Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8982 del 31/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 31/03/2021, (ud. 19/01/2021, dep. 31/03/2021), n.8982

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16311-2019 proposto da:

(OMISSIS) SRL, in persona dell’amministratore e legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata presso la cancelleria della

CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentata e difesa

dall’avvocato ANTONIO ALESSI;

– ricorrente –

contro

P.P., M.L., MA.MA.AN.,

PI.LA., C.M., CH.FR.,

F.F., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CARLO ALBERTO RACCHIA

2, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNA CANTONI, rappresentati e

difesi dall’avvocato MASSIMO DAL PIAZ;

– controricorrenti –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) SRL, in persona del Curatore pro tempore,

elettivamente domiciliato presso la cancelleria della CORTE DI

CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentato e difeso unitamente

dagli Avvocati ALESSANDRO PIANIGIANI, TERESA SARTORI FONTANA

ANTONELLI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 865/2019 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 10/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. TERRUSI

FRANCESCO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

la corte d’appello di Firenze ha confermato la sentenza con la quale il tribunale di Grosseto aveva dichiarato il fallimento di (OMISSIS) s.r.l. contestualmente alla declaratoria di inammissibilità di una domanda di concordato in bianco;

per quanto qui interessa, la corte d’appello ha motivato la decisione premettendo che lo stato di insolvenza della società risaliva al 2015 e che la domanda di concordato era stata proposta dopo l’infruttuosa adozione di altre similari iniziative tese a evitare il fallimento: segnatamente un’istanza di ammissione alla procedura L. Fall. ex art. 182-bis, rimasta senza esito, e una proposta di concordato preventivo presentata in sequenza e dichiarata inammissibile per mancata approvazione dei creditori;

in tale contesto la corte del merito ha ritenuto che la debitrice, con la presentazione dell’ennesima domanda (in bianco), aveva abusato del concordato e che l’integrale perdita del capitale, a fronte di debiti risultanti dallo stato passivo in oltre 11.000.000,00 EUR, aveva reso palese lo stato di insolvenza;

per la cassazione della sentenza, depositata il 10-4-2019, la società (OMISSIS) ha proposto ricorso sulla base di tre censure;

la curatela e i creditori istanti hanno replicato con separati controricorsi.

Diritto

CONSIDERATO

che:

I. – deve essere disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dai controricorrenti per l’omessa esposizione dei fatti di causa (art. 366 c.p.c., n. 3): per quanto molto sintetica, l’esposizione di cui al ricorso è sufficiente a decifrare l’andamento della fase di merito in rapporto alle questioni decise dalla corte d’appello;

II. – invocando l’art. 360 c.p.c., n. 3, la ricorrente formula, come detto, tre censure;

(i) la prima, facendo riferimento agli orientamenti formatisi sul tema dei rapporti tra concordato e fallimento, si sostanzia nell’assunto che durante la pendenza di una procedura di concordato non può ammettersi la definizione del procedimento prefallimentare senza che sia previamente esaurito l’iter del procedimento concordatario; da tanto la ricorrente deduce che la dichiarazione di fallimento potrebbe sopravvenire solo durante le fasi di impugnazione dei provvedimenti che concludono la procedura di concordato, cosa che sarebbe impossibile dinanzi a una domanda di concordato in bianco la cui ammissione postula un decreto non reclamabile;

(ii) la seconda investe la questione dell’abuso di concordato, sul rilievo che la domanda era funzionale alla ristrutturazione aziendale, e dunque non avrebbe potuto esser ritenuta come finalizzata semplicemente a procrastinare la dichiarazione di fallimento;

(iii) la terza infine riguarda il profilo procedimentale L. Fall. ex art. 161, comma 6, in ordine alla decisione della corte d’appello di ritenere non necessaria, in casi simili, la concessione del termine per la (nuova) convocazione del debitore;

III. – le prime due censure possono essere unitariamente esaminate;

esse sono in parte inammissibili e in parte manifestamente infondate;

