Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8991 del 06/05/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 8991 Anno 2015
Presidente: PETTI GIOVANNI BATTISTA
Relatore: CIRILLO FRANCESCO MARIA

SENTENZA

sul ricorso 11257-2011 proposto da:
MINISTERO DIFESA 80425650589 in persona del Ministro
pro tempore, domiciliato ex lege in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, da cui è difeso per legge;
– ricorrente contro

TINNIRELLO
ANTONINA

GIACOMO

TNNGCM44B10G273G,
TINNIRELLO

MGLNNN45B54G273X,

TNNTRS68B61G273Q,

TINNIRELLO

MIGLIORE
TERESA
GIOVANNA

TNNGNN64R55G273A, LAURENZI GIANLUCA LRNGLC73E10H501A;

1

Data pubblicazione: 06/05/2015

- intimati –

Nonché da:
LAURENZI GIANLUCA LRNGLC73E10H501A, elettivamente
domiciliato in ROMA, LARGO TRIONFALE 7, presso lo
studio dell’avvocato GIANCARLO FIORINI, che lo

SCIALLA giusta procura speciale in calce al
controricorso e ricorso incidentale;
– ricorrenti incidentali contro

MIGLIORE

ANTONINA

MGLNNN45B54G273X,

TINNIRELLO

GIACOMO TNNGCM44B10G273G, TINNIRELLO GIOVANNA
TNNGNN64R55G273A, TINNIRELLO TERESA TNNTRS68B61G273Q,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA MONTE ZEBIO
37, presso lo studio dell’avvocato MARCELLO FURITANO,
che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati
ALESSANDRO ALGOZINI, ANTONINO RUFFINO giusta procura
speciale a margine del ricorso incidentale del
27.5.2011;
– controricorrenti all’incidentale nonchè contro

MINISTERO DIFESA 80425650589;
– intimati –

Nonché da:
MIGLIORE
GIOVANNA

ANTONINA

MGLNNN45B54G273X,
TINNIRELLO

TNNGNN64R55G273A,

2

TINNIRELLO
TERESA

rappresenta e difende unitamente all’avvocato LUIGI

TNNTRS68B61G273Q,

TINNIRELLO

GIACOMO

TNNGCM44B10G273G, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA MONTE ZEBIO 37, presso lo studio dell’avvocato
MARCELLO FURITANO, che li rappresenta e difende
unitamente agli avvocati ALESSANDRO ALGOZINI,

del controricorso e ricorso incidentale;
– ricorrenti incidentali contro

LAURENZI GIANLUCA LRNGLC73E10H501A, elettivamente
domiciliato in ROMA, LARGO TRIONFALE 7, presso lo
studio dell’avvocato GIANCARLO FIORINI, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato LUIGI
SCIALLA giusta procura speciale in calce al suo
controricorso e ricorso incidentale;
– controricorrente all’incidentale nonchè contro

MINISTERO

DIFESA

80425650589,

MINISTERO

DEGLI

INTERNI;
– intimati –

avverso la sentenza n. 296/2010 della CORTE D’APPELLO
di PALERMO, depositata il 01/03/2010, R.G.N.
1212/2002;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 28/11/2014 dal Consigliere Dott.
FRANCESCO MARIA CIRILLO;

ANTONINO RUFFINO giusta procura speciale a margine

udito l’Avvocato MASSIMO GIANNUZZI;
udito l’Avvocato ALESSANDRO ALGOZINI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MAURIZIO VELARDI che ha concluso per
il rigetto del ricorso principale e incidentale

assorbito il ricorso incidentale condizionato;

