Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 899 del 20/01/2021

Cassazione civile sez. I, 20/01/2021, (ud. 15/07/2020, dep. 20/01/2021), n.899

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 7053/2019 proposto da:

E.S., domiciliato in ROMA, presso lo studio dell’Avvocato

ROSSELLA DE ANGELIS, rappresentato e difeso dall’Avvocato ROBERTO

DALLA BONA, giusta procura speciale allegata al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE DI MILANO n. 4059/2018, depositato

il 30.7.2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

15.7.2020 dal Consigliere Dott.ssa ANTONELLA DELL’ORFANO.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

E.S. propone ricorso, affidato ad otto motivi, per la cassazione del provvedimento indicato in epigrafe, con cui il Tribunale di Milano aveva respinto il ricorso presentato contro il provvedimento della Commissione territoriale di diniego della richiesta di protezione internazionale, sub specie di riconoscimento della protezione sussidiaria ed umanitaria;

la domanda del ricorrente era stata motivata in ragione dei rischi di rientro nel suo Paese d’origine (Nigeria), in quanto dopo la morte del padre il ricorrente ed il fratello avevano rifiutato la richiesta di succedergli da parte dei membri della setta ((OMISSIS)) di cui il genitore faceva parte, e, non avendo più notizie del fratello ed avendo denunciato senza esito alla polizia le minacce ricevute, era fuggito raggiungendo l’Italia;

il Ministero dell’Interno è rimasto intimato.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1.1. con il primo motivo si lamenta la nullità del procedimento per essere stata disposto il mutamento del rito (da camerale ad ordinario) a seguito di decreto emesso dal Presidente di Sezione e non dal Giudice istruttore ex art. 87 c.p.c.;

1.2. con il secondo motivo si lamenta parimenti la nullità del procedimento per aver il Tribunale cumulato la domanda di protezione umanitaria assieme alla domanda di protezione internazionale, quantunque la prima sia “soggetta ad ordinaria azione di cognizione”, mentre la seconda è “soggetta a rito speciale camerale”;

1.3. le doglianze vanno entrambe disattese in quanto costituisce principio consolidato che la denuncia di vizi fondati sulla violazione di norme processuali non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione (cfr. Cass. nn. 26831/014, 26638/016);

1.4. ne consegue che il ricorrente, che non abbia allegato, come nel caso in esame, le ragioni per le quali la pretesa, erronea applicazione delle disposizioni in tema di conversione del rito lo avrebbe pregiudicato, è privo di interesse a prospettare la questione;

2.1. con il terzo motivo si lamenta violazione o falsa applicazione di legge in relazione al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, alla Direttiva 2004/83/CE e al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, essendosi il Tribunale interrogato, nel ritenere privo di credibilità il ricorrente, su quanto da lui narrato a senza valutare l’esposizione alla vendetta della setta di cui faceva parte il padre e fermo in ogni caso che occorre valutare se le strutture statuali di quel paese siano effettivamente in grado di garantire i “diritti “minimi” della persona”, il mantenimento dell’ordine pubblico e la giustizia;

2.2. con il quarto motivo lamenta violazione o falsa applicazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) e alla Direttiva 2004/83/CE, avendo il Tribunale disatteso le anzidette domande senza effettuare un’indagine ufficiosa dell’attuale situazione socio-politica del suo paese di origine (in cui il governo centrale non garantisce il controllo del territorio);

2.3. con il sesto motivo, da esaminare preliminarmente rispetto al quinto, si lamenta violazione o falsa applicazione di legge in relazione all’art. 111 Cost., art. 6 CEDU, art. 101 c.p.c., D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, e D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8,27 e 35, avendo il Tribunale disatteso le anzidette domande sulla base di COI acquisite nella fase amministrativa al di fuori del contraddittorio delle parti, senza cioè “assegnare un termine ex art. 101 c.p.c., perchè il difensore presane conoscenza, potesse svolgere la propria attività difensiva”;

