Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8989 del 06/05/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 8989 Anno 2015
Presidente: PETTI GIOVANNI BATTISTA
Relatore: SCARANO LUIGI ALESSANDRO

Cron. getR C

SENTENZA
Rep.

sul ricorso 27422-2012 proposto da:
Ud. 28/11/2014

DI SALVO ALBERTO DSLLRT59L17A546N, VILLANO RITA
PU

VLLRTI60T64L448V, in proprio e la seconda anche come
tutore della figlia CINZIA DI SALVO, elettivamente
domiciliati in ROMA, V. DORA 2, presso lo studio
dell’avvocato FEDERICO RUSSO, rappresentati e difesi
2014
2510

dall’avvocato BENEDETTO MANASSERI con studio in SAN
FRATELLO (ME) VIA MILANO 44, giusta procura speciale
a margine del ricorso;
– ricorrenti contro

1

Data pubblicazione: 06/05/2015

ALLIANZ SPA, (già RAS SPA conferitaria dell’Azienda
di LLOYD ADRIATICO SPA), in persona dei procuratori
dr. ANDREA CERRETTI e d.ssa ANNA GENOVESE,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PANAMA 88,
presso lo studio dell’avvocato GIORGIO SPADAFORA, che

calce al controricorso;
PRIOLISI BENIAMINO, PRIOLISI RICCARDO, n.q. di eredi
con beneficio di inventario del Prof. ANTONINO
PRIOLISI, elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE
NOMENTANA 60, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI
MANISCALCO BASILE, che li rappresenta e difende
unitamente all’avvocato PIETRO MANISCALCO BASILE
giusta procura speciale a margine del controricorso;
ASSESSORATO REGIONALE SANITÀ REGIONE SICILIANA, in
persona dell’ASSESSORE pro tempore, considerato
domiciliato ex lege in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO da cui è
rappresentato e difeso per legge;
– controricorrenti nonchè contro

AZIENDA SANITARIA LOCALE 6 PALERMO;
– intimati –

avverso la sentenza n. 1199/2011 della CORTE
D’APPELLO di PALERMO, depositata il 28/09/2011,
R.G.N. 1929/2005;

2

la rappresenta e difende giusta procura speciale in

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 28/11/2014 dal Consigliere Dott. LUIGI
ALESSANDRO SCARANO;
udito l’Avvocato GIOVANNI MANISCALCO BASILE;
udito l’Avvocato ANTONIO MANGANIELLO per delega;

Generale Dott. MAURIZIO VELARDI che ha concluso per
il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 28/9/2011 la Corte d’Appello di Palermo,
in accoglimento dei gravami interposti dal sig. Antonio
Priolisi ( in via principale ) e dall’Assessorato Regionale
alla Sanità e Gestione Stralcio ex Usi n. 6 di Palermo ( in

Trib. Palermo 18/4/2005, ha rigettato la domanda nei confronti
dei medesimi proposta dai sigg. Alberto Di Salvo e Rita
Villano, in nome proprio e per conto della figlia minore
Cinzia, di risarcimento dei danni rispettivamente sofferti per
essere quest’ultima affetta da tetraplegia da cerebropatia
post-anossica con incontinenza uro-fecale e ritardo mentale
profondo, asseritamente conseguente ad erronea e ritardata
diagnosi da parte dei medici della Divisione di neonatologia e
terapia intensiva del presidio Ospedaliero “Aiuto Materno” di
Palermo ove il giorno successivo alla nascita ( avvenuta il 3
aprile 1993 ) era stata ricoverata per essere dimessa il 9
aprile 1993, per esservi nuovamente ricoverata d’urgenza il 13
maggio successivo, il 24 maggio seguente venendo quindi
trasferita presso l’Ospedale “Dei bambini” di Palermo, ove era
sottoposta ad intervento chirurgico e successivamente
trasferita nel reparto di rianimazione.
Il 9 giugno veniva poi condotta, sempre con l’assistenza
rianimatoria, presso l’Ospedale “La Timone” di Marsiglia, in
quanto affetta da “stenosi bronchiale da compressione
vascolare (arco aortico) e da tracheomalacia”, e dopo diversi