IV. – la domanda di concordato preventivo, sia esso ordinario o con riserva, ai sensi della L. Fall., art. 161, comma 6, presentata dal debitore non per regolare la crisi dell’impresa attraverso un accordo con i suoi creditori, ma con il palese scopo di differire la dichiarazione di fallimento, è inammissibile perchè integra gli estremi di un abuso del processo, che ricorre quando, con violazione dei canoni generali di correttezza e buona fede e dei principi di lealtà processuale e del giusto processo, si utilizzano strumenti processuali per perseguire finalità eccedenti o deviate rispetto a quelle per le quali l’ordinamento li ha predisposti;

in pendenza di un procedimento di concordato preventivo, il fallimento dell’imprenditore, su istanza di un creditore o su richiesta del P.M., può essere dichiarato quando ricorrono gli eventi previsti dalla L. Fall., artt. 162,173,179 e 180;

ciò comporta che, ove si tratti di concordato con riserva, il fallimento può ben essere dichiarato quando la domanda di concordato sia stata dichiarata inammissibile;

tale principio è del tutto consolidato (v. Cass. Sez. U n. 9935-15 e Cass. Sez. U n. 9936-15); esso implica che, in situazioni del genere, una sola sia la condizione per dichiarare il fallimento e cioè che, contestualmente o previamente, il giudice del merito si sia pronunciato anche sulla questione del concordato, accertando uno qualsiasi degli eventi impeditivi di cui alle citate norme;

V. – depone nel senso indicato giustappunto il rilievo per cui non sussiste alcun nesso di pregiudizialità tecnico-giuridica tra le procedure;

dire che il nesso non sussiste neppure durante le eventuali fasi di impugnazione dell’esito negativo del concordato preventivo (Cass. Sez. U n. 9935-15) sta a significare semplicemente questo: che il fallimento può intervenire ove il concordato “in bianco” sia dichiarato inammissibile a prescindere dal fatto che la decisione di non ammissione sia stata a sua volta gravata (benchè inammissibilmente: v. Cass. Sez. U n. 27073-16);

VI. – nel caso concreto la corte d’appello si è attenuta ai citati principi e ha dichiarato il fallimento osservando che la presentazione (“in bianco”) dell’ennesima domanda di concordato non aveva avuto altro fine che quello di ritardarne la pronuncia;

il relativo apprezzamento implica una verifica dell’intento del debitore di piegare l’istituto concordatario al perseguimento di finalità eccedenti o deviate rispetto a quelle per le quali l’ordinamento lo ha predisposto, e quindi si traduce in un’indagine di fatto, istituzionalmente riservata al giudice di merito e censurabile in sede di legittimità solo per vizio di motivazione (v. Cass. n. 383617), nei limiti (ovviamente) in cui tale vizio è ancora deducibile come motivo di ricorso (Cass. Sez. U n. 805314);

dirimente è che, nella concreta fattispecie, una censura del genere (di omesso esame di fatti) non risulta prospettata; sicchè il ricorso, per questa parte, attingendo semplicemente l’esito della valutazione, è del tutto inammissibile poichè si risolve in un chiaro tentativo di sovvertimento del giudizio di fatto;

VII. – manifestamente infondata è invece la terza doglianza, relativa alla mancata concessione dei termini di cui alla L. Fall., art. 161, comma 6, e art. 162;

questa Corte ha già chiarito che, ove sia stata presentata una domanda di concordato “in bianco”, la previa audizione del debitore è necessaria salvo che, inserendosi la proposta nell’ambito della procedura prefallimentare, il debitore sia stato comunque già sentito e abbia avuto modo, così, di svolgere le sue difese rispetto all’istanza di fallimento (Cass. n. 12957-16);

dalla sentenza per l’appunto si evince che era stato già radicato il contraddittorio sull’istanza di fallimento, cosicchè la nuova convocazione del debitore, dopo la valutazione di inammissibilità del concordato, non era necessaria;

VIII. – spese alla soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese processuali, che liquida per ciascuna parte controricorrente in 5.100,00 EUR, di cui 100,00 EUR per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella massima percetuale di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 19 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2021

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