4

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Giacomo Tinnirello, Antonina Migliore, Teresa e Giovanna
Tinnirello – rispettivamente genitori e sorelle del defunto
Michelangelo Tinnirello – convennero in giudizio, davanti al
Tribunale di Palermo, il Ministero della difesa, il Ministero

condannati in solido al risarcimento dei danni conseguenti
all’uccisione di Michelangelo Tinnirello da parte del Laurenzi.
Esposero, a sostegno della domanda, che tanto la vittima
quanto l’omicida erano appartenenti all’Arma dei Carabinieri e
che la morte del Tinnirello era stata causata dall’esplosione
di un colpo di arma da fuoco da parte del Laurenzi, nel corso
di un tragico ed insensato gioco avvenuto all’interno della
caserma dove gli stessi prestavano servizio.
Si costituirono in giudizio tutti i convenuti, eccependo
l’incompetenza per territorio e chiedendo, nel merito, il
rigetto della domanda.
Il Tribunale, dopo aver dichiarato la propria competenza
con sentenza non definitiva, con la successiva sentenza
definitiva dichiarò il difetto di legittimazione passiva del
Ministero dell’interno; riconobbe quindi la responsabilità del
Laurenzi nella misura del 75 per cento ed un concorso di colpa
della vittima per il restante 25 per cento; rigettò la domanda
risarcitoria nei confronti del Ministero della difesa e liquidò
i danni in favore di ciascuno degli attori, con condanna al
5

dell’interno e Gianluca Laurenzi, chiedendo che fossero

pagamento delle spese di giudizio, ponendoli a carico esclusivo
del convenuto Laurenzi.
2. La pronuncia è stata appellata dal Laurenzi in via
principale e dagli eredi del Tinnirello in via incidentale.
La Corte d’appello di Palermo, con sentenza del 1 0 marzo

l’appello del Laurenzi volto a censurare la pronuncia di primo
grado in ordine all’affermazione della sua responsabilità; ha
accolto il medesimo appello e quello incidentale, riconoscendo
la sussistenza della responsabilità anche del Ministero della
difesa in rapporto a quanto accaduto; ha confermato la
percentuale delle rispettive responsabilità del Laurenzi e
della vittima; ha incrementato la liquidazione del danno
biologico in favore della Migliore, madre del defunto; ed ha
conseguentemente regolato le spese di lite.
Ha osservato la Corte territoriale, innanzitutto, che era
risultata del tutto priva di riscontri la tesi difensiva del
Laurenzi secondo cui egli avrebbe esploso il colpo di pistola
nell’erroneo convincimento che l’arma, al pari di quella del
Tinnirello, fosse scarica.
Doveva viceversa essere riconosciuta l’esistenza di una
responsabilità solidale del Ministero della difesa. E ciò non
tanto per la riferibilità di quanto accaduto allo svolgimento
dell’attività istituzionale del dipendente – dovendosi dare per
pacifico che il comportamento del Laurenzi non era in alcun
6

2010, in parziale riforma di quella di primo grado, ha respinto

modo riconducibile ai fini istituzionali dell’amministrazione quanto piuttosto per l’omessa vigilanza che, nella tragica
circostanza, era imputabile ad altri due commilitoni, di grado
superiore al Laurenzi, i quali, presenti nel momento del fatto,
avrebbero potuto e dovuto impedire che le armi fossero usate al

motivi di gioco.
Ciò posto, la Corte d’appello ha ritenuto di confermare il
riparto delle colpe, osservando che anche il Tinnirello era
responsabile, sia pure in misura assai minore, di quanto
accaduto, essendo indubbio che la vittima, «al reiterato
rifiuto di giocare a carte opposto dal Laurenzi, si prestò al
tragico gioco ed esplose il primo colpo», però dopo che la sua
pistola era stata scaricata dal commilitone Bernardini. Era
d’altra parte evidente che la responsabilità più grande andava
attribuita al Laurenzi, il quale «prima di sparare avrebbe
quantomeno dovuto assicurarsi che l’arma fosse scarica».
In ordine alla liquidazione del danno, la Corte palermitana
ha confermato il rigetto della domanda risarcitoria, avanzata
dai familiari, fondata sull’assunto che il Tinnirello avesse
percepito lucidamente l’approssimarsi della sua fine (c.d.
danno catastrofico);

ciò in quanto dalle testimonianze raccolte

e dagli accertamenti compiuti in sede penale era emerso che lo
sfortunato giovane era morto pochi attimi dopo essere stato
attinto dal fatale colpo d’arma da fuoco, dovendosi quindi
7

di fuori delle esercitazioni regolamentari e, addirittura, per

presumere l’immediata perdita di coscienza e la conseguente
infondatezza della relativa domanda risarcitoria avanzata
haereditatis.