4

via incidentale ) e in conseguente riforma della pronunzia

esami ed interventi chirurgici il 10 luglio 1993 subiva un
arresto cardiocircolatorio durato circa quaranta minuti.
Il 30 luglio veniva trasferita presso il reparto “Aiuto
Materno” di Palermo, ove rimaneva fino all’il aprile 1994,
giorno in cui veniva nuovamente ricoverata presso l’Ospedale

giugno, venendo quindi sottoposta a terapia fisica presso
l’istituto “Oasi Maria SS.”.
Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito i
sigg. Alberto Di Salvo e Rita Villano, in proprio e
quest’ultima anche nella qualità di tutore della figlia
Cinzia, propongono ora ricorso per cassazione, affidato a 3
motivi.
Resistono con separati controricorsi i sigg. Beniamino e
Riccardo Priolisi, eredi ( con beneficio d’inventario ) del
defunto Antonio Priolisi, l’Assessorato Regionale alla Sanità
della Regione Siciliana, e la società Allianz s.p.a. ( già
R.A.S. s.p.a., conferitaria dell’Azienda di Lloyd Adriatico
s.p.a. ).
L’Assessorato Regionale e la società Allianz s.p.a. hanno
presentato anche memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il l ° ed il 2 ° motivo i ricorrenti denunziano
«omessa, insufficiente o contraddittoria>> motivazione su
punti decisivi della controversia, in riferimento all’art.
360, l ° co. n. 5, c.p.c.

5

“La Timone” di Marsiglia, per essere dimessa il successivo 29

Con il 3 ° motivo denunziano violazione e falsa
applicazione degli artt. 1218, 1697 ( recte, 2697 ), 2236
c.c., in riferimento all’art. 360, l ° co. n. 3, c.p.c.
Si dolgono che la corte di merito abbia erroneamente,
illogicamente e con «petizione di principio>> assegnato

piccola Cinzia durante il ricovero nell’ospedale di
Marsiglia>>, laddove tale miglioramento non vi è mai stato e
non può certamente esso desumersi: a) dalla circostanza che il
25 giugno la piccola Cinzia ebbe un gasping respiratorio, e
cioè la mancanza di “respiro agonico” o “mancanza di
respiro”, e bradicardia, che indica battito lento o irregolare
ed è conseguenza del primo; b) dall’effettuazione il 29 giugno
di un intervento di <>,
asseritamente sintomatico di un miglioramento delle condizioni
cliniche, laddove esso fu eseguito <>; c) da una
<>, laddove <>, l’intubazione
prolungata avendo «provocato già tanti danni alla piccola

6

decisivo rilievo al «miglioramento delle condizioni della

Cinzia>> da essere «pienamente giustificato un ulteriore
tentativo di estubazione>>, rientrando nel protocollo
<>.
Lamentano che <>.
I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto
connessi, sono fondati e vanno accolti p.q.r., nei termini di
seguito indicati.
È rimasto accertato essere Cinzia Di Salvo affetta da
tetraplegia da cerebropatia post-anossica, con incontinenza
uro-fecale e ritardo mentale profondo.
I giudici di prime cure hanno ritenuto tale patologia
costituire la conseguenza di erronea e ritardata diagnosi da
parte dei medici della Divisione di Neonatologia e terapia
intensiva del presidio Ospedaliero “Aiuto Materno” di Palermo,
ove il giorno successivo alla nascita ( avvenuta il 3/4/1993 )
la neonata era stata ricoverata, venendo quindi dimessa il
9/4/1993, per esservi nuovamente ricoverata d’urgenza il 13
maggio successivo, il 24/5 venendo quindi trasferita presso
l’Ospedale “Dei bambini” di Palermo, ove era sottoposta ad
intervento chirurgico e trasferita nel reparto di
rianimazione.

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omesso di esaminare il danno alla funzione respiratoria ed al

Successivamente veniva ricoverata presso l’Ospedale “La
Timone” di Marsiglia, in quanto affetta da “stenosi bronchiale
da compressione vascolare (arco aortico) e da tracheomalacia”,
e dopo diversi esami ed interventi chirurgici il 10/7/1993 ivi
subiva un arresto cardiocircolatorio per circa 40 minuti.

