Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8987 del 15/05/2020

Cassazione civile sez. VI, 15/05/2020, (ud. 19/12/2019, dep. 15/05/2020), n.8987

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7211-2018 proposto da:

D.C.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato PASQUALE FRISINA;

– ricorrente –

contro

UNIPOL SPA, in persona del Procuratore pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 34, presso lo studio

dell’avvocato LUCIANO PALLADINO, rappresentata e difesa

dall’avvocato VALERIO IORIO;

– controricorrente –

contro

ANTONY GROUP SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 807/2017 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 05/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19/12/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO

ROSSETTI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Nel 2004 D.C.M. convenne dinanzi al Tribunale di Nocera Inferiore la società “Pelletteria Antony” (il ricorso non indica di che tipo di società si trattasse, ma precisa che in seguito muterà ragione sociale in Antony Group s.r.l.) e la Fondiaria-SAI s.p.a. (in seguito, UnipolSai s.p.a.), nella loro rispettiva qualità di proprietaria e assicuratrice del veicolo Fiat Ulisse targato (OMISSIS), chiedendone la condanna al risarcimento dei danni patiti in conseguenza di un sinistro stradale ascritto a responsabilità dei convenuti.

2. Con sentenza n. 1637 del 2008 il Tribunale di Nocera accolse la domanda.

La sentenza venne appellata dalla Fondiaria-SAI.

La Corte d’appello di Salerno, con sentenza 5 settembre 2017 n. 807, accolse il gravame e ridusse la liquidazione del danno compiuta dal giudice di primo grado.

Per quanto in questa sede ancora rileva, la Corte d’appello ritenne:

-) che il più grave dei postumi allegati dall’attore, cioè la azoospermia, non era stato causato dal sinistro;

-) gli altri postumi permanenti residuati al sinistro determinavano una invalidità permanente pari al 3% della totale.

3. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione da D.C.M., con ricorso fondato quattro motivi.

1-la resistito con controricorso la UnipolSAi.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 “la violazione dei principi generali di causa efficiente”, di cui all’art. 41 c.p..

Sostiene che la Corte d’appello avrebbe erroneamente condiviso “l’errato elaborato peritale” del consulente da essa nominato, e contesta la valutazione con cui la Corte d’appello ha condiviso il parere del c.t.u., il quale ha ritenuto che la azoospermia sofferta dall’attore fosse stata causata da una pregressa atrofia testicolare, a sua volta causata da un intervento di ernia, e non dal sinistro stradale.

1.1. Nella parte in cui prospetta il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, il motivo è inammissibile: infatti nella illustrazione del motivo non viene dedotto alcun omesso di fatti decisivi, ma solo un vizio di motivazione, come tale non più prospettabile in questa sede, dopo la novella dell’art. 360 c.p.c., n. 5 disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito nella L. 7 agosto 2012, n. 134.

Le Sezioni Unite di questa Corte, nel chiarire il senso della nuova norma, hanno stabilito che per effetto della riforma “è denunciatile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione” (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830).

Nella motivazione della sentenza appena ricordata, inoltre, si precisa che “l’omesso esame di elementi istruttori, in quanto tale, non integra l’omesso esame circa un fatto decisivo previsto dalla norma, quando il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti “.

Nel caso di specie, per contro, è proprio l’erronea valutazione di elementi istruttori che il ricorrente ha inteso censurare ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5: una censura, dunque, non più consentita dal codice di rito.

1.2. Il motivo è parimenti inammissibile nella parte in cui lamenta il vizio di violazione di legge.

Il ricorrente, infatti, nella sostanza lamenta che il giudice di merito avrebbe erroneamente escluso un nesso di causa tra lesioni e postumi, che invece si sarebbe dovuto ritenere sussistente.

Tuttavia questa Corte ha già ripetutamente affermato che soltanto l’errore compiuto dal giudice di merito nell’individuare la regola giuridica in base alla quale accertare la sussistenza del nesso causale tra fatto illecito ed evento è censurabile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; mentre l’eventuale errore nell’individuazione delle conseguenze che sono derivate dall’illecito, alla luce della regola giuridica applicata, costituisce una valutazione di fatto, come tale sottratta al sindacato di legittimità se adeguatamente motivata (Sez. 3, Sentenza n. 4439 del 25/02/2014, Rv. 630127 – 01; Sez. 3 -, Ordinanza n. 9985 del 10/04/2019, Rv. 653576 – 01).