iure

La sentenza, invece, ha innalzato notevolmente

l’entità del danno biologico riconosciuto

iure proprio

alla

madre della vittima, poiché sulla base della c.t.u. svolta era

conseguente alla tragedia, tale da determinare il crollo
emotivo della donna, con conseguente assorbimento di ogni altro
pensiero. Né poteva essere accolta, sul punto, l’eccezione
della difesa del Laurenzi circa il fatto che il c.t.u. aveva
depositato il proprio supplemento di relazione prima
dell’udienza all’uopo fissata.
3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Palermo
propone ricorso principale il Ministero della difesa, con atto
affidato a cinque motivi.
Resistono i familiari del Tinnirello sopra indicati, con
controricorso contenente ricorso incidentale affidato a due
complessi motivi e ricorso incidentale condizionato affidato ad
un motivo.
Resiste altresì Gianluca Laurenzi,

con controricorso

contenente ricorso incidentale affidato a tre motivi.
Gli eredi Tinnirello resistono con controricorso al ricorso
incidentale del Laurenzi.
Il Laurenzi, a sua volta, resiste con controricorso al
ricorso incidentale degli eredi Tinnirello.
8

emersa l’esistenza di una grave patologia depressiva,

Gli eredi Tinnirello hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Ricorso principale (Ministero della difesa)

1. Con il primo motivo del ricorso principale si lamenta,
in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc.

e dell’art. 40, secondo comma, del codice penale.
Rileva la ricorrente che la sentenza impugnata ha fondato
il riconoscimento della responsabilità del Ministero della
difesa sul rilievo della sussistenza di un obbligo di impedire
l’evento a carico dei due commilitoni Bernardini e Di Majo.
Tuttavia la responsabilità di cui all’art. 40, cpv., cod. pen.,
presuppone l’accertamento dell’esistenza di un obbligo
giuridico di impedire l’evento, non essendo sufficiente il
richiamo al principio del

neminem laedere.

La sentenza avrebbe ›(\f\JJ /

quindi errato nel fondare la responsabilità del Ministero sul
semplice dato dell’omessa vigilanza.
1.1. Il motivo non è fondato.
1.2. Come si è in precedenza già visto, la Corte d’appello
palermitana – dopo aver correttamente richiamato i precedenti
di questa Corte in ordine al c.d. nesso di immedesimazione
organica tra il dipendente e la pubblica amministrazione,
condizione necessaria affinché ricorra la responsabilità di
quest’ultima per il fatto illecito dannoso compiuto dal
dipendente (sentenze 17 settembre 1997, n. 9260, 12 novembre
9

civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 cod. civ.

1999, n. 12553, 30 gennaio 2008, n. 2089, e 29 dicembre 2011,
n. 29727) – ha rilevato che nel caso in esame non ricorreva il
vincolo di occasionalità necessaria, in quanto il comportamento
del Laurenzi non era «riconducibile in alcun modo ai fini
istituzionali perseguiti dall’amministrazione», trattandosi, al

anzi, contrari rispetto a quelli perseguiti
dall’amministrazione.
Ciò nondimeno, la Corte territoriale ha ravvisato una
ulteriore e diversa ragione di responsabilità solidale anche a
carico del Ministero della difesa, e l’ha identificata nella
«omessa adeguata vigilanza che avrebbe dovuto essere esercitata
dai commilitoni presenti, gerarchicamente sovraordinati al
Laurenzi, i quali avrebbero ben potuto, e dovuto, vietare l’uso
delle armi, al di fuori delle esercitazioni regolamentari, e
per di più per motivi di gioco, nell’ambito della caserma».
Ora, a prescindere dai profili in fatto della vicenda, che
restano quelli accertati dal giudice di merito e che sono
perciò esclusi da ogni discussione in questa sede, il principio
di diritto enunciato, sia pure non formalmente, dalla Corte
d’appello è del tutto condivisibile.
Esso è pienamente conforme a quanto stabilito da questa
Corte con la sentenza 17 gennaio 2008, n. 864, che costituisce,
in effetti, un precedente specifico. Già in quella pronuncia,
infatti, è stato affermato che, qualora un dipendente della
10