“Aiuto Materno” di Palermo ove rimaneva fino all’il aprile
1994, giorno in cui tornava ad essere ricoverata presso
l’Ospedale “La Timone” di Marsiglia, venendo dimessa il
successivo 29 giugno, per essere sottoposta a terapia fisica
presso l’istituto “Oasi Maria SS.”.
Nel riformare integralmente la sentenza di primo grado,
la corte di merito ha posto a base dell’adottata decisione la
rinnovata ( in sede di gravame ) C.T.U., affermando che «le
conclusioni cui sono pervenuti i CTU, sulla base di
argomentazioni esaustive, sono persuasive e vanno condivise>>.
Tale giudice si è peraltro limitato a riportare alcuni
brani della detta consulenza, e in particolare le conclusioni
secondo cui: <>.

8

Il 30/7/1993 era nuovamente trasferita presso il reparto

Ancora, ha fatto richiamo alla parte in cui risulta
,

parte dei sanitari degli Ospedali “Aiuto Materno” e “Di
Cristina” di Palermo fu connotato, in varia misura, da
imprudenza, negligenza ed imperizia (quest’ultima con
particolare riferimento alla degenza dal 13 al 24 maggio
1993). Tali comportamenti tuttavia, per quanto in narrativa,
non hanno ruolo nel determinismo dell’ematemesi e dell’arresto
cardiaco verificatosi in Marsiglia>>, avvenuto <>, atteso che <>; che le condizioni generali della minore <>, stante <> il
<>, e per altro verso la circostanza che «la paziente
fu ritenuta idonea per essere sottoposta all’intervento
;. chirurgico … e tanto può essersi verificato solo se le
condizioni cliniche erano migliorate>>, sicché, <>, e «pur ipotizzando che la diagnosi fosse
possibile prima di quanto concretamente realizzatosi, tanto
non ha avuto un ruolo nel determinismo della emorragia e della
sofferenza cerebrale>>.

realtà erronei, nonché deponenti per una incongrua motivazione
dell’impugnata sentenza.
Questa Corte ha già avuto più volte modo di porre in
rilievo, in accordo con quanto osservato anche in dottrina,
che il debitore è di regola tenuto ad una normale perizia,
commisurata alla natura dell’attività esercitata ( secondo una
misura obiettiva che prescinde dalle concrete capacità del
soggetto, sicché deve escludersi che ove privo delle
necessarie cognizioni tecniche il debitore rimanga esentato
dall’adempiere l’obbligazione con la perizia adeguata alla
natura dell’attività esercitata ), mentre una diversa misura
di perizia è dovuta in relazione alla qualifica professionale
del debitore, in relazione ai diversi gradi di
specializzazione propri dello specifico settore di attività
(cfr. Cass., 20/10/2014, n. 22222).
Al professionista ( e

a fortiori

allo specialista ) è

richiesta una diligenza particolarmente qualificata dalla
perizia e dall’impiego di strumenti tecnici adeguati al tipo
di attività da espletare ( cfr. Cass., 31/5/2006, n. 12995 ) e
allo standard professionale della sua categoria.

10

Orbene, i suindicati riprodotti assunti si rivelano in

L’impegno dal medesimo dovuto, se si profila superiore a
quello del comune debitore, va considerato viceversa
corrispondente alla diligenza normale in relazione alla
specifica attività professionale o lavorativa esercitata,
giacché il professionista deve impiegare la perizia ed i mezzi
standard