2.4. il terzo ed il quarto motivo di ricorso sono parimenti inammissibili in quanto le censure sono rivolte alla rinnovazione del giudizio di fatto esperito dal decidente, considerato che il Tribunale di Milano ha escluso la credibilità intrinseca del ricorrente sulla base di un motivato apprezzamento delle circostanze fattuali sottese alla vicenda narrata dal ricorrente, all’esito del quale si è indotto a negarne ogni plausibilità (per la genericità del racconto e per le gravi contraddizioni tra quanto dichiarato dal ricorrente, dal fratello ed il contenuto della denuncia sporta agli organi di Polizia), ed inoltre il ricorrente non illustra in qual modo l’omessa consultazione delle fonti di conoscenza, acquisite officiosamente dal giudice del merito, abbia inficiato il giudizio conclusivo, non avendo neppure allegato altre e diverse fonti di conoscenza che si pongano in contrasto con le COI consultate dal tribunale, così rendendo la censura aspecifica e comunque non autosufficiente;

2.5. il sesto motivo – e di riflesso l’eccezione di illegittimità costituzionale sollevata, nel settimo motivo, con riferimento al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 3, lett. a, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, commi 8 e 9 – è parimenti inammissibile, non ravvisandosi la denunciata violazione del contraddittorio nell’acquisizione d’ufficio delle COI;

2.6. come già affermato da questa Corte (cfr. Cass. n. 1600/2020 in motiv.) va osservato infatti, più in generale, che esse sono acquisibili liberamente in quanto mutuate da fonti pubbliche accessibili a chiunque, onde è nel contraddittorio che ha luogo avanti al giudice che si sviluppa il confronto tra le parti in ordine all’attendibilità delle informazioni raccolte e alla loro idoneità ad orientare la valutazione circa la situazione interna del paese interessato;

2.7. inoltre, le COI a cui abbia attinto la Commissione territoriale si riflettono nella motivazione del provvedimento da essa adottato e, dunque, essendone perciò informato, il ricorrente non può opporre la sua mancata conoscenza a pretesto della mancata interlocuzione su di esse, dovendo altresì evidenziarsi che le COI non costituiscono un fatto o non integrano una questione, in ragione dei quali si possa profilare una violazione del contraddittorio, trattandosi propriamente di un elemento istruttorio ed essendo ben noto che spetta al giudice scegliere facendo esercizio del suo prudente apprezzamento le fonti del proprio convincimento;

3.1. con il quinto motivo si lamenta violazione o falsa applicazione di legge in relazione al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, alla Direttiva 2004/83/CE, all’art. 2 Cost. e all’art. 8 CEDU, poichè la valutazione circa la concessione della protezione umanitaria prescinde dall’assenza o meno di prove o principi di prova, va condotta d’ufficio e si deve fondare su di una valutazione comparativa volta a verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio di diritti umani al di sotto del nucleo ineliminabile, mentre nella specie “sembrava di poter dedurre” che il decidente si fosse attenuto al medesimo quadro probatorio giudicato sfavorevolmente ai fini delle altre misure;

3.2. va respinta anche tale doglianza, in quanto la censura non si misura affatto con la ratio decidendi del decreto impugnato, in cui sono state enunciate nella motivazione le ragioni del diniego della protezione umanitaria osservando come non risultassero comprovati seri motivi umanitari connessi ad una situazione di particolare vulnerabilità del richiedente, nè elementi attestanti un’effettiva integrazione sociale in Italia;

4. infine, con riguardo alle generiche doglianze esposte nell’ottavo motivo, con cui il ricorrente lamenta violazione di legge per il mancato, autonomo riconoscimento del suo diritto di asilo, costituzionalmente garantito, va ricordato che, come già ripetutamente affermato da questa Corte, tale diritto è interamente attuato e regolato attraverso la previsione delle situazioni finali previste nei tre istituti costituiti dallo “status” di rifugiato, dalla protezione sussidiaria e dal diritto al rilascio di un permesso umanitario, ad opera della esaustiva normativa di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, ed al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, cosicchè non v’è più alcun margine di residuale diretta applicazione del disposto di cui all’art. 10 Cost., comma 3″ (Cass. 16362/2016; Cass. 11110/2019);

5. sulla scorta di quanto precede il ricorso va respinto;

6. nulla sulle spese in difetto di costituzione avversaria.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sezione Prima Civile, il 15 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2021

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