contrario, di azione dettata da fini assolutamente estranei e,

P.A. abbia commesso un atto illecito e si accerti che ciò è
avvenuto in quanto i superiori gerarchici del dipendente stesso
hanno omesso di emanare le direttive opportune per prevenire la
commissione, da parte dei lavoratori ad essi subordinati, di
atti come quello predetto (vigilando poi sull’applicazione

diretta della P.A. per il comportamento omissivo di detti
superiori, sussistendo sia la riferibilità di tale atto alla
stessa P.A. (una volta assodato che nella fattispecie concreta
la predetta emanazione rientrava tra i compiti di chi aveva
funzioni dirigenziali nella struttura amministrativa in
questione), sia l’esistenza di un rapporto di causalità tra il
comportamento omissivo di detti superiori e l’evento dannoso.
Ed è quanto mai significativo che la citata pronuncia è stata
emessa in relazione ad una fattispecie assai simile a quella
odierna.
1.3. Il Ministero della difesa insiste, nel motivo in
esame, con l’affermazione che non sarebbe configurabile a suo
carico alcuna responsabilità, in quanto non vi era un
giuridico di impedire l’evento

obbligo

rilevante ai fini dell’art. 40

del codice penale.
La censura, però, non merita accoglimento. E pacifico,
infatti, che la semplice appartenenza alle Forze armate, pur
conferendo un diritto all’uso legittimo delle armi nel solo
limitato ambito delle funzioni di ufficio, certamente non
11

delle direttive medesime), è configurabile la responsabilità

kr,Ki5-)

consente analogo uso per finalità estranee e – come nella
specie – del tutto insensate, quale quella di un gioco
irresponsabile tra commilitoni all’interno di una caserma. Ed è
altrettanto pacifico che, ricorrendo tale situazione, gli altri
appartenenti alle Forze armate che siano presenti sul posto ed

una

mera facoltà,

e non soltanto

di adoperare tutta l’autorità di cui

eventualmente dispongano – magari dettata dalla superiorità in
grado – per far cessare immediatamente una simile follia.
Non è necessario individuare, come vorrebbe la parte
ricorrente, un qualche specifico obbligo o una precisa
elencazione di compiti per radicare la responsabilità della
pubblica amministrazione. D’altra parte, come meglio si dirà a
proposito del quarto motivo di ricorso del Ministero della
difesa, l’Arma dei Carabinieri ha dettato precise regole
Kr\
interne sull’uso delle armi, che dovevano essere ben note al
Laurenzi ma anche ai suoi superiori presenti nel momento della
tragedia.
Da ciò conseguono la correttezza della decisione impugnata
e l’evidente infondatezza del motivo in esame.
2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in
riferimento all’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ.,
omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine
al profilo del nesso di causalità.

12

assistano alla scena hanno il preciso dovere,

j

Il vizio di motivazione consiste,
ricorrente,

l)

nell’assunto del

nella convinzione che l’utilizzazione della

pistola, da parte del Laurenzi, nell’erronea certezza che fosse
scarica sia da ricondurre ad un difetto di vigilanza da parte
dei commilitoni; 2) nella mancata adeguata valutazione delle

verificò.
3.

Con il terzo motivo di ricorso si lamenta, in

riferimento all’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ.,
omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine
in ordine al profilo della colpa.
Ritiene il Ministero che la sentenza non avrebbe
considerato il fatto che i commilitoni Bernardini e Di Majo non
avrebbero potuto fare, nella circostanza, nulla di più di
quanto effettivamente fecero.
4. Il secondo ed il terzo motivo, da trattare insieme in
considerazione dell’evidente collegamento tra loro esistente,
sono entrambi privi di fondamento.
La Corte d’appello ha ricostruito le modalità della tragica
vicenda con una motivazione congrua, del tutto consequenziale e
priva di vizi logici, per cui non è raffigurabile alcun vizio
di motivazione.
I motivi in esame si risolvono, all’evidenza, in una
ulteriore discussione sulle prove esistenti e sulla valutazione
delle medesime, e tentano di ottenere da questa Corte una nuova
13

tragiche circostanze (eccezionali) nelle quali l’evento si

e non consentita decisione di merito. Quanto alla pretesa
eccezionalità del fatto, è palese che la stessa, ove pure fosse
ammessa, non muterebbe in nulla i termini giuridici della
vicenda.
5.