della sua categoria, tale

professionale o lavorativa

standard valendo a determinare, in

conformità alla regola generale, il contenuto della perizia
dovuta e la corrispondente misura dello sforzo diligente
adeguato per conseguirlo, nonché del relativo grado di
responsabilità (cfr. Cass., 20/10/2014, n. 22222; Cass.,
9/10/2012, n. 17143).
Nell’adempimento delle obbligazioni ( e dei comuni
rapporti della vita di relazione ) il soggetto deve osservare
altresì gli obblighi di buona fede oggettiva o correttezza,
quale generale principio di solidarietà sociale la cui
violazione comporta l’insorgenza di responsabilità (anche
extracontrattuale ).
E’ pertanto tenuto a mantenere un comportamento leale, e
ad osservare obblighi di informazione e di avviso nonché di
salvaguardia dell’utilità altrui -nei limiti dell’apprezzabile
sacrificio-, dalla cui violazione conseguono profili di
responsabilità in ordine ai falsi affidamenti anche solo
colposamente ingenerati nei terzi ( cfr., con riferimento a
differenti fattispecie, Cass., 20/2/2006, n. 3651; Cass.,
27/10/2006, n. 23273; Cass., 15/2/2007, n. 3462; Cass.,

11

tecnici adeguati allo

13/4/2007,

n.

8826;

Cass.,

24/7/2007,

n.

16315;

Cass.,

30/10/2007, n. 22860; Cass., Sez. Un., 25/11/2008, n. 28056;
Cass., 27/4/2011, n. 9404, e, da ultimo, Cass., 27/8/2014, n.
18304 ).
La condotta di adempimento della dovuta prestazione i

della diligenza qualificata e della buona fede o correttezza,
dovendo al riguardo altresì accertarsi se le conseguenze
dannose verificatesi in conseguenza dell’evento lesivo siano,
sotto il profilo del più probabile che non ( cfr., da ultimo,
Cass., 26/7/2012, n. 13214; Cass., 27/4/2010, n. 10060 ), da
considerarsi alla detta condotta causalmente astrette. Con
l’ulteriore avvertenza che, trattandosi di condotta attiva,
non già passiva, non vi è nella specie luogo a giudizio
contraffattuale ( cfr. Cass., 6/6/2014, n. 12830 ).
Le obbligazioni professionali sono dunque caratterizzate
dalla prestazione di attività particolarmente qualificata da
parte di soggetto dotato di specifica abilità tecnica, in cui
il paziente fa affidamento nel decidere di sottoporsi
all’intervento chirurgico, al fine del raggiungimento del
risultato perseguito o sperato.
Affidamento tanto più accentuato, in vista dell’esito
positivo nel caso concreto conseguibile, quanto maggiore è la
specializzazione del professionista, e la preparazione
organizzativa e tecnica della struttura sanitaria presso la
quale l’attività medica viene dal primo espletata.

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medica deve essere allora valutata sotto i segnalati profili

Giusta principio consolidato nella giurisprudenza di
legittimità, in ogni caso di “insuccesso” incombe invero al
medico o alla struttura provare che il risultato “anomalo” o
anormale rispetto al convenuto esito dell’intervento o della
cura, e quindi dello scostamento da una legge di regolarità

imputabile, in quanto non ascrivibile alla condotta mantenuta
in conformità alla diligenza dovuta, in relazione alle
specifiche circostanze del caso concreto (v. Cass., 9/10/2012,
n. 17143), bensì ad evento imprevedibile e non superabile con
l’adeguata diligenza (cfr., Cass., 21/7/2011, n. 15993; Cass.,
7/6/2011, n. 12274. E già Cass., 24/5/2006, n. 12362; Cass.,
11/11/2005, n. 22894). In altri termini, dare la prova del
fatto impeditivo (v. Cass., 28/5/2004, n. 10297; Cass.,
21/6/2004, n. 11488), rimanendo in caso contrario soccombente,
in applicazione della regola generale ex artt. 1218 e 2697
c.c., di ripartizione dell’onere probatorio fondata sul
principio di c.d. vicinanza alla prova o di riferibilità (v.
Cass., 9/11/2006, n. 23918; Cass., 21/6/2004, n. 11488; Cass.,
Sez. Un., 23/5/2001, n. 7027; Cass., Sez. Un., 30/10/2001, n.
13533; Cass., 13/9/2000, n. 12103), o ancor più propriamente
(come sottolineato anche in dottrina), sul criterio della
maggiore possibilità per il debitore onerato di fornire la
prova, in quanto rientrante nella sua sfera di dominio, in
misura tanto più marcata quanto più l’esecuzione della
prestazione consista nell’applicazione di regole tecniche

