta del Comune in ordine alle certificazioni da consegnare, esplicitate nella lettera di trasmissione della delibera; precisava, quindi, perchè la società non potesse essere considerata adempiente sulla base della documentazione prodotta in appello e delle deduzioni formulate in detto grado. Resiste con controricorso la Provincia, chiedendo respingersi il ricorso.

2.1. Con il primo motivo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 1457 c.c., perchè la Corte territoriale avrebbe erroneamente attribuito carattere di essenzialità al termine di venti giorni assegnato dalla Provincia per l’esibizione del certificato di abitabilità, mentre esso non era contenuto in alcun contratto tra le parti, ma rappresentava una condizione unilaterale e potestativa oggetto di mera comunicazione alla società. Collegato al primo è il sesto motivo, con cui il ricorrente lamenta violazione dell’art. 112 c.p.c., nonchè vizio di motivazione, per avere la Corte territoriale evocato la circostanza dell’avvenuto inizio dell’anno scolastico a giustificazione della ristrettezza del termine assegnato dall’amministrazione, senza che tale circostanza fosse stata dedotta in giudizio. Entrambe le censure non colgono nel segno.

Deve ribadirsi che il termine per l’adempimento può essere ritenuto essenziale ai sensi e per gli effetti dell’art. 1457 c.c., solo quando, all’esito di indagine istituzionalmente riservata al giudice di merito, da condursi alla stregua delle espressioni adoperate dai contraenti e, soprattutto, della natura e dell’oggetto del contratto, risulti inequivocabilmente la volontà delle parti di ritenere perduta l’utilità economica del contratto con l’inutile decorso del termine medesimo (Cass. n. 3645/07; 5509/02; 10751/96; 2347/95;

1340/87). Nella specie, il tenore letterale della delibera di aggiudicazione e la natura e l’oggetto del contratto, desunta anche dall’obiettiva e notoria circostanza del già avvenuto inizio dell’anno scolastico sono stati gli elementi congruamente apprezzati dal giudice di merito ai fini della ritenuta essenzialità del termine.

2.2. Con il secondo motivo, la ricorrente deduce violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’asserita mancata censura contro la parte della sentenza di primo grado che ha negato che si vertesse in ipotesi di responsabilità extracontrattuale, perchè, pur avendo condiviso la qualificazione data al rapporto dal giudice di prime cure, essa aveva dedotto nell’atto di appello gli specifici obblighi di buona fede, diligenza e correttezza incombenti sulla P.A. anche dopo la conclusione del contratto e poichè, comunque, spettava al giudice la qualificazione giuridica del rapporto in lite. La censura è inammissibile, non essendo desumibile da essa quale sarebbe l’effetto utile che deriverebbe alla ricorrente dal suo accoglimento:

in particolare, la ricorrente si limita a censurare la ritenuta non impugnazione della qualificazione giuridica, ma non deduce perchè sarebbe erronea l’esclusione della configurabilità della responsabilità extracontrattuale ritenuta dal giudice di prime cure.

2.3. Con i motivi dal terzo al quinto e settimo ed ottavo, la ricorrente deduce vizi di motivazione su vari punti decisivi prospettati in sede di gravame e tutti riflettenti circostanze di fatto e/o documenti addotti dalla società a sostegno della fondatezza della propria pretesa.

2.4. Nessuna di tali censure coglie nel segno, dovendosi ribadire che la deduzione del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 non consente alla parte di censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendo alla stessa una sua diversa interpretazione, al fine di ottenere la revisione da parte del giudice di legittimità degli accertamenti di fatto compiuti dal giudice di merito: le censure poste a fondamento del ricorso non possono pertanto risolversi nella sollecitazione di una lettura delle risultanze processuali diversa da quella operata dal giudice di merito, o investire la ricostruzione della fattispecie concreta, o riflettere un apprezzamento dei fatti e delle prove difforme da quello dato dal giudice di merito (Cass. n. 7972/07); in particolare, non si può proporre un preteso migliore e più appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all’ambito della discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi dell’ iter formativo di tale convincimento rilevanti ai sensi della disposizione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5): in caso contrario, il motivo di ricorso si risolverebbe in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, ovvero di una nuova pronuncia sul fatto, sicuramente estranea alla natura ed alle finalità del giudizio di cassazione (Cass. n. 3881/06).

2.5. In particolare, sono prive di pregio le censure di cui al terzo (omessa valorizzazione della riunione del 23 aprile 1997 presso la Prefettura, oggetto di verbalizzazione, in cui si era registrato l’impegno della Provincia a far luogo al contratto e del Comune a rilasciare sollecitamente il certificato di abitabilità) ed al quarto motivo (eccessiva valorizzazione delle perplessità avanzate dall’amministrazione sullo stato della pratica di condono, perchè espresse dopo la scadenza del termine essenziale in questione), dato che, come noto, a questa Corte non spetta il compito di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale appartiene, in via esclusiva, il potere di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti,salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (Cass. n. 828/07; 20322/05). La censura di cui al quinto motivo (asserita erronea distinzione tra “usabilità” ed abitabilità) è inammissibile, posto che non risulta impugnata l’assorbente ratio decidendo della tardività della deduzione e della produzione della relativa certificazione (fine di pag. 8 della sentenza impugnata). Il settimo (relativo alla formazione del silenzio-assenso sulla documentazione di abitabilità) e l’ottavo motivo (relativo al mancato rilievo delle prove testimoniali raccolte in primo grado sulla tempestiva presentazione dell’istanza di rilascio di tale certificato) sono stati formulati in violazione del canone di autosufficienza del ricorso per cassazione, non essendo stato specificato il contenuto delle deduzioni relative agli stessi formulate nei precedenti gradi, così da non consentire a questa Corte di valutare direttamente la decisività dei rispettivi punti e non essendo sufficiente, al riguardo il richiamo ai pregressi atti difensivi.

3. Ne deriva il rigetto del ricorso. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 4.000=, di cui Euro 3.800= per onorario, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 23 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 19 aprile 2011

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