Con il quarto motivo di ricorso si lamenta, in

violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 cod. civ., con
riferimento al regolamento del comando generale dell’Arma dei
carabinieri del 1990 avente ad oggetto l’uso delle armi e delle
munizioni da parte degli appartenenti all’Arma.
Dalla lettura del citato regolamento emergerebbe, infatti,
che il Laurenzi ha tenuto un comportamento gravemente lesivo
del regolamento stesso, con conseguente necessità di
un’attribuzione esclusiva di responsabilità a suo carico.
6.

Con il quinto motivo di ricorso si lamenta, in

riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ.,
violazione

e

falsa

applicazione

dell’art.

28

della

Costituzione.
Sostiene il ricorrente che non vi sarebbero, nella specie,
le condizioni per ritenere operante la responsabilità di cui
all’art. 28 Cost., perché la condotta del Laurenzi e del
Tinnirello non era in alcun modo strumentalmente connessa con
l’attività d’ufficio, mancando il vincolo di occasionalità
necessaria. Nella specie, al contrario, si trattava di un

14

riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ.,

comportamento tenuto per finalità estranee e contrarie a quelle
dell’amministrazione.
7. Il quarto ed il quinto motivo del ricorso principale, da
trattare congiuntamente in considerazione della stretta
connessione che li unisce, sono entrambi privi di fondamento.

del primo motivo, il Collegio osserva che non sussiste alcuna
delle prospettate violazioni di legge.
Quanto al quarto motivo, è fuor di dubbio che il
comportamento tenuto dal Laurenzi è stato un comportamento
illecito, e ciò anche senza bisogno di fare ricorso ai
regolamenti interni dell’Arma dei Carabinieri riguardanti l’uso
delle armi. Ma il fatto che il Laurenzi abbia violato le regole
non esclude la corresponsabilità del Ministero della difesa,
per un titolo ovviamente diverso, secondo quanto si è detto a
proposito del primo motivo.
In riferimento al quinto motivo, poi, è appena il caso di
rilevare che esso torna a porre una questione del tutto
pacifica, già affrontata e risolta dalla Corte d’appello, e
cioè quella del carattere non istituzionale – anzi, contrario
ai doveri d’ufficio – del comportamento tenuto dal Laurenzi;
ma, come si è detto, ciò non esclude la responsabilità del
Ministero della difesa per altre e diverse ragioni.
Ricorso incidentale degli eredi Tinnirello.

15

7.1. Fermo restando tutto quanto si è già detto a proposito

8. Con il primo motivo del ricorso incidentale i familiari
del defunto Tinnirello lamentano, in riferimento all’art. 360,
primo comma, n. 3) e n. 5), cod. proc. civ., violazione e falsa
applicazione dell’art. 1227, primo comma, cod. civ., oltre ad
omessa o insufficiente motivazione su punti controversi e

Osservano i ricorrenti che la sentenza sarebbe errata nella
parte in cui ha riconosciuto in capo alla vittima l’esistenza
di un concorso di colpa nella misura del 25 per cento. È
risultato dall’istruttoria, invece, che il Tinnirello aveva
maneggiato la pistola che sapeva essere senza caricatore,
mentre il Laurenzi aveva arretrato il carrello della sua arma
prima che partisse per errore il colpo fatale; ma in tal modo
egli aveva compiuto un’azione preparatoria al tiro, sicché la
colpa doveva essere attribuita integralmente al Laurenzi o, in
alternativa, a carico anche del Tinnirello, ma in misura ben
inferiore a quella del 25 per cento.
8.1. Il motivo non è fondato.
La sentenza impugnata, con un accertamento in fatto
correttamente motivato e privo di vizi logici, è pervenuta alla
conclusione che la responsabilità di quanto accaduto era da
ricondurre nella maggiore percentuale (75 per cento) a colpa
del Laurenzi e nel residuo 25 per cento a colpa del defunto
Tinnirello. A tale decisione la Corte d’appello è giunta
ponendo in evidenza, come s’è detto, che la vittima, «al
16

decisivi per il giudizio.

