Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8983 del 31/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 31/03/2021, (ud. 19/01/2021, dep. 31/03/2021), n.8983

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17353-2019 proposto da:

T.C., (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

DEGLI SCIPIONI 110, presso lo studio dell’avvocato MARCO MACHETTA,

rappresentati e difesi dall’avvocato CARMINE FARACE;

– ricorrenti –

contro

CURATELA DEL FALLIMENTO (OMISSIS) (169/2018 TRIB MONZA), AKAMAI SRL;

– intimati –

avverso la sentenza n. 15/2019 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 24/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. TERRUSI

FRANCESCO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

la corte d’appello di Milano ha respinto il reclamo L. Fall. ex art. 18 presentato da T.C. contro la sentenza del tribunale di Monza che ne aveva dichiarato il fallimento su istanza della creditrice Akamai s.r.l.;

il fallito ha proposto ricorso per cassazione sorretto da tre motivi;

nessuno degli intimati ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

che:

I. – col primo mezzo il ricorrente censura la sentenza per aver violato l’art. 2953 c.c. in tema di prescrizione quinquennale dei crediti erariali, il D.L. n. 119 del 2018, conv. con modificazioni in L. n. 136 del 2018, e la L. Fall., art. 1, nella parte in cui è stata considerata l’intera somma vantata dell’agenzia delle entrate ai fini del raggiungimento della soglia di fallibilità;

col secondo mezzo il ricorrente ulteriormente censura la sentenza per violazione della L. Fall., art. 1, in relazione ai presupposti necessari alla dichiarazione di fallimento, la cui mancanza egli assume di aver provato;

col terzo motivo infine denunzia l’omesso esame di fatti decisivi a proposito delle risultanze dello stato passivo, non considerate dal giudice del merito ai fini dell’attendibilità delle scritture contabili prodotte in giudizio;

II. – il ricorso, i cui motivi possono essere esaminati unitariamente per connessione in quanto tesi a contestare l’esistenza dei presupposti oggettivi di fallibilità L. Fall. ex art. 1, è inammissibile per la ragione che segue;

III. – la corte d’appello – al netto di altre affermazioni di non immediata rilevanza – ha osservato che il debitore non aveva presentato dal 2011 in poi le dichiarazioni annuali dei redditi e aveva prodotto in giudizio solo un sunto dello stato patrimoniale e del conto economico, privo di documentazione di supporto; dopodichè aveva prodotto una dichiarazione redatta da un commercialista, attestante il non superamento dei parametri di fallibilità ma senza oggettivi riscontri di tipo contabile;

in tale prospettiva ha richiamato il principio che vede il debitore onerato di dimostrare, onde escludere la propria fallibilità, il mancato superamento dei limiti dimensionali di cui alla L. Fall., art. 1, in ciascuno dei tre esercizi anteriori al deposito dell’istanza di fallimento;

IV. – a fronte di tale ratio il primo mezzo è per un verso generico, visto che non è dato di comprendere, in base al ricorso, a quale ammontare o a quale vanto creditorio esso concretamente si riferisca, e per altro verso è anche infondato nella prospettiva giuridica; difatti è errato affermare che ogni credito erariale si estingue per prescrizione quinquennale, dal momento che invece è pacifico che la prescrizione ordinaria del credito fiscale è di dieci anni (da ultimo Cass. n. 12740-20), salvi i casi specifici dei pagamenti cd. periodici determinati ad anno (come accade per alcuni tributi, peraltro prevalentemente locali), in ordine ai quali rileva il termine inferiore quinquennale (art. 2948 c.c., n. 4);

da questo punto di vista non ha alcuna pertinenza l’insistito riferimento del ricorrente al principio di diritto affermato (in tutt’altra fattispecie) da Cass. Sez. U n. 23397-16; ed eguale manchevolezza caratterizza il primo motivo in rapporto all’evocato regime del D.L. n. 119 del 2018 (cd. rottamazione dei ruoli), che attiene alla semplice possibilità di definizione agevolata dei carichi tributari in alternativa al cd. stralcio dei debiti fino a 1.000,00 EUR affidati agli agenti per la riscossione tra il 2000 e il 2010; cosa che, tuttavia, non rileva onde escludere l’ammontare dell’indebitamento complessivamente esistente ai fini di cui alla L. Fall., art. 1; del resto la paventata possibile rilevanza della rottamazione è dedotta – comunque – in modo astratto, senza possibilità di coglierne neppure il livello minimale di incidenza sulla fattispecie in termini economico-finanziari;

V. – il secondo e il terzo motivo sono inammissibili poichè privi di autosufficienza, non essendo indicato quale fosse il dato contabile determinativo della prova del non avvenuto superamento della soglia di fallibilità; essi sono tesi a sindacare, complessivamente, il merito della difforme valutazione probatoria; invero la corte d’appello non ha fatto altro che applicare, rettamente, il criterio di riparto dell’onere probatorio quanto alla sussistenza dei requisiti di non fallibilità (v. Cass. n. 33091-18, Cass. n. 13746-17).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 19 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2021

 

 

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