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causale fondata sull’esperienza, dipende da fatto a sé non

sconosciute al creditore, essendo estranee alla comune
esperienza, e viceversa proprie del bagaglio del debitore come
nel caso specializzato nell’esecuzione di una professione
protetta.
Orbene, nella specie, in presenza di una ravvisata

medico operante [ < e di Palermo fu connotato, in varia misura, da
imprudenza, negligenza ed imperizia (quest’ultima con
particolare riferimento alla degenza dal 13 al 24 maggio
1993)1, e conseguentemente della struttura [ la quale risponde
direttamente di tutte le ingerenze dannose che al dipendente o
al terzo preposto, della cui opera comunque si è avvalso, sono
state rese possibili dalla posizione conferitagli rispetto al
creditore/danneggiato, e cioè dei danni che il medesimo ha
potuto arrecare in ragione di quel particolare contatto cui è
risultato esposto nei suoi confronti il creditore (la paziente
Cinzia), essendo direttamente responsabile allorquando
l’evento dannoso risulti da ascriversi alla condotta colposa o
dolosa posta in essere (quand’anche a sua insaputa: cfr.
Cass., 17/5/2001, n. 6756) della cui attività essa si è
comunque avvalsa per l’adempimento della propria obbligazione
contrattuale 1, erroneamente la corte di merito non ha dalla
medesima nel caso tratto i debiti corollari sul piano della
conseguente responsabilità dei relativi autori.

14

condotta negligente deponente per la responsabilità del

Nel fare apodittico ed acritico riferimento alle
risultanze della CTU espletata in rinnovazione in sede di
gravame, omettendo altresì di spiegare le ragioni per le quali
ha ritenuto di preferirle a quelle -opposte- raggiunte dalla
CTU espletate nel primo grado di giudizio E come riportato

C.T.U. il Tribunale ha al riguardo ritenuto essere risultato
provato l’inadempimento contrattuale del Priolisi ( e della
USL n. 60 ), in relazione al periodo dal 13 al 23 maggio 1993,
essendo in particolare emersa una condotta del medesimo
connotata da <> in quanto <>. Ha ritenuto altresì
provato <>,
determinato <> 1, la corte di merito ha altresì
escluso la sussistenza nella specie del nesso di causalità

15

nella stessa sentenza impugnata, sulla base della disposta

sostanzialmente in ragione della circostanza che <>, nonché del ravvisato miglioramento

consentirono la sottoposizione ad intervento chirurgico ( <> ).
Un tanto pur mettendo contraddittoriamente in rilievo che
trattasi di situazioni non certe ma supposte [< estubata dall’8 al 10 luglio>>; <>, e «pur ipotizzando che la diagnosi fosse
possibile prima di quanto concretamente realizzatosi, tanto
non ha avuto un ruolo nel determinismo della emorragia e della

rilievo assorbente e decisivo assegnato a diverse circostanze
ed ulteriori eventi
inaspettata ed improvvisa

( «In maniera quindi pressoché
si verifica l’evento di ematemesi

ed arresto cardio-respiratorio con necessità di re intubazione
delle ore 7.25 del 10 luglio. In relazione ad esso e
soprattutto alla sua etiologia sono possibili solo ipotesi. La
prima e più probabile è che vi sia stata la rottura di piccoli
vasi delle prime vie aeree, correlabile peraltro alla presenza
di granulomi strumentalmente accertata il l luglio del ’93,
soprattutto tenuto conto che il 7 luglio i granulomi stessi
erano stati rimossi mediante laser. La causa di tali granulomi
deve rapportarsi alla prolungata intubazione su tessuto
malacico. Per altro verso non può escludersi, anche se
gaussianamente è di certo molto meno probabile, che la piccola
abbia sofferto di un’ulcera da stress, evento acuto correlato
alla prolungata degenza in terapia intensiva e ai trattamenti
medico-chirurgici ai quali fu sottoposta>> ).
Ancora, omettendo di fornire indicazione alcuna in ordine
alla relativa considerazione in termini di concausa o di causa
sopravvenuta autonoma e determinante della situazione