reiterato rifiuto di giocare a carte opposto dal Laurenzi», si
prestò «al tragico gioco ed esplose il primo colpo» (sia pure
con una pistola che era stata scaricata), mentre il Laurenzi è
stato considerato maggiormente colpevole in quanto esplose il
colpo fatale senza aver prima verificato che l’arma fosse

Ora, a prescindere dalla circostanza, richiamata nel motivo
in esame, secondo cui il Laurenzi esplose il colpo dopo aver
arretrato il carrello dell’arma – manovra considerata come
preparatoria al tiro – è pacifico che a carico di quest’ultimo
dovesse essere posta la maggiore percentuale di responsabilità;
ma stabilire

quale percentuale

rimanesse a carico del

Tinnirello, in considerazione della colpa pure accertata a suo
carico, costituisce evidentemente oggetto di una decisione che
spetta al giudice di merito. Questa Corte non ha la possibilità
di intervenire e di sindacare il concreto riparto delle
rispettive percentuali di colpa senza andare oltre i limiti dei
propri compiti di giudice di legittimità, tanto più in presenza
di una motivazione in fatto che, come si è detto, è del tutto
immune da lacune e da vizi logici.
9. Con il secondo motivo del ricorso incidentale si
‘ lamenta, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3) e n.
5), cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli
artt. 1226, 2043, 2727 e 2729 cod. civ., oltre ad omessa o

17

scarica.

insufficiente motivazione su punti controversi e decisivi per
il giudizio.
La sentenza, secondo i ricorrenti, avrebbe errato nella
liquidazione del danno, in particolar modo nella parte in cui
ha negato ai familiari della vittima il risarcimento del danno

il giovane carabiniere stava già dando al proprio padre ed
avrebbe certamente continuato a dare nel prosieguo della sua
vita.
Allo stesso modo, poi, la sentenza avrebbe errato nel non
riconoscere ai familiari il diritto al risarcimento del danno
c.d. catastrofale, perché dall’espletata istruttoria era
risultato che il giovane non era morto immediatamente, e
comunque aveva fatto in tempo a percepire lucidamente
l’inevitabile sopraggiungere della sua morte.
9.1. Il motivo, che contiene due distinte censure, non è
fondato.
9.2. Una prima censura riguarda il mancato riconoscimento,
in favore dei familiari della vittima, del risarcimento del
danno patrimoniale nei termini di cui sopra. Su questo punto la
Corte d’appello, richiamando la pronuncia 28 agosto 2007, n.
18177, di questa Corte, ha osservato che era mancata la prova che i congiunti sono tenuti a fornire – «che il figlio deceduto
avrebbe verosimilmente contribuito ai bisogni della famiglia».

18

patrimoniale conseguente alla perdita dell’aiuto economico che

Osserva il Collegio che l’affermazione in diritto ora
enunciata è conforme alla giurisprudenza di questa Corte la
quale esige, con riguardo al risarcimento del danno
patrimoniale in favore dei genitori in caso di uccisione del
figlio, non una prova generica, bensì specifica, non solo della

possibilità e della volontà del defunto di contribuire, ove
fosse rimasto in vita, alle necessità della propria famiglia
(si vedano, oltre alla suindicata pronuncia, anche le sentenze
11 maggio 2012, n. 7272, e 16 gennaio 2014, n. 759).
La

verifica

sulla

sussistenza

di

tale

situazione

costituisce un accertamento di fatto devoluto al giudice di
merito e non sindacabile in questa sede in presenza di una
idonea motivazione; e la Corte d’appello ha dato atto
dell’avvenuto versamento di alcune somme, da parte di
Michelangelo Tinnirello, in favore del padre e della madre,
ritenendo tuttavia che ciò non costituisse prova sufficiente
della permanenza del futuro contributo del figlio all’ordinario
menage

della famiglia di origine; punto sul quale a questa

Corte è evidentemente preclusa ogni possibilità di diversa
conclusione senza oltrepassare i limiti del giudizio di
legittimità.
9.3. La seconda censura riguarda, invece, il c.d. danno
catastrofale.

