Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8985 del 31/03/2021
Cassazione civile sez. VI, 31/03/2021, (ud. 19/01/2021, dep. 31/03/2021), n.8985
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ACIERNO Maria – Presidente –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –
Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 20720-2019 proposto da:
D.M., elettivamente domiciliato presso la cancelleria della
CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentato e difeso
unitamente dagli Avvocati ANGELO WALTER CIMA, PIETRO COLUCCI;
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO (OMISSIS) SRL, in persona del Curatore fallimentare pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA L. BISSOLATI n. 76,
presso lo studio dell’avvocato TOMMASO SPINELLI GIORDANO, che lo
rappresenta e difende;
– controricorrente –
contro
PROCURATORE GENERALE REPUBBLICA CORTE APPELLO BOLOGNA;
– intimato –
avverso la sentenza n. 1781/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,
depositata il 05/06/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 19/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. TERRUSI
FRANCESCO.
Fatto
RILEVATO
che:
il tribunale di Rimini, con sentenza in data 13-22019, dichiarava il fallimento della (OMISSIS) s.r.l.;
proponeva reclamo D.M., amministratore di fatto, contestando esclusivamente l’aspetto dell’ammontare complessivo dei debiti scaduti ai sensi della L. Fall., art. 15, u.c.;
la corte d’appello di Bologna ha respinto il reclamo e contro tale sentenza il D. ricorre per cassazione, deducendo un unico motivo;
la curatela del fallimento ha replicato con controricorso.
Diritto
CONSIDERATO
che:
I. – il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 15, sul rilievo che tale norma non consente di dare rilevanza ai crediti inesigibili, contestati o sub iudice; assume che la corte d’appello avrebbe infranto il precetto poichè si sarebbe basata su crediti verso l’erario non trasfusi in avvisi di accertamento, desunti da documentazione generica (facente leva su presunte indebite compensazioni non esplicitamente riferite alla società), e oggetto, comunque, di definizione secondo il D.L. n. 119 del 2018, art. 3;
II. – il ricorso è inammissibile;
la corte d’appello ha ricostruito l’ammontare dei debiti scaduti alla data della proposizione dell’istanza di fallimento in somma pari a oltre 172.270,37 EUR; ciò in base alle risultanze documentali acquisite nel corso del procedimento penale che aveva dato luogo alla richiesta di fallimento del pubblico ministero;
a tanto la corte d’appello ha aggiunto che in base ai successivi approfondimenti documentali della curatela erano emerse altre posizioni debitorie verso l’erario, verso l’Inps e anche verso banche e altri soggetti, per un ammontare complessivo dell’indebitamento superiore a 5.000.000,00 EUR;
l’assunto integra un accertamento di fatto, e tale accertamento non è censurato sul versante della motivazione, nei limiti in cui il vizio di motivazione può ancora esser fatto valere in cassazione (Cass. Sez. U n. 8053-14);
come tale esso resta insindacabile in questa sede e giustifica la conseguenza in diritto ritenuta dalla corte d’appello a proposito del superamento della soglia debitoria di cui alla L. Fall., art. 15;
III. – spese alla soccombenza.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese processuali, che liquida in 5.100,00 EUR, di cui 100,00 EUR per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella massima percentuale di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 19 gennaio 2021.
Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2021