Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8980 del 31/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 31/03/2021, (ud. 19/01/2021, dep. 31/03/2021), n.8980

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8308-2019 proposto da:

(OMISSIS) SRL in liquidazione, in persona del liquidatore legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

TACITO 7, presso lo studio dell’avvocato RODOLFO CORONATI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIULIO DEMARIA;

– ricorrente-

contro

IMMOBILIARE GALILEO SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, GIAN GIACOMO PORRO 8,

presso lo studio dell’avvocato ANSELMO CARLEVARO, che la rappresenta

e difende unitamente agli avvocati PIERGIORGIO PACCHIODO, GUIDO

CANALE, ANDREA BERNARDINI;

– controricorrente –

contro

S.P., PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA

CORTE D’APPELLO DI TORINO;

– intimati –

avverso la sentenza n. 269/2019 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 12/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. TERRUSI

FRANCESCO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

con sentenza in data 25-2-2016 la corte d’appello di Torino revocava la declaratoria di fallimento pronunciata dal tribunale della stessa città nei confronti della (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione, ritenendo che la L. Fall., art. 1, nel riferimento alla nozione di esercizio rilevante onde stabilire i limiti di fallibilità, consentisse all’assemblea societaria di liberamente determinarne la durata, in mancanza di un’espressa previsione supponente la misura dell’anno solare;

questa Corte, con sentenza n. 12963 del 2018, accogliendo il ricorso della creditrice istante Immobiliare Galileo s.r.l., cassava la sentenza con rinvio, affermando di contro il principio per cui “il disposto della L. Fall., art. 1, comma 2, lett. a) e b), predetermina soglie calibrate su una prospettiva temporale annua di valutazione che non possono essere vanificate da un scelta di abbreviazione dell’esercizio compiuta dall’imprenditore; i tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento da apprezzare ai fini della verifica dei presupposti di fallibilità devono pertanto intendersi come esercizi aventi ciascuno durata annuale, a meno che non sia trascorso un lasso di tempo inferiore dall’inizio dell’attività dell’impresa”;

la creditrice riassumeva e la corte d’appello di Torino, uniformandosi al principio di diritto, rigettava il reclamo proposto dalla (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione;

all’uopo osservava (i) che la riassunzione era da considerare tempestiva alla luce della data di deposito del relativo ricorso, (ii) che il requisito attinente all’ammontare dell’attivo era risultato esistente alla data del 30-6-2012 e (iii) che nessuna contestazione era stata mossa dalla società fallita in ordine allo stato di insolvenza;

ha proposto ricorso per cassazione la società (OMISSIS) in liquidazione, deducendo due motivi;

Immobiliare Galileo ha replicato con controricorso;

la curatela non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

che:

I. – col primo mezzo la ricorrente denunzia la violazione o falsa applicazione degli artt. 392 e 393 c.p.c. insistendo nel dire che il giudizio avrebbe dovuto esser dichiarato estinto per mancata tempestiva riassunzione;

il motivo è manifestamente infondato;

II. – come pacificamente emerge dagli atti, che il collegio può esaminare essendosi dinanzi a questione di diritto processuale, il termine di riassunzione risulta rispettato poichè il ricorso in riassunzione è stato depositato il 25-7-2018, a fronte del termine trimestrale scadente (ai sensi dell’art. 392 c.p.c.) il 24-82018;

contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, il giudizio di reclamo L. Fall. ex art. 18, deve essere riassunto, dinanzi al giudice del rinvio, con ricorso, non con citazione, trattandosi di procedimento da svolgere con rito camerale;

in particolare erra la ricorrente nell’affermare che il giudizio di rinvio sia sottoposto, anche in questa materia, al rito ordinario in base al testo dell’art. 392 c.p.c., comma 2;

difatti questa Corte ha da tempo affermato che il giudizio di rinvio, conseguente alla cassazione di un decreto del tribunale fallimentare, deve svolgersi con il rito camerale e deve, quindi, essere istaurato con ricorso al tribunale fallimentare (v. Cass. n. 2973-75, Cass. n. 1603-82); che ciò sia stato affermato con specifico riferimento al combinato disposto dell’art. 394 c.p.c. e della L. Fall., art. 26 (vale a dire con riferimento a specifici giudizi di reclamo endofallimentari) nulla toglie al fatto che si tratta di un principio di portata ampia, estensibile anche ai giudizi di reclamo di cui al nuovo testo della L. Fall., art. 18; e ciò per l’elementare ragione che anche in tal caso la legge fallimentare identifica il procedimento come soggetto a un rito speciale di tipo camerale da introdurre esplicitamente con ricorso;

e difatti la L. Fall., art. 18, come modificato dal D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169, non ha solo ridenominato come “reclamo” il precedente istituto dell'”appello”, ma ha adeguato la disciplina alla natura camerale dell’intero procedimento; cosicchè non è dubitabile che il giudizio di rinvio, rappresentando la fase ulteriore di quello originario (notoriamente da considerare come unico e unitario: v. per tutte Cass. n. 29125-19), resta soggetto alle regole processuali caratterizzanti il (e vigenti al momento del) procedimento medesimo;

III. – col secondo mezzo la ricorrente denunzia la violazione o falsa applicazione della L. Fall., art. 1, reputando “solo in parte condivisibile” il principio di diritto enunciato dalla sentenza di cassazione che ha dato origine al rinvio, e riproponendo la tesi per cui non è affatto necessario che gli ultimi tre esercizi, da valutare ai fini delle soglie di fallibilità, abbiano tutti la durata annuale;

IV. – il motivo è inammissibile poichè postula una critica al principio di diritto, il quale invece governa la fase rescissoria essendo tassativamente vincolante per il giudice del rinvio, per le parti in causa e per la stessa Corte di cassazione che debba decidere sul ricorso avverso la pronuncia adottata in sede di rinvio (v. Cass. n. 448-20, Cass. n. 27337-19, Cass. n. 17790-14 e moltissime altre);

V. – le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese processuali, che liquida in 5.100,00 EUR, di cui 100,00 EUR per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella massima percentuale di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 19 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2021

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