Nel caso di specie, per quanto detto, il ricorrente – ad onta della intestazione del motivo – in sostanza non lamenta un errore nella regola causale applicata (ad esempio, quella della condicio sine qua non invece che quella della causalità adeguata), ma solo il giudizio di causalità compiuto dal giudice di merito, censura che per quanto detto non è consentita in questa sede.

2. Col secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 115,166 e 167 c.p.c..

Sostiene che la società assicuratrice, rimasta contumace in primo grado, non avrebbe per tale ragione contestato, ai sensi dell’art. 115 c.p.c., le allegazioni in fatto dell’attore.

Dopo una ampia dissertazione sul concetto di non contestazione e sulle preclusioni nel processo civile, il ricorrente conclude l’illustrazione del motivo (foglio 21 del ricorso, le cui pagine non sono numerate) osservando che la società assicuratrice a causa della sua contumacia in primo grado era decaduta dalla possibilità di contestare l’insussistenza del nesso di causa tra la azoospermia e il sinistro stradale.

2.1. 11 motivo è manifestamente infondato, dal momento che: (a) il principio di non contestazione non è invocabile nei confronti della parte contumace (ex multis, Sez. 3 -, Ordinanza n. 16800 del 26/06/2018, Rv. 649419 – 01; Sez. L, Sentenza n. 24885 del 21/11/2014, Rv. 633413 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 14623 del 23/06/2009, Rv. 608705 – 01); (b) nessun nuovo thema deddenduny, rispetto a quelli oggetto del primo grado, è stato introdotto dalla società appellante col proprio gravame.

3. Col terzo motivo il ricorrente lamenta il “difetto di procura e la violazione degli artt. 83 e 125 cp.c.”.

Sostiene che in grado di appello la società assicuratrice convenuta non ha prodotto una valida procura, in quanto la procura alle liti fu conferita da tale C.S., “non identificato in altro modo e con riferimento ad una procura non depositata agli atti al momento della costituzione”.

3.1. Il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 6.

Esso, infatti, si fonda su un atto processuale (la procura alle liti conferita dalla società UnipolSai al proprio difensore), ma di tale atto nè viene riprodotto il testo (in modo diretto od indiretto), nè viene indicato in quale fascicolo si trovi, e con quale indicizzazione, secondo i principi ripetutamente affermati da questa Corte (per tutti, da Cass., Sez. Un., n. 22726 del 2011).

In ogni caso non sarà superfluo ricordare che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, “la procura alle liti rilasciata da persona chiaramente identificabile, che abbia dichiarato la propria qualità di legale rappresentante dell’ente costituito in giudizio, è valida, incombendo su chi nega tale qualità l’onere di fornire la prova contraria” (Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 19710 del 18/09/2014, Rv. 633032 – 01; Sez. 2, Sentenza n. 23724 del 15/11/2007, Rv. 600554 – 01; Cass., Sez. 3, 16 febbraio 2000, n. 1708; Cass., Sez. Lav., 27 ottobre 2003, n. 16103; Cass., Sez. 2, 15 novembre 2007, n. 23724).

4. Col quarto motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 91 c.p.c., sostenendo che la Corte d’appello avrebbe errato nel compensare per un terzo le spese del doppio grado di giudizio.

4.1. Il motivo è infondato.

La Corte d’appello ha, sì, accertato l’esistenza del credito risarcitorio vantato dall’originario attore, ma lo ha anche fortemente ridotto rispetto a quanto liquidato dal Tribunale.

Ricorreva, dunque, una ipotesi di accoglimento parziale della domanda, e tanto bastava a giustificare la compensazione parziale delle spese (ex Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 21684 del 23/09/2013, Rv. 627822 01).

5. Le spese del presente giudizio di legittimità vanno a poste a carico del ricorrente, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1 e sono liquidate nel dispositivo.

Il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17).

P.Q.M.

(-) rigetta il ricorso;

(-) condanna D.C.M. alla rifusione in favore di UnipolSai s.p.a. delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 4.100, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55, ex art. 2, comma 2;

(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di D.C.M. di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione civile della Corte di cassazione, il 19 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 maggio 2020

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