Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8986 del 19/04/2011

Cassazione civile sez. III, 19/04/2011, (ud. 10/03/2011, dep. 19/04/2011), n.8986

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 13140-2006 proposto da:

L.E.R. (OMISSIS), D.P.B.

(OMISSIS), quale erede del de cuius L.C.,

elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA DEL FANTE 2, presso lo

studio dell’avvocato PALMERI GIOVANNI, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato BIGAZZI SILVANO giusta delega in calce al

ricorso;

– ricorrenti –

contro

MILANO ASSICURAZIONI S.P.A., S.S.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 175/2005 della CORTE D’APPELLO di MESSINA –

SEZIONE PROMISCUA, emessa il 3/2/2005, depositata il 22/03/2005,

R.G.N. 762/01;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/03/2011 dal Consigliere Dott. GIOVANNI GIACALONE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

p.q.r..

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

La controversia ha ad oggetto la richiesta di condanna al risarcimento dei danni da responsabilità extracontrattuale, proposta da D.P.B., quale erede di L.C., danneggiato nell’incidente stradale (scontro frontale) occorso sulla (OMISSIS), nonchè da L.E.R., trasportato, danneggiato nella circostanza, nei confronti di S.S., conducente e proprietario del veicolo investitore, nonchè della società assicuratrice della R.C.A. del medesimo.

Il Tribunale adito accoglieva parzialmente la domanda, ritenendo il concorso di colpa del L. nella misura del 30% e dello S. nella misura del 70% nella causazione del sinistro e la decisione veniva riformata in parte dalla sentenza indicata in epigrafe, depositata il 22 marzo 2005.

I congiunti di L.C. propongono ricorso per cassazione, sulla base di quattro motivi; gli intimati non hanno svolto attività difensiva.

Col primo motivo, i ricorrenti lamentano violazione e falsa applicazione di norme di diritto ed insufficiente e contraddittoria motivazione ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, per avere la Corte territoriale erroneamente attribuito ad entrambi i conducenti delle vetture coinvolte nel sinistro la “pari responsabilità” ex art. 2054 c.c., comma 2.

La censura è priva di pregio. Esiste, infatti,un motivato accertamento di merito in ordine, tra l’altro, alla responsabilità concorrente di entrambi i conducenti (lo S. per aver intrapreso la svolta a sinistra senza dare la precedenza al veicolo del L. e questi per aver proceduto a 120 Km/h, velocità eccessiva in assoluto e in relazione alle specifiche circostanze dei luoghi) ed all’insufficienza delle altre risultanze istruttorie al fine di una ripartizione attendibilmente precisa del concorso di colpa, essendosi i testi, rispettivamente “trasportati” sui due veicoli, limitati a confermare le generiche dichiarazioni rese ai Carabinieri. Ne consegue che è stato motivatamente affermato il pari concorso di colpa dei due conducenti nella causazione del sinistro.

La decisione è immune dai vizi giuridici denunziati ed è in armonia con il consolidato orientamento di questa S.C., secondo cui, in tema di scontro tra veicoli, la presunzione di uguale concorso di colpa dei conducenti di cui all’art. 2054 c.c., comma 2 costituisce criterio di distribuzione della responsabilità che opera sul presupposto – nella specie, invece, sussistente – dell’impossibilità di accertare con indagini specifiche le modalità del sinistro e le rispettive responsabilità, oppure di stabilire con certezza l’incidenza delle singole condotte colpose nella causazione dell’evento, sicchè l’utilizzabilità della presunzione postula, l’infruttuoso espletamento dell’attività istruttoria (Cass. n. 1317/06).

Peraltro, il mezzo, pur (impropriamente) rubricato e sviluppato anche sotto il profilo della violazione di legge, ripropone un’inammissibile “diversa lettura” delle risultanze probatorie, ove si tenga presente il consolidato orientamento di questa S.C. secondo cui in tema di responsabilità da sinistri derivanti dalla circolazione stradale, l’apprezzamento del giudice di merito, in ordine alla ricostruzione delle modalità di un incidente ed al comportamento delle persone alla guida dei veicoli in esso coinvolti, si concreta in un giudizio di mero fatto, che resta insindacabile in sede di legittimità quando sia adeguatamente motivato ed immune da vizi logici e da errori giuridici, e ciò anche per quanto concerne il punto se il conducente di uno dei veicoli abbia fornito la prova liberatoria di cui all’art. 2054 c.c. (Cass. n. 15434/04; 11007/03;

v. anche Cass. n. 13085/07; 4009 e 4660/06).

Col secondo motivo, i ricorrenti lamentano violazione e falsa applicazione di norme di diritto ed insufficiente e contraddittoria motivazione ed ultrapetizione ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, per avere la Corte territoriale erroneamente operato la decurtazione del 50% anche nella determinazione del risarcimento spettante a L. E.R., da ritenersi inammissibile logicamente e processualmente, non essendo stata impugnata la statuizione di primo grado determinante il danno a lui dovuto nella misura intera e non essendo stata da nessuno prospettata la relativa questione.