17

sofferenza cerebrale>>], né dare motivatamente conto del

patologica sofferta dalla minore, e non già quale conseguenza
invero dello specifico antecedente causale costituito dalla
ravvisata condotta negligente del medico operante.
A tale stregua,

con motivazione invero meramente

apparente (tale appalesandosi la mera affermazione secondo cui

argomentazioni esaustive, sono persuasive e vanno
condivise»), la corte di merito ha invero violato il
suindicato principio di c.d. vicinanza alla prova o di
riferibilità, e ancor più propriamente il criterio della
maggiore possibilità per il debitore onerato di fornire la
prova, inammissibilmente richiedendo al danneggiato di fornire
una prova rientrante per converso nella sfera di dominio del
medico ( l’esecuzione della prestazione consistendo
nell’applicazione di regole tecniche sconosciute al
danneggiato in quanto estranee alla comune esperienza, e
viceversa proprie del bagaglio del debitore come nel caso
specializzato nell’esecuzione di una professione protetta ).
Ha violato altresì il consolidato principio in base al
quale se lo svolgimento di una prima consulenza non preclude
l’affidamento di un’ulteriore indagine a professionista
qualificato nella materia al fine di fornire al giudice un
ulteriore mezzo volto alla più approfondita conoscenza dei
fatti già provati dalle parti, è peraltro necessario che il
giudice il quale intenda uniformasi alle risultanze della
seconda c.t.u. non si limiti, come invero nella specie, ad

18

«le conclusioni cui sono pervenuti i CTU, sulla base di

un’adesione acritica alle medesime ma giustifichi la propria
preferenza, specificando le ragioni per cui ritiene di
discostarsi dalle conclusioni del primo consulente, salvo che
le stesse abbiano formato oggetto di esame critico nell’ambito
della nuova relazione peritale con considerazioni non

n. 19572; Cass., 30/10/2009, n. 23063; Cass., 15/3/2001, n.
3787 ).
Ha, ancora, fatto erronea applicazione della regola
civilistica in tema di nesso di causalità.
Ha infatti omesso di considerare che, giusta orientamento
già delineatosi (anche) nella giurisprudenza di legittimità
(v. Cass., 16/10/2007, n. 21619), poi confermato dalle Sezioni
Unite civili di questa Corte, stante la diversità del regime
probatorio applicabile in ragione dei differenti valori
sottesi ai due processi, nell’accertamento del nesso causale
in materia civile vige la regola della preponderanza
dell’evidenza o del “più probabile che non”, mentre nel
processo penale vige la regola della prova “oltre il
ragionevole dubbio” (v. Cass., Sez. Un., 11/1/2008, n. 576 ).
Le Sezioni Unte hanno al riguardo in particolare
sottolineato che ai sensi degli artt. 40 e 41 c.p., un evento
è da considerare causato da un altro se il primo non si
sarebbe verificato in assenza del secondo, nonché dal criterio
della c.d. causalità adeguata, (v. Cass., 8/7/2010, n. 16123;
Cass., Sez. Un., 11/1/2008, n. 576).

19

specificamente contestaste dalle parti ( v. Cass., 26/8/2013,

Si è al riguardo precisato che “in una diversa dimensione
di analisi sovrastrutturale del (medesimo) fatto, la causalità
civile ordinaria, attestata sul versante della probabilità
relativa (o variabile), caratterizzata, specie in ipotesi di
reato commissivo, dall’accedere ad una soglia meno elevata di

semantiche che, specie in sede di perizia medico-legale,
possono assumere molteplici forme espressive (serie ed
apprezzabili possibilità, ragionevole probabilità ecc.), senza
che questo debba, peraltro, vincolare il giudice ad una
formula peritale, senza che egli perda la sua funzione di
operare una selezione di scelte giuridicamente opportune in un
dato momento storico: senza trasformare il processo civile (e
la verifica processuale in ordine all’esistenza del nesso di
causa) in una questione di verifica (solo) scientifica
demandabile

tout court

al consulente tecnico: la causalità

civile, in definitiva, obbedisce alla logica del più probabile
che non” (così Cass., 16/10/2007, n. 21619).
Si è ulteriormente sottolineato che l’adozione del
criterio della probabilità relativa (anche detto criterio del
“più probabile che non”) si delinea invero in una analisi
specifica e puntuale di tutte le risultanze probatorie del
singolo processo. E che se emerge la sussistenza di
concorrenti cause, la relativa diversa incidenza
probabilistica deve essere attentamente valutata e valorizzata
in ragione della specificità del caso concreto, senza