19

situazione di bisogno dei destinatari, ma anche della

La Corte d’appello ha, su questo punto, negato il diritto
al risarcimento, sul rilievo che il giovane morì immediatamente
dopo essere stato attinto dal colpo sparato dal Laurenzi,
avendo la pallottola trapassato il suo cuore; ed ha motivato
tale conclusione richiamando gli accertamenti medico legali

del Tinnirello ricordati dal solo commilitone Bernardini
dovevano considerarsi «reazioni del tutto involontarie».
Osserva in proposito questa Corte che la decisione oggi
impugnata è conforme, in diritto, al costante insegnamento
della giurisprudenza di legittimità (v., tra le altre, le
sentenze 24 marzo 2011, n. 6754, e 21 marzo 2013, n. 7126). Da
un punto di vista della ricostruzione dei fatti, poi, è
evidente che la censura ora in esame – che torna a proporre la
valutazione della circostanza secondo cui il Tinnirello si
sarebbe alzato in piedi portandosi le mani al petto,
dimostrando in tal modo di percepire l’inesorabile
sopraggiungere della propria morte sì risolve nella
prospettazione di un dilemma insolubile in sede di legittimità,
poiché l’accoglimento della doglianza presupporrebbe
necessariamente un nuovo e non consentito accertamento di
merito.
10. Il rigetto del ricorso principale, poi, esime questa
Corte dalla necessità di esaminare il ricorso incidentale

20

compiuti in sede di processo penale e precisando che i sussulti

condizionato avanzato dai medesimi familiari della vittima,
ricorso che rimane assorbito.
Ricorso incidentale Laurenzi.

11. Con il primo motivo del ricorso incidentale Gianluca
Laurenzi lamenta, in riferimento all’art. 360, primo comma, n.

62 del codice di procedura civile.
Osserva il ricorrente che, poiché la relazione del c.t.u.
era stata aspramente criticata, la Corte d’appello ha ritenuto
di disporre una nuova convocazione del consulente per l’udienza
del 21 novembre 2007. Il consulente, però, ha depositato un
supplemento di relazione in data 14 novembre 2007, cioè prima
dell’udienza fissata per i chiarimenti, per cui la Corte
d’appello avrebbe dovuto rilevare la violazione della norma
citata, con nullità dell’elaborato peritale.
11.1. Il motivo non è fondato.
Valgono, al riguardo, le seguenti considerazioni.
Da un lato, sta il fatto che se il c.t.u., convocato per
un’udienza a chiarimenti, deposita un proprio supplemento di
relazione per una data precedente quell’udienza, ciò non
integra, di per sé, alcun motivo di nullità, se non ove vengano
.

prospettate effettive lesioni del diritto di difesa (che, nella
specie, non sono state realmente evidenziate).
A questo si deve aggiungere che il ricorso, formulato in
modo non rispettoso della previsione di cui all’art. 366, primo
21

3), cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art.

comma, n. 6), cod. proc. civ., non si è premurato né di
chiarire se il c.t.u. sia poi comparso all’udienza all’uopo
fissata per rispondere ai richiesti chiarimenti, né di dare
l
conto di aver eccepito l’ipotetica nullità nei termini di cui
all’art. 157, secondo comma, cod. proc. civ., limitandosi

precisazione delle conclusioni (circa un anno e mezzo dopo).
D’altra parte la sentenza impugnata, nell’affrontare il
problema, ha comunque rilevato che il c.t.u. aveva ribadito le
conclusioni contenute nella prima relazione, ritenute
«pienamente condivisibili», sicché il motivo in esame si
risolve nella contestazione di un requisito di mera forma, del
tutto privo di riflessi sul merito della decisione.
12. Con il secondo motivo del ricorso incidentale si
lamenta, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 5), cod.
proc. civ., omessa o insufficiente motivazione su di un punto
controverso e decisivo per il giudizio.
Si osserva, in proposito, che la sentenza impugnata non
avrebbe dato conto in modo adeguato – se non attraverso un
fuggevole richiamo alle conclusioni del c.t.u. – delle ragioni

per le quali ha ritenuto di incrementare in modo assai notevole
b

l’entità della somma liquidata in favore di Antonina Migliore a
titolo di risarcimento del danno biologico.
12.1. Il motivo non è fondato.

