Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8982 del 06/04/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 06/04/2017, (ud. 02/02/2017, dep.06/04/2017),  n. 8982

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3469/2016 proposto da:

B.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COLA DI RIENZO

212, presso lo studio dell’avvocato TIZIANO MARIANI, rappresentato e

difeso dall’avvocato MORGANA DE CASTRO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1426/2/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di BOLOGNA, depositata il 01/07/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 02/02/2017 dal Consigliere Relatore Dott. ENRICO

MANZON;

disposta la motivazione semplificata su concorde indicazione del

Presidente e del Relatore.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

Con sentenza in data 10 giugno 2015 la Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna respingeva l’appello proposto da B.L. avverso la sentenza n. 141/2/12 della Commissione tributaria provinciale di Modena che ne aveva respinto il ricorso contro l’avviso di accertamento IRPEF, IVA ed altro 2005. La CTR osservava in particolare, quanto al rito, che si era formato il “giudicato interno” sull’eccezione di alternatività IVA/imposta di registro e su quella di decadenza del potere di accertamento, per mancata riproposizione di tali eccezioni quali motivi di gravame; quanto al merito, che l’atto impositivo impugnato era formalmente valido e sostanzialmente fondato.

Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione il contribuente deducendo tre motivi.

Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.

Ti ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

Con il primo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – il ricorrente lamenta violazione/falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, poichè la CTR ha affermato la correttezza del metodo accertativo dell’Ente impositore, mentre trattandosi di un soggetto non imprenditore avrebbe dovuto diversamente applicare il metodo accertativo di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38.

Con il secondo mezzo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – il ricorrente si duole di violazione/falsa applicazione dell’art. 2729 c.c., art. 116 c.p.c., D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, poichè la CTR ha erroneamente applicato le presunzioni “supersemplici” consentite da quest’ultima disposizione legislativa, dovendosi piuttosto nel suo caso, di “non imprenditore”, applicarsi il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38 e quindi le presunzioni semplici “ordinarie”, quali previste dalle evocate disposizioni codicistiche sostanziali e processuali.

Le censure, da esaminarsi congiuntamente per stretta connessione, sono fondate.

Va premesso che è pacifico nella giurisprudenza di questa Corte -anche sulla base della normativa e della giurisprudenza eurounitaria in materia di IVA – che la nozione civilistica e quella tributaristica di “imprenditore commerciale” divergano per un aspetto essenziale ossia quello della necessità dell'”organizzazione”, essendo tale requisito indispensabile per il diritto civile, non indispensabile per quello tributario, ai fini del quale è sufficiente la “professionalità abituale” dell’attività economica, anche senza l'”esclusività” della stessa (v. sul piano normativo gli artt. 55, già art. 51 T.U.I.R., D.P.R. n. 633 del 1972, art. 4; nella giurisprudenza di questa Corte, Sez. 5, Sentenza n. 19237 del 07/11/2012, Rv. 624218; Sez. 5 Sentenza n. 25777 del 05/12/2014, Rv. 634026-01).

Nel caso di specie – tre cessioni immobiliari effettuate nel 2005 dal contribuente quale persona fisica – quindi il primo, pregiudiziale, tema giuridico della controversia è se ciò possa considerarsi una attività economica produttiva di un reddito di impresa e qualificabile come esercizio di impresa rispettivamente ai fini delle imposte dirette e dell’IVA, essendo peraltro evidente che ciò costituisce presupposto necessario ai fini della applicabilità delle correlative procedure di accertamento, quali quelle attuate nel caso di specie D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 2, lett. a) e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 55.

Pacifico che nell’annualità fiscale in questione non vi fossero elementi formali/estrinseci diretti per ritenere altrimenti il B. “imprenditore commerciale” nel settore della costruzione/ristrutturazione/vendita di immobili, ai giudici del merito ed in particolare per quanto qui rileva a quello di appello era quindi demandato di accertare se l’attività oggetto delle riprese fiscali de quibus fosse qualificabile in termini di “professionale abituale”.

Sul punto la CTR emiliana si è così espressa: “.. le notizie raccolte e non confutate sono: il fatto che il contribuente nell’anno 2005 non ha dichiarato redditi al di fuori della natura immobiliare, che nell’anno accertato ha eseguito tre cessioni immobiliari per le quali agli immobili sono state cambiate le modalità di destinazione d’uso che sempre nel periodo di riferimento sono state date due inizio attività per lavori di ristrutturazione edilizia, che erano attive utenze elettriche anche se come sostenuto dal contribuente a basso consumo, fatti che legittimano l’avviso emesso dall’agenzia, a tutto ciò il contribuente non oppone giustificazioni accettabili come per esempio una diversa provenienza di un reddito che potesse giustificare tali operazioni, ne tantomeno documenta altre eventualità”.

In questa sorta di phrase inique non emerge alcuna diretta valutazione della ricorrenza del requisito della “professionalità abituale” ai fini dell’applicazione delle norme impositrici e procedimentali previste dalle leggi sulle imposte reddituali e sull’IVA.

Deve pertanto ritenersi sussistente il denunciato vizio di “falsa applicazione” delle norme medesime, avendo la sentenza impugnata sussunto la fattispecie concreta devoluta al suo giudizio di merito nelle fattispecie normative astratte evocate in giudizio senza tener conto di detto, indispensabile, presupposto.

Per questa ragione la sentenza stessa merita di essere cassata, con rinvio alla CTR emiliana affinchè rivaluti il giudizio di diritto nei termini di cui sopra.

Con il terzo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – il ricorrente si duole di omesso esame di un fatto decisivo ai fini della controversia, avendo la CTR ritenuto corretta la procedura accertatoria utilizzata dall’Agenzia fiscale e non avendo la CTR stessa preso in considerazione le eccezioni che ha ritenuto precluse per mancata riproposizione.

Quanto al primo profilo la censura è assorbita dall’accoglimento dei primi due motivi.

Va peraltro rilevata l’inammissibilità del secondo profilo di censura, poichè è dedotto come vizio motivazionale di omesso esame, mentre di ciò evidentemente non si tratta, quanto piuttosto di omessa pronuncia su eccezioni di parte, che è tuttavia diversamente censurabile ai sensi dell’ ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione dell’art. 112 c.p.c..

Il ricorso deve dunque essere accolto in relazione al primo ed al secondo motivo, essendo per un profilo assorbito e per altro profilo inammissibile il terzo, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio al giudice a quo per nuovo esame.

PQM

La Corte accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso, dichiara assorbito ed inammissibile il terzo motivo nei sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 2 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 6 aprile 2017

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