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probabilità rispetto a quella penale, secondo modalità

limitarsi ad un meccanico e semplicistico ricorso alla regola
del 51% ma facendosi luogo ad una compiuta valutazione
dell’evidenza del probabile (in tali termini v., da ultimo,
Cass., 21/7/2011, n. 15991, ove così esemplificato, in tema di
danni da trasfusione di sangue infetto: se “le possibili

ciascuna con un’incidenza probabilistica pari al 3%, mentre la
trasfusione attinge al grado di probabilità pari al 40%, non
per questo la domanda risarcitoria sarà per ciò solo rigettata
– o geneticamente trasmutata in risarcimento da chance
perduta, dovendo viceversa il giudice, secondo il suo prudente
apprezzamento che trova la sua fonte nella disposizione di
legge di cui all’art. 116 c.p.c., valutare la complessiva
evidenza probatoria del caso concreto e addivenire, all’esito
di tale giudizio comparativo, alla più corretta delle
soluzioni possibili”).
Va in tal caso altresì valutato se anziché trattarsi di
concausa si configuri la diversa ipotesi della causa
sopravvenuta autonoma e determinante del fatto evento dannoso,
con interruzione della precedente serie causale, imponendosi
in tale ipotesi per il giudice la necessità di dare congrua ed
idonea motivazione al riguardo.
Né può d’altro canto trascurarsi che, come questa Corte
ha del pari avuto più volte modo di sottolineare, in caso di
concretizzazione del rischio che la regola violata tende a
prevenire, in base al principio del nesso di causalità

21

concause appaiono plurime e quantificabili in misura di dieci,

specifica non può prescindersi dalla considerazione del
comportamento dovuto e della condotta nel singolo caso in
concreto mantenuta, e il nesso di causalità che i danni
conseguenti a quest’ultima astringe rimane invero
presuntivamente provato (cfr. Cass., Sez. Un., 11/1/2008, n.

27/4/2011, n. 9404; Cass., 29/8/2011, n. 17685).
Senza sottacersi che, laddove la causa del danno rimanga
alfine ignota, le conseguenze non possono certamente ridondare
a scapito del danneggiato (nel caso, della paziente), ma
gravano sul presunto responsabile che la prova liberatoria non
sia riuscito a fornire (nel caso, il medico e/o la struttura
sanitaria), il significato di tale presunzione cogliendosi nel
principio di generale

favor per il danneggiato, nonché nella

rilevanza che assume al riguardo il principio della colpa
obiettiva, quale violazione della misura dello sforzo in
relazione alle circostanze del caso concreto adeguato ad
evitare che la prestazione dovuta arrechi danno (anche) a
terzi (cfr., in diverso ambito, Cass., 20/2/2006, n. 3651).
Alla stregua di quanto sopra rilevato ed esposto
dell’impugnata sentenza, assorbito ogni altro e diverso
profilo, s’impone pertanto la cassazione in relazione, con
rinvio ad altra corte di merito, che si indica nella Corte
d’Appello di Palermo, la quale in diversa composizione
procederà a nuovo esame, facendo dei suindicati disattesi
principi applicazione.

22

584; Cass., Sez. Un., 11/1/2008, n. 582. E, da ultimo, Cass.,

Il giudice di rinvio provvederà anche in ordine alle
spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.

La Corte accoglie p.q.r. il ricorso. Cassa in relazione
l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio

composizione.

Roma, 28/11/2014

di cassazione, alla Corte d’Appello di Palermo, in diversa

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