22

soltanto ad affermare di aver sollevato la questione in sede di

La Corte d’appello,

con una valutazione di merito

supportata dalle conclusioni del c.t.u., è pervenuta alla
conclusione che la Migliore, madre del defunto Tinnirello, ha
sofferto, in conseguenza della tragedia, di una «grave
depressione non emendabile, ed anzi soggetta probabilmente ad

intellettive, ne hanno determinato il crollo emotivo, non
concedendo altro spazio al pensiero»; ed ha ritenuto che simile
patologia (depressione maggiore) abbia inciso sull’integrità
psicofisica della donna, determinando un danno biologico nella
percentuale del 60 per cento.
Si tratta, come’è palese, di una decisione di merito
supportata da adeguata motivazione e priva di vizi logici. A
tale conclusione la difesa del Laurenzi oppone le proprie
critiche alla c.t.u, sottolineando soprattutto il lungo lasso
di tempo intercorso tra gli eventi e il sopraggiungere della
sindrome in questione; ma è evidente, anche qui, che si tratta
di una discussione che non trova più spazio in questa sede,
perché l’accoglimento della censura presupporrebbe,
inevitabilmente, un nuovo accertamento di merito precluso a
questa Corte.
13. Con il terzo motivo del ricorso incidentale si lamenta,
in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc.
civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 112 del codice
di procedura civile.
23

ulteriori complicazioni, che pur non intaccando le capacità

Rileva il ricorrente che la sentenza impugnata si sarebbe
pronunciata oltre i limiti della domanda in riferimento al
danno biologico patito dalla Migliore; in particolare, a fronte
di una richiesta di risarcimento per la somma di euro 60.000,
la Corte d’appello ha liquidato una somma di molto superiore.

Alla luce del principio, già sopra richiamato, di cui
all’art.

366, primo comma,

n.

6),

cod. proc.

civ.,

il

ricorrente non poteva limitarsi, come invece ha fatto, alla
generica affermazione secondo cui gli eredi Tinnirello
avrebbero chiesto in appello, per il titolo di cui sopra, una
somma minore rispetto a quella poi riconosciuta, ma avrebbe
dovuto riportare le conclusioni delle parti su questo punto.
Ciò in considerazione della giurisprudenza di questa Corte
secondo la quale in tema di ricorso per cassazione, ai fini del
rituale adempimento dell’onere, imposto dal citato art. 366,
primo comma, n. 6), di indicare specificamente nel ricorso
anche gli atti processuali su cui si fonda (e di trascriverli
nella loro completezza con riferimento alle parti oggetto di
doglianza), è necessario che si provveda anche alla loro
individuazione con riferimento alla sequenza di documentazione
dello svolgimento del processo nel suo complesso, come
pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne
possibile l’esame (ordinanza 23 marzo 2010, n. 6937, sentenza 9
aprile 2013, n. 8569).
24

13.1. Il motivo è inammissibile.

,}12

Non ottemperando il motivo a siffatti requisiti, il
medesimo va dichiarato inammissibile.
Conclusioni.

14.

In conclusione,

sono rigettati sia il ricorso

principale che i due ricorsi incidentali.

complessità della controversia, degli alterni esiti dei giudizi
di merito e della sostanziale reciproca soccombenza di tutti i
ricorrenti, la Corte ritiene equo disporre l’integrale
compensazione delle spese del giudizio di cassazione tra tutte
le parti.
PER QUESTI MOTIVI

La Corte, decidendo sui ricorsi riuniti,
principale e i due ricorsi incidentali,

rigetta il ricorso

assorbito il

incidentale condizionato degli eredi Tinnirello, e

ricorso
compensa

integralmente le spese del giudizio di cassazione tra tutte le
partì.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza
Sezione Civile, il 28 novembre 2014.

In considerazione della tragicità della vicenda, della

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