Il motivo è fondato. Secondo un consolidato indirizzo di questa Corte, che correttamente interpreta il dato normativo, la persona danneggiata in conseguenza di un illecito imputabile a più soggetti legati dal vincolo di solidarietà (quali sono, in ipotesi di sinistro stradale, i responsabili dello scontro nei confronti del terzo trasportato in uno dei veicoli coinvolti), può pretendere la totalità della prestazione risarcitoria anche da uno solo dei coobbligati, mentre la diversa gravità delle rispettive colpe e l’eventuale, diversa efficienza causale delle loro condotte rileva soltanto ai fini delle ripartizione interna dell’onere risarcitorio fra i corresponsabili (Cass. 31 marzo 2008 n. 8292; Cass. 5 ottobre 2004 n. 19934; Cass. 10 agosto 2004 n. 15428; Cass. 27 febbraio 2004 n. 3868). La decisione impugnata non si è attenuta a tali criteri ed ha erroneamente ritenuto che anche nella liquidazione del danno al trasportato L.E.R. si dovesse tener conto del concorso di colpa di ciascuno dei danneggianti, detraendo dalla complessiva somma liquidata quella corrispondente alla percentuale di colpa imputabile a ciascuno di essi (nella specie, 50%).

Col terzo motivo, i ricorrenti lamentano ulteriore violazione e falsa applicazione di norme di diritto ed insufficiente e contraddittoria motivazione ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, per avere la Corte territoriale contraddittoriamente e illogicamente rigettato la richiesta di rinnovazione della C.T.U. per il lungo tempo trascorso dal sinistro. Anche questa censura, oltre ad essere inammissibilmente formulata prospettando contestualmente oltre alla denuncia di vizi di motivazione anche la generica deduzione di violazioni di norme di legge, non coglie comunque nel segno. Nell’apprezzare la C.T.U. di primo grado, la Corte territoriale, l’ha ritenuta esauriente, quanto all’individuazione della natura e dell’entità delle lesioni, ma insufficiente quanto alla determinazione dell’invalidità permanente.

E’ in questo quadro che, considerando inopportuna la rinnovazione dell’incarico peritale, dato il lungo tempo trascorso dall’evento, ha riconsiderato le circostanze del caso ed i postumi (perdita di tre incisivi superiori, accorciamento arto inferiore dx. di cm. 2 con modesta zoppia, pseudoartrosi al ginocchio dx, in soggetto all’epoca di 19 anni) e ritenuto equo incrementare la percentuale d’invalidità permanente riconosciuta dal C.T.U. a L.R. dal 14 al 20%.

Tale statuizione resiste alle censure mosse, perchè la Corte territoriale ha preso in considerazione, nel valutare le risultanze della consulenza, proprio le deduzioni svolte in appello dagli odierni ricorrenti e, pur non disponendo la rinnovazione dell’elaborato peritale, ha adeguatamente e motivatamente rideterminato in aumento la percentuale d’invalidità permanente.

Cosi operando, la decisione impugnata si rivela in armonia con il consolidato orientamento di questa S.C. secondo cui rientra nel potere discrezionale del giudice disattendere le conclusioni della consulenza tecnica d’ufficio,- senza dover disporre un’ulteriore perizia – purchè egli disponga di elementi istruttori e di cognizioni proprie, integrati da presunzioni e da nozione di comune esperienza sufficienti a dar conto della decisione adottata, la quale può esser censurata in sede di legittimità solo ove la soluzione scelta non risulti sufficientemente motivata (Cass. 5 marzo 2007 n. 5032, in motivazione; 4 gennaio 2002 n. 71). Del resto, il giudice di merito non è tenuto, anche a fronte di un’esplicita richiesta di parte, a disporre una nuova consulenza d’ufficio, atteso che il rinnovo dell’indagine tecnica rientra tra i poteri istituzionali del giudice di merito, sicchè non è neppure necessaria una espressa pronunzia sul punto e l’esercizio di un tale potere, cosi come il mancato esercizio di esso, non è censurabile in sede di legittimità (Cass. n. 20227/10; 10043/06; 4660/06; 2151/04; 5142/01). In ogni caso, anche ove si dovesse ritenere la sussistenza di un obbligo di motivazione circa il rigetto della richiesta di rinnovazione (Cass. n. 12930/07 e 14775/04), nella specie tale obbligo è stato assolto con l’articolato apprezzamento sopra riportato.

In accoglimento del secondo motivo, la sentenza impugnata va cassata sul punto della determinazione del risarcimento spettante a L. R.E. e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può decidersi nel merito, condannando i convenuti in solido al pagamento, in favore del predetto della somma di Euro 73.410,36, ferme restando, le maggiorazioni (in proporzione) e le detrazioni previste nella sentenza impugnata.

Tenuto conto dell’esito della lite e della solo limitata modifica della sentenza di appello, non si ravvisano ragioni per riformare le statuizioni sulle spese contenute nelle sentenze di merito, cosi rigettandosi il quarto motivo del ricorso; mentre ricorrono giusti motivi per compensare tra le parti quelle del presente giudizio.

PQM

Accoglie il secondo motivo, respinti gli altri Cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, condanna i convenuti in solido al pagamento, in favore di L. R.E. della somma di Euro 73.410,36, ferme restando le maggiorazioni e le detrazioni previste nella sentenza impugnata.

Compensa le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 10 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 19 aprile 2011

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